Ahmet Altan è uno dei romanzieri turchi contemporanei più prolifici. È inoltre il direttore di un quotidiano (il Taraf), che rappresenta molto probabilmete la novità giornalistica più rilevante, nella Turchia degli ultimi anni; attento soprattutto ad attaccare i nervi scoperti e le contraddizioni dell’impalcatura ideologica kemalista e militarista che, col beneplacito americano, regge da sempre la Turchia. Questo è il suo unico romanzo pubblicato in Italia ed è lecito augurarsi che altri seguiranno. Ci troviamo difronte infatti a una penna ben allenata, sapiente e abile nel gestire la misura della frase, poi del paragrafo, del capitolo e del romanzo tutto. Altan è un narratore demiurgo che sa muovere i suoi personaggi-burattini, le sue scatole di contenuto. Altro discorso è capire se ci troviamo difronte a un sentire che per profondità sia degno di questa maestria autoriale. Un romanzo non basta per dare la risposta… Piuttosto che cercare di dirvi che sapore ha la salsa narrativa proposta da Altan o snocciolare l’ordine delle portate (la trama), preferisco darvi conto degli ingredienti usati, lasciandovi immaginare e, per così dire, pregustare.
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