Lasciatemi condividere una notizia che ho letto su “Il Messaggero” di mercoledì 4 dicembre. Una storia che ha dell’incredibile e sicuramente del macabro, ma che in qualche modo fa sperare che il nostro passaggio su questa terra non sia del tutto vano.
L’hanno ribattezzata “l’angelo dell’11 settembre” e sarà fotografata da migliaia di turisti. Si tratta di un’immagine che sembra nascondersi tra le lamiere di una trave e che sarà esposta al pubblico nel Museo e Memoriale dell’11 settembre 2001.
Un fascio di metallo recuperato dalle macerie di Ground Zero che celerebbe il viso di una donna sofferente. Il personale del museo che si prepara all’apertura, accoglierà l’effige come si trattasse di un “angelo”.
Il reperto rappresenta uno dei più grandi oggetti di metallo che saranno in mostra all’opening dell’esposizione, in programma per la primavera del 2014. Secondo gli esperti si tratterebbe di un pezzo proveniente dalla torre sud del World Trade Center, proprio una di quelle parti dell’edificio colpite direttamente dal volo United 175.
Gli addetti ai lavori sono pronti a giurare che dietro le lamiere si nasconda il viso di una persona, di sesso femminile, intenta a gridare tutto il suo dolore. Le foto stanno facendo il giro del mondo e sembrano confermare l’ipotesi. Si può infatti vedere il viso di una donna che guarda in basso da un luogo che ha qualcosa di sacro e lontano.
“L’immagine è chiara come la luce del sole” ha dichiarato un visitatore al Sun, uno dei primi quotidiani a pubblicare le foto. Un esperto interpellato da Nbc News ha dichiarato semplicemente che la trave mostra i chiari segni di un processo di corrosione che ha creato qualcosa che potrebbe sembrare un volto umano.
“La corrosione atmosferica è molto sensibile ai microclimi – ha spiegato P. Chris Pistorius, professore di scienze del metalli alla Carnegie Mellon University, di Pittsburgh in Pennsylvania – qui ci troviamo di fronte a un processo che ha colpito un metallo in modo non uniforme. Una mistura di sali, ossidi e aria, che ha contribuito a creare questo disegno”.
Una sorta di “Sindone” in metallo quindi, se mi passate il paragone, a testimoniare tutto l’orrore. Una sofferenza che emerge preponderante a gridare tutto il suo dolore. Non si gioca con la morte, quindi mi auspico che questa non sia una trovata pubblicitaria.
Quando si perde la vita in modo improvviso e violento, si dice rimanga qualcosa. Forse l’anima la lascio ai credenti, ma sicuramente un sentimento volto a rimordere le coscienze e lì a pretendere di non essere dimenticato. Ricordo eterno dell’ingiustizia subita.
Written by Cristina Biolcati