Dopo il matrimonio reale e i gossip rieccoci all’appuntamento con la storia per la seconda parte del post dedicato ad Isabella di Borbone-Parma (la prima parte è qui) e scoprire che è davvero questa principessa italiana di nome, spagnola per nascita, francese per educazione ed ascendenze e austriaca per matrimonio.
A suo padre, l’infante Felipe di Borbone, figlio di re Filippo V e di Elisabetta Farnese, il ducato di Parma arriva grazie agli accordi che seguono la guerra di successione austriaca, e il trasferimento dalla capitale spagnola (dove Isabella era nata il 31 dicembre 1741) alla città italiana, si rivela presto una grossa delusione. Fra l’altro per andare da Madrid a Parma, Isabella e sua madre passano da Parigi, o meglio da Versailles, dove per riprendersi dalle fatiche del viaggio si fermano per nove mesi felici e spensierati. Una deviazione un po’ insolita, che allunga non poco il percorso e fa capire quanto in effetti la neo duchessa di Parma avesse voglia di rivedere il marito e di prendere possesso del suo dominio. A dire il vero Luisa Elisabetta di Francia, la giovanissima mamma di Isabella, si è sempre considerata un po’ sprecata. “Madame Première” l’energica e decisa primogenita di Luigi XV, educata nel fasto della reggia più bella e più elegante d’Europa, moglie a soli 12 anni di un cadetto del re di Spagna, detesta essere confinata nel rigore della lugubre corte spagnola, dove si ci diverte poco e il cerimoniale è rigido ed antiquato. Inoltre, vista l’imperiosità dell’una e la prosopopea dell’altra i rapporti suocera-nuora sono pessimi fin da subito. La figlia del re di Francia, umiliata e messa in disparte da Elisabetta Farnese, sogna solo di fuggire da Madrid. Nel 1748 il marito ottiene (a dire il vero grazie alle macchinazioni della madre, l’imperiosa Elisabetta Farnese di cui sopra) il trono di Parma, ma questo microscopico e poverissimo staterello del nord Italia non può certo soddisfare i sogni di grandeur della figlia di Luigi XV. Per tutta la sua breve esistenza Luisa Elisabetta vivrà la frustrazione di una situazione decisamente al di sotto della sua nascita e tormenterà a turno il padre e il marito per riuscire ad avere qualcosa di più anche sotto il profilo economico.
Ovviamente la giovane Isabella, intelligente e sensibilissima, vive sulla propria pelle questa insoddisfazione materna che si traduce, fra l’altro, in numerosi e lunghi viaggi a Versailles, dove la duchessa di Parma va, da sola, a perorare la causa del marito e a respirare un po’ di aria sociale e mondana. C’è anche un altro aspetto del rapporto madre-figlia che pesa sull’esistenza della principessa franco-iberica. Luisa Elisabetta di Francia ha poco più di 14 anni quando mette al mondo la sua prima bambina, il parto è lungo e difficile e la giovane mamma non sembra commuoversi alla vista della sua creatura. E’ quindi la nonna spagnola, l’onnipresente Elisabetta Farnese, ad occuparsi della piccola e a darle quella tenerezza che la madre non sembra disposta a concederle.
Sul carattere e sul temperamento di Isabella pesano una infanzia solitaria, la mancanza d’affetto da parte dei genitori (il padre pochi giorni dopo la sua nascita parte per la guerra), ma anche, e non poco, la genetica. In lei che è Borbone da entrambi i lati, come osserva la Badinter, “le tare di riproducono e si amplificano e le nevrosi, frutto dell’educazione, sembrano anch’esse ereditarie”. I suoi nonni, sono il nipote ed il pronipote di Luigi XIV, hanno perso i genitori da bambini e sono ossessionati dalla morte. Ma non basta, Luigi XV e Filippo V sono timidi, poco intelligenti, la loro istruzione è scarsa e preferiscono di gran lunga la caccia e gli svaghi alla cura degli affari del regno. Filippo V, nonno paterno di Isabella, è terrorizzato dall’inferno, ha violenti attacchi di follia dopo i 40 anni e muore completamente pazzo. Luigi XV è solo un neurastenico un po’ instabile. Per fortuna dal lato spagnolo c’è una nonna che è una roccia e una vera dominatrice.
In una tale situazione familiare la ragazzina impara presto a riflettere, a tacere e ad osservare ed affina una sua dote innata, quella di riuscire a penetrare il cuore umano, il che gli varrà la capacità di farsi amare come nessun’altra.
