Magazine Cultura
In un momento in cui il mondo sembra scisso tra la ricerca della perfezione assoluta e il caos totale, "L'amore è imperfetto" di Francesca Muci mi sembrava un buon modo per trovare il giusto equilibrio.
L'ho preso in mano e mi sono detta: sarà il primo di cui parlerò. Il caso ha voluto che avesse per protagonista una cheer-reader di professione: una lettrice che, assieme ad un gruppo più strampalato che eterogeneo di persone, viene pagata da una casa editrice per esprimere pareri su manoscritti ancora sonosciuti.
Un dettaglio irrilevante la composizione del gruppo di lettori, ma visto che per un momento ho desiderato appropriarmi dell'identità della protagonista, ho immaginato di far parte di questo ristretto gruppo di persone pagate per avere un peso sul mondo dell'editoria, e quindi sul mio.
E qui il primo degli interrogativi: Come l'avranno scelto il campione di lettori? Si invia un curriculum? Che cosa ci si mette sopra? La lista dei libri letti nella prorpia vita? Una scheda di lettura per valutare come valuti? E le referenze? Mia mamma può testimoniare che alle elementari un'estate ho letto ben tredici romanzi e che tornata a scuola ne ho dichiarati solo tre per paura di aver letto troppo!
Il secondo: Come mai ho finito di leggere il libro solo da poche settimane e ho già scordato il nome della protagonista? Scritto in prima persona, ricordo il nome degli altri, di quelli che fanno parte della sua quotidianità. A loro so dare un nome, a lei no. Perché?
Forse il nome di un'identità in via di costruzione non è facile da custodire, perché ancora non è fissato. Di lei si ricorda più il ruolo che non il nome; la funzione in relazione agli altri che non la persona. Presa in un triangolo amoroso dove ad un vertice sta un'accattivante adolescente di cui si presuppone l'esistenza di un profondo mondo interiore per la presenza di un buon libro sul pavimento di una stanza - come a voler salvare una generazione mal giudicata - e dall'altro un uomo maturo, comprensivo, intraprendente, indipendente, adulto, come non ne ho mai conosciuti perché adulto, comprensivo, indipendente, intraprendente e maturo, e ciò che li accomuna è lo sguardo della lettrice: i due, visti con gli occhi di lei, nella loro fredda imperfezione, sembrano perfettamente a proprio agio.
Se dunque l'amore è il modo di vivere il rapporto con gli altri, se il modo in cui viviamo gli altri c'entra molto col modo in cui vediamo noi stessi, se l'imperfezione non porta necessariamente con sè un'accezione negativa, allora accettare la confusione può essere un modo estremamente personale di fare ordine.
Lo riporrò con cura tra i disordinati scaffali della biblioteca.