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"L'Anonimo di Borgo" e la cooperazione sociale

Creato il 23 settembre 2015 da Ambrogio Ponzi @lucecolore
In un paese dove i privilegi contano più dei diritti non stupisce che accadono situazioni paradossali come questa che "L'Anonimo di Borgo" tenta di spiegarci allegando un articolo che riportiamo integralmente. In effetti è complicato entrare in aspetti tecnici così sofisticati di fronte a una normativa contorta come quella relativa al regime IVA. Quel che è invece certo è che le cooperative (false o vere che siano) stanno lucrando sull'IVA tanto che ne chiedono l'aumento e ne osteggiamo l'abolizione. Ora la parola all'anonimo. 
L'lo  sapevate ?
c'è chi chiede l'aumento delle aliquote IVA ,
chi ? le coop sociali 
chi altro potrebbe essere se non loro.
Tanto paga il cittadino,
che usufruisce dei servizi sociali.
                                  L'anonimo di Borgo



P.S.
a Fidenza 
chi ha deciso di affidare i servizi sociali alle coop. 
ha nulla da ridire ?

Coop protestano contro abolizione dell’Iva sui servizi


E’ la prima volta in Italia che qualcuno protesta per l’abolizione di una tassa. Il Governo vuole cancellare l’Iva sui servizi sociali e l’educazione, ma chi questi servizi li svolge, si oppone. Perché questa tassa resta in tasca alle cooperative. Dall’ultima Direzione regionale di Legacoopsociali è uscita una forte preoccupazione per l’annuncio del Governo intenzionato a modificare il regime Iva per le cooperative sociali. La novità non è un’idea del Governo, ma viene da una direttiva europea, che chiede di abolire l’Iva là dove l’aliquota è inferiore al 5%. E’ il caso delle prestazioni sociali ed educative, dove l’Iva è al 4%. Il Governo italiano intende abolire questa aliquota. Per i privati e soprattutto per le amministrazioni pubbliche che pagano questi servizi sarà un risparmio. Non per le coop, che scaricando l’Iva recepita pareggiandola con quella pagata sulle loro forniture, ne ricavano un guadagno. Così, le coop hanno addirittura chiesto di aumentare l’Iva sui servizi al 5%, perché non confligga con la norma europea. “Le imprese più colpite – hanno spiegato il presidente regionale di Legacoop Giovanni Monti e il responsabile di Legacoopsociali Alberto Alberani – sono quelle che in questi anni hanno raccolto la sfida delle pubbliche amministrazioni facendo investimenti e impegnandosi nella gestione diretta dei servizi. Per queste cooperative l’impatto negativo dell’eventuale  passaggio all’esenzione si aggira intorno al 3,5% di aumento di costi”. Questa preoccupazione è emersa con chiarezza nella Direzione regionale anche dalle cooperative sociali di Legacoop Emilia Ovest, in particolare di Reggio Emilia e Parma, che già da tempo segnalano i forti rischi derivanti da una scelta del genere. Nel parmense ci sono più di 80 cooperative sociali. Ma non tutte si occupano si occupano della gestione dei servizi socio-sanitari e di educazione: queste sono solo le coop di tipo A, in provincia di Parma circa 50, oltre ad una quindicina di coop miste B/A. Le più grosse e note – per capire di cosa si sta parlando – sono Proges, Aurora Domus, Sirio, Consorzio Zenit, Eidé e tante altre minori, con lavoro limitato ad un paese della provincia o nate magari per gestire una singola scuola. “La marginalità netta media del settore – spiegano Giovanni Monti e Alberto Alberani –  è pari allo 0,63%: non ci sono le risorse per assorbire tali incrementi di costi. La preoccupazione delle associate è altissima. Si mette in discussione la tenuta dei bilanci, con un grave effetto anche sull’occupazione e il pericolo di chiusura di molti servizi rivolti a persone anziane e disabili gestiti dalle cooperative sociali”. Dati molto preoccupanti, con la scelta di modificare il regime Iva, sono usciti dalle accurate analisi di un campione significativo di cooperative reggiane e parmensi. “Questo avviene – hanno aggiunto Monti e Alberani – mentre le cooperative sono impegnate a concretizzare nuovi progetti per aumentare l’occupazione e creare nuovi servizi rivolti alle nostre comunità e per affrontare positivamente i problemi posti dalle ondate migratorie, anche nell’ottica dell’ottimo patto per il lavoro sottoscritto in Regione Emilia-Romagna”.

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