Berlino: An(tigo)ne viene accusata di falsa testimonianza perché afferma di aver portato via dall’Istituto di Anatomia il cadavere del fratello e di averlo sepolto nel cimitero degli Invalidi. Una pala e una carriola sottratte all’Università comproverebbero la sua dichiarazione, ma i becchini replicano di aver seppellito, fra gli altri, nella fossa comune, il corpo nudo di un giovane. Chi dice la verità? Il Generale, giudice del tribunale militare, tenta a ogni costo di salvare la vita della fanciulla fragile eppur coraggiosa di cui suo figlio Bodo è perdutamente innamorato. Ma perché un simile gesto? E quando e come Anne avrebbe trasportato e seppellito il cadavere dell’amato fratello? «Stese sul corpo il suo soprabito, lo sfiorò: il gelo del cadavere la fece impietrire; restò immobile per minuti, poi le lacrime la risvegliarono. Ora doveva coprirlo con la terra; fu presa da singhiozzi violenti, e guardò come si era ridotta: gambe, gonna, mani si erano completamente insozzate della terra umida. Riempì la tomba, senza mai riprender fiato. Solo quando, in ginocchio, riprese nuovamente a stendere l’erba, in un attimo di lucidità comprese che in fondo, dopo quell’incendio notturno, migliaia di persone se ne sarebbero andate in giro altrettanto sporche. Allora si calmò e continuò l’opera. Accuratamente stese la terra, quel che ne rimase la depose sotto i cespugli e premette forte con le mani il muschio». I gesti concitati, la paura, la guerra, il dolore: questo avrebbe raccontato a Bodo, nelle ultime righe scritte con mano tremante nello spazio ristretto di una cella dura e fredda, in attesa della fine. Poi, l’esecuzione: il capo rasato dei lunghi capelli biondi, un camicione a righe e un paio di sandali. Una vita spezzata con l’accusa di aver dato sepoltura a colui che era sangue del suo sangue. E altro sangue, e altre morti per rendere omaggio a un regime folle e fondato su leggi ‘umane’ lontane anni luce dalle leggi di Dio.
Questo il prezzo da pagare per una manciata di terra e coraggio? Questo il destino di coloro che hanno avuto l’ardire di andare contro? L’Antigone sofoclea porta il peso di una predestinazione; l’An(tigo)ne raccontata da Hochhuth, attraverso una prosa estremamente tesa e tragicamente toccante, porta unicamente il peso di un corpo al quale ha tentato di riservare, almeno nella morte, dignità e quiete. Lascio a voi, lettori, nel grigiore di questa giornata, il tentativo di far vostro un altro pezzo della grande storia, per non dimenticare e comprendere che anche il mito può condurci alla verità.
Alba Quarato
Rolf Hochhuth (a cura di Sotera Fornaro), L’Antigone di Berlino, Via del Vento Edizioni, € 4,00