Il calcio è malattia, passione, sacrilegio (per chi crede davvero). E' un fenomeno così totalizzante che non riesci a spiegare perchè "ti prende" così tanto, ma sai che non puoi farne a meno. E spesso ti capita di accostare ricordi, emozioni e fatti passati ad una partita o a un campionato particolare. Almeno, a me succede.
E figuriamoci se non succede in Brasile, dove il calcio è qualcosa più che uno sport e qualcosa di grande quanto una religione. Mauro è un ragazzetto che nel 1970 incolla le figurine dei calciatori sull'album: si stanno avvicinando i Mondiali messicani e sembra che l'unico vero problema del proprio paese sia la convivenza tra Pelè e Tostao... e come mai allora i genitori di Mauro, proprio alla vigilia della Coppa del Mondo, decidono di farsi una tirata in macchina fino a San Paolo e "parcheggiarlo" dal nonno? La scusa è quella di "andare in vacanza", la verità il piccolo Mauro la scoprirà a poco a poco, insieme a mille altre cose: il nonno infatti è morto, e Mauro viene "adottato" dalla comunità ebraica di San Paolo, dove in mezzo a un melting pot di etnie e lingue diverse, ma tutte unite nella protesta contro la dittatura militare, imparerà cosa vuol dire essere "comunista", scoprirà i primi pruriti adolescenziali, incomincerà a capire cosa vuol dire avere uno scopo, un ideale.Mauro aspetta (im)paziente la finale dei Mondiali, proprio contro l'Italia, ma aspetta più di ogni altra cosa il ritorno dei genitori, forse inconsapevole di quello che sta succedendo ma pienamente convinto che la vittoria finale sarà scontata, dovuta, meritata. Perchè non può non finire così, perchè quando lotti, soffri strenuamente per qualcosa, qualsiasi cosa, questa è già una vittoria. Anche solo esserci.VOTO: * * *