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“L’anima del Diavolo” di Francesco Veutro

Creato il 26 novembre 2011 da Edizionialtravista

Dopo La matrice della verità, una nuova indagine del Commissario Lazzari, scritta da Francesco Veutro.

Alla vigilia delle nozze, la futura sposa cade vittima di un misterioso, agghiacciante omicidio. In seguito anche un sacerdote rimane ucciso e viene rinvenuta una misteriosa pergamena. Il Commissario Lazzari si getta in una investigazione quasi disperata che lo porterà dalla Sicilia fino in Spagna, dove ogni indizio sembra puntare, inaspettatamente, verso una pista demoniaca, sempre più fitta di inquietanti enigmi da risolvere. E ad ogni enigma si intrecciano le vite di una coppia di innamorati e di un bambino. Il thriller psicologico L’anima del diavolo è un viaggio in equilibrio attraverso gli abissi del male, fino a profondità dove si toccano destini umani che parevano lontanissimi.

“L’anima del diavolo” è la seconda opera di Francesco Veutro, che ha già stupito i lettori con il suo primo romanzo “La matrice della verità”.

Se Veutro ci aveva già aperto , con la prima opera, la mente verso realtà celate e spesso ignorate; con “L’anima del diavolo”porrà in crisi molte delle nostre certezze, iniziandoci ad un mondo, a cui spesso non vogliamo neanche provare a guardare, perché troppo ci inquieta e ci spaventa.

Il libro si apre proponendoci, con grande genuinità la quotidianità,fatta di cose semplici, come la sveglia al mattino o il profumo del caffè al risveglio, che ci fanno approcciare alla lettura con serenità.

Il romanzo racconta,nelle prime pagine, la storia d’amore tra due ragazzi, Carluzzo e Margherita, che come tanti, si conoscono da una vita, sono cresciuti insieme, hanno condiviso le prime esperienze sentimentali e adesso finalmente hanno deciso di coronare il loro sogno d’amore con il matrimonio. La realtà è quella difficile, di un sobborgo catanese, nel quale con molta facilità, attirati dai facili guadagni, molti giovani cadono nella rete della malavita organizzata. Essi diventano agnelli sacrificali nella sanguinosa ed interminabile faida tra le famiglie mafiose per ottenere l’egemonia su quella sfortunata parte di città. Insomma una realtà nella quale il ruolo d’aggregazione giocato dalla chiesa, con l’ impegno sul campo dei suoi “discepoli”, risulta essere d’importanza essenziale.

Don Ruggero, è uno di loro, è un sacerdote che incarna perfettamente i valori della fede cristiana: per anni si è impegnato in terre lontane, come missionario, per portare un po’ di pace e speranza a quelle popolazioni sfortunate che hanno solo conosciuto sofferenza, malattia e fame.

Egli tenta disperatamente, con attività ludiche, di strappare alla strada i giovani di un quartiere difficile, che nonostante abbiano tante cose positive dentro di loro, hanno avuto la sfortuna di nascere in un luogo in cui la luce accecante, di cui brilla il male, è troppo forte per non rimanerne abbagliati.

In tutto questo l’autore non perde però l’occasione di volgere il suo sguardo appena più in là, inserendo la narrazione nella splendida cornice storica e paesaggistica di Catania e dei suoi raggianti dintorni.

Come nella ”Matrice della verità”, Veutro mostra un linguaggio e una costruzione sintattica semplice, senza preziosismi e periodi ridondanti, egli senza alcuna pretesa, ci apre discretamente le porte della sua terra, che tanto bene conosce e che tanto ama. Egli non perde occasione di fare cenno alle bellezze dei luoghi, che i suoi protagonisti percorrono durante la narrazione: la scogliera in pietra lavica di Ognina, la piccola spiaggia nera di San Giovanni Li Cuti o l’antichissimo e splendido Castello d’origine Normanna di Aci Castello, sono solo alcuni esempi. Ciascun luogo è descritto con il cuore e con l’anima. Tutto sembra,quasi essere avvolto, da un candore non visibile, ma ben palpabile. L’amore vero, puro di due ragazzi però verrà presto prematuramente spezzato; la scena da bianca e purissima si macchia di rosso, di sangue, di morte e tristezza. La possibilità di una nuova piccola vita, viene ad essere stroncata contemporaneamente alla fine di un’altra, che non ha avuto il tempo di sbocciare in pieno. Non ci sarà nessun matrimonio, nessun futuro, tutto finisce per sempre quando il cuore di Margherita si ferma e con lei muoiono il bimbo che porta in grembo e la voglia di continuare a vivere di Carluzzo.

Il male pare abbattersi sul racconto in maniera drammatica, inspiegabile e devastante. E poi via via sembra manifestare sempre più la sua potenza incontrastata. L’omicidio di Margherita fa da apri pista ad una scia inarrestabile di sangue, morte e sofferenza. Il male si mostra quasi invincibile. L’ombra di una setta satanica che è ben radicata in Sicilia, anche negli ambienti più insospettabili, ma che trae la sua origine a Valencia, si affaccia prepotente sulla storia. Sarà il Commissario Pietro Lazzari a cercare con tutte le sue armi di contrastarla. Egli dovrà, se vorrà risolvere il caso, avvicinarsi ad una dimensione, che la sua fredda razionalità non può spiegare.

Tutto non può essere rigidamente ricondotto alla razionalità e non tutto può essere spiegato. Sembra che nell’ Anima del Diavolo, si giochi una “partita”, tra due compagini, tra luce e tenebre, tra bianco e nero, tra morte e vita, tra il bene ed il male. Ad un certo punto finalmente il bene sembra quasi avere la meglio sul male: la vita sembra dare un’altra possibilità a Carluzzo, un nuovo amore, Anna, e quindi un nuovo INIZIO. Ma il destino o forse meglio il Maligno, sembrano avere di nuovo il sopravvento, portando via, forse per sempre, il nuovo amore di Carluzzo.

L’inquietudine predomina l’atmosfera del romanzo. Spesso capiterà di essere invasi da una sensazione d’impotenza, come se fossimo in caduta libera verso gli inferi, cerchiamo di trovare appiglio, ma spesso il male veste i paramenti sacri del “bene” e ci confonde; fino alla fine tutti sembrano colpevoli. L’autore è bravo a creare un’atmosfera di sospetto in cui nessuno riesce più a fidarsi di nessuno. “L’anima del diavolo” è una discesa all’inferno, dal quale sarà difficile risalire.

Forse, solo la scoperta di una paternità, per anni ignorata, potrebbe essere il raggio di luce in fondo al tunnel senza uscita del male. Forse la chiave di volta di tutto il romanzo sta proprio nella figura del piccolo Marco, frutto dell’amore tra Carluzzo e Anna. Forse alla fine la luce illuminerà il buio, ma il bene riuscirà a trionfare?

Per informazioni:

http://www.francescoveutro.it/

blog.francescoveutro.it

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