di Rina Brundu. Oggi, 22 luglio 2014, compie un anno il piccolo George di Cambridge. Mi fa piacere: del resto, erano giorni che stava lì-lì per “compierlo” quest’anno e a un certo punto ho pure temuto che il compleanno saltasse. Non mi sarebbe dispiaciuto tanto per George, o per l’albionica corte di Sua Maestà, quanto piuttosto per la Grande Stampa italiana che ha seguito questo “evento” con attesa spasmodica. Per inciso, quella tipologia di attesa normalmente riservata all’elezione dei pontefici romani, alle dichiarazioni di guerra tra stati, all’ufficializzazione dei risultati delle Elezioni Politiche italiche a “Porta a Porta”, e mi pareva brutto che i capi-redattori di mezza Italia restassero delusi. Buon compleanno, George!
Che poi ti viene da chiederti quanta Storia della monarchia britannica si sia studiata in queste redazioni e mi domando se la conoscenza di quella stessa Storia non avrebbe aiutato a far sbollire gli entusiasmi. Per quanto mi riguarda non ho eroi dentro quei contesti fatta eccezione per il Riccardo III shakesperiano, un character storico abbondantemente modellato dal genio incommensurabile del bardo di Stratford-upon-Avon e per l’attuale regina Elisabetta II. Elisabetta II è a buon diritto il più grande “asset” che la monarchia britannica abbia mai avuto, per dirla con Peter Morgan, ispirato sceneggiatore di The Queen (2006). La suocera di Kate Middleton è stata infatti una regina più grande di Vittoria, più grande della Virgin Queen Elisabetta I, più grande di Anna e di conseguenza di tutti i sovrani che si sono passati il trono per circa un millennio, dato che sono stati senz’altro i regni delle “signore” (con la sola eccezione da farsi, ritengo, per il regno di Enrico VIII), ad avere modellato la vita della nazione, forse per destino (si pensi per esempio al fatto che il periodo elisabettiano è stato il periodo delle grandi scoperte geografiche e il momento topico in cui l’Inghilterra costruiva il suo impero), forse per capacità.
E George? Al piccolo George auguriamo un futuro diverso da quello del suo avo Giorgio III, Giorgio il Pazzo, matto come un cavallo per davvero non tanto per dire. Negare che questi personaggi abbiano plasmato il nostro immaginario sarebbe impossibile per chiunque, soprattutto per chi, per infinite ragioni, ha trascorso la vita negli angoli di mondo colonizzati dalla nazione che costoro rappresentavano e rappresentano. Tuttavia, il dubbio rimane: quanto è legittimo che la Grande Stampa nostrana rimanga ingolfata per giorni dentro simili dinamiche gossipare? Quanto sono legittime e professionali queste homepages ridanciane quando a Gaza decine di bambini molto meno fortunati del piccolo George stanno morendo ogni giorno? Quando i bambini muoiono nei cieli insicuri d’Ucraina? Quando molti altri figli d’Africa attendono da un’eternità di tempo che qualcuno si occupi di loro? A mio avviso una tale bagarre mediatica è finanche sconveniente nei confronti dell’eroe celebrato che, principe o non principe, sempre bambino resta e in quanto tale ha dei diritti che non possono essere calpestati dalla nostra curiosità mediatico-morbosa; non ultimo ha il diritto a vivere una infanzia serena, lontano dalle grinfie editoriali di chicchessia.
“Un cavallo! Un cavallo! Il mio regno per un cavallo!” implora Riccardo nell’atto V, scena IV, del dramma shakesperiano già citato. “Un giornale! Un giornale! Il mio neurone rincoglionito per un giornale italico degno di questo nome!!!”, grido io, ma se non sei un Windsor non fa trend, non fa cool, non fa neppure social e non gliene frega niente a nessuno. Sic.
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Then again, dato che oggi è festa (?!!), here we go, ecco in regalo lo straordinario monologo di Riccardo III in versione originale e tradotta: buon compleanno a tutti, re, contadini e briganti.
