I ceri di Gubbio
La corsa dei ceri di Gubbio è strettamente connessa alla figura del santo vescovo Ubaldo Baldassini, che nel 1151 difese la città dall'assedio di ben undici città riunite in lega. La leggenda vuole che Ubaldo, dopo aver fatto tre volte il giro della città di Gubbio recitando salmi ed orazioni, sia salito sulla cima del monte e qui abbia disperso i nemici con la sola preghiera. Alcuni affermano che la festa dei ceri si cominciò ad affermare solo alla morte del vescovo, avvenuta tra il 15 e il 16 maggio 1160.In realtà l'origine della festa è più antica del 1160, risalendo, affermano gli studiosi, ad epoca precristiana. L'archeologo umbro Simone Sisani sostiene, infatti, che sia la celebrazione che il percorso dei ceri di Gubbio siano in contrasto con la tradizione cristiana. Il percorso non sembra, ad esempio, condizionato dalla presenza di edifici religiosi: esclude sia la cattedrale antica (che si trovava nella piazza in cui sorge la chiesa di San Giovanni), sia l'attuale duomo del XII secolo. La conclusione della corsa - sul monte Igino - mette in evidenza un'area che rivestiva un'importanza fondamentale addirittura in epoca preromana. Qui, infatti, sorgeva l'acropoli cittadina già nel V secolo a.C.. Le celebrazioni, descritte nelle Tavole Iguvine in lingua umbra, si svolgevano nell'antica Ikuvium e terminavano proprio sulla sommità dell'acropoli.
Ma non basta. L'attuale percorso urbano dei ceri è strettamente connesso con il perimetro della cerchia muraria della città nel II secolo a.C.. La partenza avviene nei pressi dell'arco di S. Marziale, le due soste presso la porta del Ponte Marmoreo e poco oltre la porta di San Giuliano. Questo percorso ricalca quello di un rito di purificazione descritto nelle Tavole Iguvine chiamato cerimonia piaculare. La prima parte del percorso urbano si svolgeva intorno alle mura, scandito da sacrifici effettuati sia all'interno che all'esterno delle tre porte antiche (la Trebulana, la Tesenaca e la Velia). Altri sacrifici erano realizzati fuori città, sulla cima dei monti Ingino e Ansciano, dove si trovavano i santuari sacri di Ikuvium.
Gli antichi riti si svolgevano "ponne oui furfant", vale a dire quanto si tosano le pecore. Varrone pone la tosatura tra l'equinozio di primavera e il solstizio d'estate. L'antica processione, così come ci è pervenuta dalle descrizioni, non comportava l'utilizzo delle tre macchine lignee che caratterizzano il percorso moderno e che pesano ben 300 chilogrammi. Si pensa che la festa pagana celebrasse un'antica divinità legata alla fertilità degli uomini, dal momento che i ceri alludono alla simbologia fallica.
I portatori di cero, detti ceraioli, hanno ciascuno appartenenza ad un solo cero o per libera scelta o per tradizione familiare. Al cero di S. Ubaldo sono legate le corporazioni dei muratori e degli scalpellini; a quello di S. Giorgio quella dei commercianti; al cero di S. Antonio i contadini, i proprietari terrieri e gli studenti. Con lo statuto del 1338, il Comune di Gubbio fissò come doveva svolgersi la corsa.
Sui ceri non possono essere raffigurate armi o insegne di associazioni, casate o singole persone diverse da quella del Comune