Adorata dalla nonna spagnola, Isabella affascina e conquista fin dal primo sguardo anche il folto e variegato parentado francese che la festeggia e la vezzeggia come non le era mai accaduto nella severa e fredda corte di Madrid. Luigi XV, del quale è la sola nipote, la trova charmante, le zie la adorano, i cortigiani la riempiono di attenzioni e nel complesso la scoperta del lusso raffinato e dell’allegria di Versailles sono uno choc. La principessa nata spagnola ritrova le sue radici francesi e stringe con il nonno re un legame che non si allenterà mai.
Purtroppo per lei l’arrivo a Parma è un altro choc: la città emiliana è povera e devastata dalla guerra, gli antichi palazzi ducali sono in rovina e le celebri collezioni d’arte dei Farnese sono partite alla volta di Napoli con lo zio Carlo di Borbone, nuovo re del regno partenopeo.
Isabella si adatta, sua madre no, infatti per ben due volte Luisa Elisabetta compie lunghi soggiorni a Versailles con l’obiettivo di convincere il padre a migliorare la condizione economica e social-dinastica dei piccoli e miseri neo duchi di Parma. Durante il secondo viaggio Luisa Elisabetta viene colpita dal vaiolo, che produce periodiche e democratiche stragi nella reggia francese, e muore in pochi giorni il 6 dicembre 1759. Per la figlia il colpo è tremendo, Isabella non si riprenderà mai più da questa scomparsa improvvisa e prematura ed una sorta di angoscia sorda e latente si fa strada nella sua anima.
La giovane principessa, già per carattere solitaria e portata alla riflessione ed all’introspezione, si ripiega ancora di più nella lettura e nello studio. Fra l’altro, ormai da qualche anno, la principessa può approfittare della presenza di alcuni maestri davvero speciali come Auguste de Keralio e l’abate di Condillac, entrambi legati al mondo dell’Encyclopédie ed amici di Voltaire, Rousseau, Didedot e D’Alembert. I due personaggi non vengono certo convocati a Parma per Isabella, che è femmina e non erediterà nulla, quindi ha bisogno solo di una educazione generica per non sfigurare alla corte del futuro marito. Keralio e Condillac sono gli strumenti di un esperimento di pedagogia, quello che dovrebbe trasformare il piccolo Ferdinando, fratello minore di Isabella, un sovrano moderno ed esemplare, colto, progressista, sempre guidato dalla ragione, insomma un vero campione dell’illuminismo. Il progetto, ideato dall’ambiziosa Luisa Elisabetta, sostenuto dal debole duca di Parma che è totalmente sottomesso alla moglie, e supervisionato dall’uomo di fiducia della coppia, il ministro delle Finanze Dutillot, fallisce miseramente. Ferdinando, non ha molto carattere, è incline soprattutto alla menzogna ed alla dissimulazione e resiste con tutte le sue forze a qualsiasi sforzo educativo ed alla mole di sapere che i due filosofi tentavo invano di fargli assimilare. Per contro diventerà profondamente bigotto e reazionario e sull’esperienza nel suo complesso (che all’epoca era stata guardata con estremo interesse) il clan dei filosofi francesi preferirà far calare un imbarazzato silenzio.
E’ Isabella, invece, ad approfittarne a piene mani dell’educazione messa in campo per il fratello e ben presto un viaggiatore francese di passaggio a Parma può scrivere che “una delle principali meraviglie di questa città è Madame Isabelle”. Il frutto di queste lezioni non dirette a lei sono una serie di manoscritti, fra cui le “note politiche e militari” e le “riflessioni sull’educazione”, testi di una modernità. Nel frattempo il futuro di Isabella viene deciso altrove e lei, principessa fino alla punta dei capelli e cosciente del proprio rango è pronta a fare il suo dovere e a recitare il suo ruolo alla perfezione come le viene richiesto.
Ufficializzato il suo ingresso nella famiglia imperiale austriaca, Isabella si pone un solo obiettivo, conquistare il futuro marito, i suoceri e lo stuolo di cognati e per arrivare al suo scopo la principessa è pronta a tutto, persino a dissimulare i suoi pensieri e a manipolare le persone. L’imperatrice Maria Teresa è talmente felice di questa nuora che scrive al re di Francia ringraziandolo “per il dono”, l’arciduca Giuseppe ha occhi e pensieri solo per lei, Maria Cristina, la cognata amatissima, conserverà della principessa parmense un ricordo dolce e struggente.