RICHARD: Now is the winter of our discontent
Made glorious summer by this son of York;
And all the clouds that lowered upon our house
In the deep bosom of the ocean buried.
Now are our brows bound with victorious wreaths,
Our bruisèd arms hung up for monuments,
Our stern alarums changed to merry meetings,
Our dreadful marches to delightful measures.
Grim-visaged war hath smoothed his wrinkled front,
And now, instead of mounting barbèd steeds
To fright the souls of fearful adversaries,
He capers nimbly in a lady’s chamber
To the lascivious pleasing of a lute.
But I, that am not shaped for sportive tricks
Nor made to court an amorous looking-glass;
I, that am rudely stamped, and want love’s majesty
To strut before a wanton ambling nymph;
I, that am curtailed of this fair proportion,
Cheated of feature by dissembling Nature,
Deformed, unfinished, sent before my time
Into this breathing world, scarce half made up,
And that so lamely and unfashionable
That dogs bark at me as I halt by them–
Why I, in this weak piping time of peace,
Have no delight to pass away the time,
Unless to see my shadow in the sun
And descant on mine own deformity.
And therefore, since I cannot prove a lover
To entertain these fair well-spoken days,
I am determinèd to prove a villain
And hate the idle pleasures of these days.
Plots have I laid, inductions dangerous,
By drunk prophecies, libels, and dreams,
To set my brother Clarence and the king
In deadly hate the one against the other;
And if King Edward be as true and just
As I am subtle, false, and treacherous,
This day should Clarence closely be mewed up
About a prophecy which says that G
Of Edward’s heirs the murderer shall be.
Dive, thoughts, down to my soul — here Clarence comes!
(Act 1 Scene 1)
……………………….
Ora l’inverno del nostro scontento è reso estate gloriosa da questo sole di York, e tutte le nuvole che incombevano minacciose sulla nostra casa sono sepolte nel petto profondo dell’oceano. Ora le nostre fronti sono cinte di ghirlande di vittoria, le nostre armi malconcie appese come trofei, le nostre aspre sortite mutate in lieti incontri, le nostre marce tremende in misure deliziose di danza. La guerra dal volto grifagno ha spianato la fronte corrugata, e ora, invece di montare destrieri corazzati per atterrire le anime di nemici impauriti, saltella agilmente nella camera di una signora al suono seducente di un liuto. Ma io che non fui fatto per tali svaghi, ne fatto per corteggiare uno specchio amoroso; io che sono di stampo rozzo e manco della maestà d’amore con la quale pavoneggiarmi davanti a una frivola ninfa ancheggiante, io sono privo di ogni bella proporzione, frodato nei lineamenti dalla natura ingannatrice, deforme, incompiuto, spedito prima del tempo in questo mondo che respira, finito a metà, e questa cosi’ storpia e brutta che i cani mi abbaiano quando zoppicco accanto a loro, ebbene io, in questo fiacco e flautato tempo di pace, non ho altro piacere con cui passare il tempo se non quello di spiare la mia ombra nel sole e commentare la mia deformità. Perciò non potendo fare l’amante per occupare questi giorni belli ed eloquenti, sono deciso a dimostrarmi una canaglia e a odiare gli oziosi piaceri dei nostri tempi. Ho teso trappole, ho scritto prologhi infidi con profezie da ubriachi, libelli e sogni per spingere mio fratello Clarence e il re a odiarsi l’uno contro l’altro mortalmente; e se re Edoardo è giusto e onesto quanto io sono astuto falso e traditore, oggi Clarence dovrebbe essere imprigionato grazie a una profezia che dice che G. sarà l’assassino degli eredi di Edoardo.
Tuffatevi pensieri intorno alla mia anima, ecco Clarence.
(Atto 1 Scena 1)
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YouTube link al Riccardo di Laurence Olivier
E che non sia mai, per gli affezionati della rubrica ecco il link agli altri articoli de…
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Featured image, Riccardo III che “l’unenne” piccolo George di William e di Kate non lo sbattiamo in copertina manco se ci pagano. Beh, vediamo, dipende dall’offerta…