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L'anima della Val Venosta, territorio da (ri)scoprire

Creato il 21 maggio 2014 da Giovy

Viaggio in Val Venosta

Panorama dal Lago di Resia - © 2014 Giovy


Quando si scrive un articolo per consigliare una meta di viaggio, implicitamente si deve rispondere a questa domanda: cosa fa preferire quel luogo rispetto ai tanti altri che le somigliano? È ormai parecchio tempo che sostengo che la risposta a tale quesito è: la sua anima. È troppo facile cavarsela con i soliti "panorama mozzafiato", "buon clima", "ottima cucina". In Val Venosta [tedesco: Vinschgau] la cosa è più profonda, qui non si parla di un depliant turistico ma di un territorio fortemente legato alla gente che ci vive. La mente un po' attenta può cogliere quest'anima venostana nei dettagli, anche i più apparentemente insignificanti.
Che il panorama sia mozzafiato è innegabile: chiunque abbia minimi rudimenti di geografia sa che l'Alto Adige (o Südtirol, a seconda di come la vediate) è paesaggisticamente molto bello, e non ha bisogno di un mio post per arrivarci. Questa valle è molto lunga ma soprattutto molto larga, cosa che la rende luminosa ed aperta, con un colpo d'occhio incredibile. Specie nella bella stagione, quando il verde della natura esplode dappertutto. In una pubblicazione del locale ufficio turistico viene usata, per la Val Venosta, la definizione di "regione culturale", tanto per chiarire che lì l'apparenza deve essere legata alla sostanza. O che il cuore deve essere guidato dalla mente, se volete.
Il concetto mi è stato ben chiaro quando ho visitato il Lago di Resia [tedesco: Reschensee], nell'alta valle. Dalle sue acque spunta il ben noto campanile, che tanto piace ai turisti e che è un'indubbia attrattiva della zona. Come molti sanno lì sotto giace un paese intero e parte di un altro, rasi al suolo e sommersi nel 1950 per creare un lago artificiale, da usare per produrre elettricità. Quella che non è molto nota, invece, è la tragedia di abitanti che hanno perso tutto, espropriati senza compenso di case e terreni, di animali da allevamento morti o perduti, e di secoli di insediamento cancellati per ordine superiore. Questa storia viene discretamente raccontata, senza eccessi melodrammatici, da un memoriale che si trova presso il lago, e che fa in modo che si sappia quanto è costato quel meraviglioso angolo di valle che procura tanto piacere ai visitatori.
Il clima della Val Venosta è sicuramente buono, ma di una sua bontà rude, che deve essere compresa. Incredibilmente, qui ci possono essere anche 300 giorni l'anno senza precipitazioni, un dato che penseremmo più consono alla Sicilia o a Tonga che alle Alpi. Se questo va bene per un visitatore occasionale, per gli agricoltori locali è sempre stato un problema ovviare alla mancanza d'acqua. Acqua che ha dovuto, nei secoli, essere imbrigliata a fatica in canali detti rogge [tedesco: waal].
L'analogia tra le rogge ed il sistema circolatorio umano è quasi banale, ma vera. Ai giorni nostri le rogge servono ancora: portano "sangue" sotto forma di acqua per i campi, ma anche di escursionisti che seguono i sentieri che ricalcano i percorsi dei waal. "Sangue" che viaggia in senso turistico verso la valle, ed in senso culturale verso chi la percorre.
Non aspettatevi però un paradiso tropicale, stiamo sempre parlando di un paesaggio nordico, anche se mite. Il vento la fa da padrone, spazza e pulisce terra e aria, ma contemporaneamente rende il meteo abbastanza cangiante. Cieli azzurri e cieli nuvolosi sono scenari opposti che possono succedersi nell'arco di breve tempo: per me che amo il similare clima britannico, una lietissima sorpresa, con la sola differenza che qui piove pochissimo.
Il cibo è certamente ottimo, se non siete di quelli che fanno tragedie per il caffè espresso, ovviamente. Non voglio parlare di ricette (lo fanno già in troppi dappertutto) ma di una cosa più simbolica cha mi ha colpito, spostandomi lungo la valle: l'immancabile triade Wein - Speck - Obst [Vino – Prosciutto Affumicato - Frutta], scritta sui cartelli davanti ai negozi di alimentari. La trovo l'emblema della semplicità culinaria e montanara allo stesso tempo, espressa da questa specie di trinità ancestrale. Per vivere non servono i trucchi di qualche chef superstar, bastano i campi e gli animali ben tenuti.
Poi vedo che il triplice slogan è ripetuto, modificato, anche nei numerosi imbiss (i chioschi che servono panini e bevande). Il più diffuso è Würstel - Pommes - Getränke [Salsicce - Patate Fritte - Bibite], la versione moderna e turistica di quello ancestrale citato in precedenza, quasi onnipresente con alcune varianti. Da questi semplici cartelli si possono capire tante cose del carattere passato e presente della Val Venosta e dei suoi abitanti.
Abitanti come i proprietari dell'azienda agricola familiare che ho visitato, dove sole cinque persone lavorano frutta e verdura per ottenere decine di prodotti diversi, tutto in modo naturale. O come i produttori del primo e finora unico whisky italiano, che hanno lo stabilimento proprio qui in valle: padre e figli, appassionati che hanno tirato su una distilleria che sembra una museo d'arte moderna, andando in Scozia per imparare la tecnica e farsi costruire l'impianto. Gli chiedi la loro storia e te la raccontano in modo semplice, senza presunzioni ed eroismi. Per me sono imprese ed aziende eccezionali, per loro è come se ti raccontassero la partita a calcetto della sera prima. Quasi si stupiscono del mio fare fotografie e del volerli ritrarre. Nell'azienda agricola, una delle figlie mi fa assaggiare i deliziosi aceti balsamici che ricavano da fragole, rape, mele, albicocche ed altri frutti della terra: lo fa versandomi le gocce direttamente sul dorso della mano, da dove poi le devo succhiare. Forse lei lo sa o forse no, ma questo è un modo tipico di assaggiare anche il caviale.
In Val Venosta si parla poco e si fa molto, il contrario di quello che vedo succedere di solito. Quando si vuole fare qualcosa lo si fa e basta, parlarne è cosa quasi superflua e riservata alla progettazione: a cose finite parla il risultato, che sia un buon prodotto, un albergo rimesso a nuovo o un autobus che arriva e parte in orario.
Un trentino (della parte italiana) mi ha detto poco tempo fa: "Gli altoatesini sono vincenti, e sai perché? Loro sono solidali, non sparlano l'uno dell'altro e lavorano insieme per raggiungere il risultato". Questa non è nient'altro che la mentalità del maso o del piccolo villaggio, dove c'era poco tempo per le chiacchiere e si doveva ricavare sostentamento da un territorio difficile ed anche ostile, cosa per cui serviva il lavoro di tutti. Mentalità che è stata applicata ed allargata, in senso geografico ed operativo, alla grandezza di una regione.
Se di un luogo non vi basta viverne solo la bellezza esteriore, ma anche il carattere interiore, allora vi consiglio di fare conoscenza con la Val Venosta e la sua anima. Non rimarrete delusi.

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