Regina sente le lacrime scorrerle calde sul viso, ma la pressione della mano sulla testa le arreca conforto. […] Sbarra gli occhi per un istante quando qualcosa di acuminato le trafigge la carne tenera sotto la mandibola. In un attimo di ritrovata lucidità avverte il liquido caldissimo che le scorre dietro la nuca e l’orecchio, e il contatto di una lingua umida che come una lumaca striscia sulla sua pelle nuda e le lecca l’incavo della clavicola. Poi, prima di perdere misericordiosamente conoscenza, Regina capisce tutto, e sorride: è un incubo, solo un lungo, bruttissimo incubo. Fra poco si sveglierà, e sarà tutto a posto, come sempre.
Inizio a parlarvi de L’Anatomista, di Diana Lama, l’ultimo libro che ho letto, da questo estratto: sensazioni, paure e illusioni di una delle vittime del serial killer protagonista della macabra e spietata storia narrata e che si dispiega di pagina in pagina in un crescendo di attesa e curiosità. Ho apprezzato questo libro con il tempo, a mano a mano che proseguivo nella lettura, in un alternarsi di intuizioni per situazioni già “viste” che poco mi convincevano e attenzione maggiore per le descrizioni tecniche e mediche. Infatti, l’autrice è una specialista in Medicina del cuore ed ha fatto delle sue conoscenze il punto di partenza per una scrittura a tinte gialle. O meglio, rosse. Il sangue rosso, il cuore, le vene, i fluidi sono gli elementi al centro della narrazione, quelli che sembrano ossessionare il folle guidato dalla penna di Lama. Le descrizioni sono spesso forti, precise e dettagliate e le considero un punto di forza del romanzo, se non il dettaglio con cui Lama fa la differenza.
Conosce solo un metodo per placare l’ansia.
Intervenire.
Capire. Studiare.
Correggere.
Il serial killer con cui abbiamo a che fare accostandoci a questo volume di 500 pagine, è ribattezzato dai giornalisti come Anatomista, per via del suo modus operandi: mutila i corpi delle donne che rapisce, ad ognuna di loro “ruba” qualcosa, che sia il cuore, un rene, un’ovaia, un braccio… e lascia, nello stesso tempo, dentro di loro un indizio. È un vuoto quello che cerca di colmare. È un progetto quello per il quale tanto ha studiato, tra libri di medicina e chirurgia. È una leggenda quella alla quale s’ispira.
“Posso fare esperimenti di arte su altri esseri umani. Ho le capacità e la creatività per farlo! Sono un genio, come il mio predecessore! Mi ero illuso cogliessi la bellezza del mio disegno.”
Ad indagare su di lui c’è una Squadra speciale, al centro della quale si muove l’insolita coppia composta da Jacopo Durso ,uno psichiatra e profiler e Artemisia (Mitzi) Gentile psicologa. È lei l’altra protagonista, la faccia di quella medaglia che si divide bene e male. Mitzi segue casi di vittime di abusi sessuali e maltrattamenti, lei stessa ne è stata vittima da piccola. Mitzi è quella che ce l’ha fatta, quella sopravvissuta al suo passato. È la prescelta per questa indagine. Non tutti capiranno perché sia stata scelta proprio lei, con le sue continue paure, la sua debolezza e i suoi fantasmi ancora vivi nella mente. Mitzi è sicuramente un personaggio fuori dagli schemi, che a tratti mi è parsa inadatta, anche a me lettrice, fuori posto. Non mi ha convinta, l’ho seguita sperando in una crescita che fosse parallela all’arrivo all’apice delle indagini, ma personalmente non l’ho colto. In fondo, Mitzi non è una poliziotta e finirà con lo scoprire di essere anche lei caduta nella trappola, anche da lei l’omicida vuole prendere qualcosa…
Questa è una città che devi vedere prima di morire. Oppure è una città che tu uccide, una volta che l’hai vista.
Leggere L’Anatomista è anche l’occasione per fare un viaggio nelle viscere di Napoli, città natale dell’autrice, scendendo nei meandri più nascosti, tra il sopra e il sotto, il visibile e il nascosto. Fino alla caverna sotterranea in cui L’Alchimista mette in atto il suo piano, dà forma al suo progetto tra bisturi, divaricatori, lenzuola e tubicini. Tra urla, pianti e suppliche.
L’Anatomista si lascia leggere, coinvolge e in alcuni punti blocca il respiro. Mi ha fatto compagnia lontano dallo scoglio e lo consiglio a chi è ancora sotto l’ombrellone o deve ancora partire.
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