Isabella nei tre brevi anni di permanenza a Vienna è pienamente coinvolta nell’ingranaggio complesso della vita di corte fatta di devozione, feste, ricevimenti, passaggi dall’uno all’altro dei palazzi imperiali, balli, teatro e musica, molta musica. Il 13 ottobre 1762 l’arciduchessa ascolta suonare il giovane Mozart, qualche giorno prima aveva assistito alla prima dell’ Orfeo ed Euridice, e l’opera sublime di Gluck la colpisce profondamente per i forti riferimenti alla morte. Fra un impegno e l’altro Isabella scrive, scrive, lettere alla famiglia, al nonno re di Francia, al padre, scrive i famosi messaggi a Maria Cristina, scrive saggi e trattati come le “Meditazioni cristiane”, un libello sulle false amicizie e un piccolo testo sugli uomini che stupisce per le idee femministe decisamente ante litteram.
Cosciente del fatto che la prima virtù della moglie di un principe ereditario non è la cultura, ma la fertilità, Isabella ci si mette d’impegno e nel breve periodo in cui è moglie rimane incinta quattro volte. Desiderio di maternità? Assolutamente no, la principessa, figlia quasi abbandonata e sempre in cerca di affetto materno (che troverà guarda caso nella suocera), non sembra provare un grande trasporto per la sua unica bambina. Isabella vuole essere prolifica per la dinastia, a costo di rimetterci la vita, sa che questo è il suo compito primario, lei è prima di tutto una fattrice reale e si impegna con grande ostinazione, nonostante la salute precaria. La stessa imperatrice Maria Teresa, dopo un ennesimo aborto che la lascia spossata, la implora di aspettare, di riprendere le forze e chiede al padre di non far cenno all’arrivo di un eventuale futuro nipote. “Isabella è abituata ad obbedire”, scrive l’imperatrice al duca di Parma. Ma come ad obbedire? La principessa filosofa nei suoi scritti non dà l’idea di essere certo una donna sottomessa e senza carattere, però ha deciso di mostrare alla suocera e al marito un’altra faccia, quella della totale sottomissione. Difficile capire i motivi di questa scelta, forse sa che solo così potrà sopravvivere, forse spera, una volta diventata sovrana a pieno titolo, di poter assumere il controllo psicologico, emotivo ed anche politico del marito. D’altronde nella sua famiglia sono sempre state le donne a portare i pantaloni, la nonna Elisabetta ha governato la Spagna, la madre ha guidato anche se per poco, il ducato di Parma.
Isabella però non riuscirà a mettersi alla prova come governante, la sua salute va peggiorando, tossisce senza sosta, è sempre più magra e una nuova gravidanza non migliora la situazione. A metà novembre del 1763 viene colta da una febbre violentissima, è il temuto vaiolo. Fra il 22 e il 23 Isabella partorisce una bimba prematura che vive solo poche ore e la notte successiva ella stessa muore lasciando nella disperazione totale la famiglia imperiale.
Giuseppe è sconvolto, l’uomo da tutti giudicato freddissimo scrive al suocero “ho perso tutto, la mia adorabile moglie e la mia unica amica. Potrò sopravvivere? Lei era incomparabile, non c’è stata e non ci sarà mai una tale principessa ed una tale donna”. L’imperatore Giuseppe II rimpiangerà la sua “Tya Tya” per tutta la vita, si risposerà per dovere dinastico, ma non degnerà di uno sguardo la nuova moglie. La madre per cercare di sollevargli il morale aveva anche cercato di combinare un matrimonio con la sorella minore di Isabella. Maria Luisa però è già fidanzata con il principe delle Asturie, futuro Carlo IV di Spagna e si può dire che a Giuseppe sia andata molto bene così. La sorella di una donna tanto eccezionale non è solo sciocca, brutta ed arrogante, ma è anche una ninfomane, perversa e intrigante che rimarrà nella storia, con il gentile contributo del pennello crudele ed implacabile di Goya, come una delle peggiori regine di Spagna.
Il ricordo di Isabella, invece, resta indelebile nella memoria di chi l’ha conosciuta, lei sarà sempre la moglie perfetta, la figlia devota, la nuora deliziosa ed adorabile, anche se in effetti dietro alla facciata serena e sorridente, ci sono un cervello in continuo fermento e rivolta, un cuore appassionato e un’anima tormentata, divorata da una grande, infinita ed incurabile angoscia.
Nella prima immagine Isabella è con la madre Louise Elisabeth nel ritratto che fa loro Nattier, pittore della corte di Francia, sotto la famiglia duca di Parma, con Isabella già grandina alle spalle dei genitori.