Non c'è nulla da fare: le donne avranno sempre un'anima divisa in due.
Ripensando alla mia rivoluzione sessuale dello scorso anno, non posso fare a meno di chiedermi come mai certe annate sembrino tematiche. Questo è sicuramente, per me, l'anno del lavoro. E il lavoro mi sta succhiando via tutta la vita sociale che avevo faticosamente conquistato.
E' una questione molto semplice: o si vive per lavorare o si lavora per vivere. Ed io ho scelto la prima opzione. E' un circolo vizioso perché, essendo single, dedico molto più tempo al mio lavoro. Che poi non mi permette di non essere single.
Ne discutevo proprio oggi con un mio amico: quando i tempi si fanno troppo stretti, la prima cosa da fare è eliminare le cose superflue. E io mi sono resa conto di aver eliminato gli uomini. Non con cinica volontà. Ma proprio perché mi è venuto spontaneo.
Poi, però, penso alla mia seconda anima. Quella che, seppur repressa, ogni tanto si affaccia per ricordarmi che non ho un compagno. E' un pensiero razionale, non tanto emotivo. E per questo non lo vivo come un dramma o con sofferenza. Piuttosto con la preoccupazione tipica dello sguardo rivolto al futuro.
Il problema è che a noi donne si chiede sempre di più. Sul lavoro sembra che dobbiamo sempre dimostrare qualcosa. In casa tutto quello che facciamo è dato per scontato. Se abbiamo dei figli, la loro crescita ed educazione è un abito, non un'incombenza.
E, se siamo single, c'è anche la scusa che a casa non ci aspetta nessuno per spremere fino in fondo l'ultima stilla vitale della nostra indipendenza.
Già, l'indipendenza... Ne sono sempre stata una paladina. Forse, per qualcuno dei miei amici e parenti, ne sono stata anche l'incarnazione. Ma, mi chiedo, quanto è indipendente una donna schiava del suo lavoro? Che poi non è neanche colpa dei capi o dei tempi. La colpa è solo nostra che abbiamo sviluppato una sorta di dipendenza dall'unico campo in cui ci sentiamo realizzate davvero.
Un tempo si diceva che questa dedizione, questo vivere per lavorare, ci aveva rese simili agli uomini.
Vorrei proprio essere come un uomo che trova a casa il conforto di un letto rifatto, il profumo di un pavimento pulito, il sapore di una cena pronta e la sicurezza di una spesa fatta.
Lo so, anche gli uomini single e che vivono da soli devono far fronte alla gestione della casa. Ma per loro è diverso. Non sentono il richiamo della polvere, il fastidio del bucato da fare o del panno da stirare.
Per noi, finte paladine dell'indipendenza, il letto disfatto è una sconfitta. O un rimprovero. Se non una vergogna.
Se la casa è trascurata, è nella percezione ancestrale di "qualcosa di sbagliato" che siamo diverse dagli uomini nella nostra stessa condizione. E non ce lo perdoniamo. Maledicendo il lavoro che, in fondo, amiamo come un compagno fedele. Articolo originale di Federica Rossi per Poco sex e niente city.
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