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L’antinuclearismo: un colosso dai piedi d’argilla?

Creato il 12 aprile 2011 da Lorenzo_gigliotto

Il movimento antinuclearista, sfruttando l’impatto emotivo scatenato dalla tragedia di Fukushima, è cresciuto a vista d’occhio e oggi appare nettamente maggioritario non solo in Italia ma anche in Europa. Al di là di poche e coraggiose prese di posizione, ovunque ci voltiamo non ascoltiamo altro che prediche più o meno commoventi sui pericoli del nucleare e sulla sua presunta inutilità.
In un momento come questo, dove la paura ha preso il sopravvento sulla razionalità, appare piuttosto difficile riportare il discorso sui binari della scienza e della conoscenza.
Ma per fortuna, né l’una né l’altra possono fermare il proprio cammino e quando l’emozione scatenata dall’incidente di Fukushima sarà passata si potrà tornare a discutere sull’argomento in maniera più lucida.
Ed allora si potrà riflettere sul fatto che il terremoto e lo tsunami che hanno colpito il Giappone rappresentano un fatto così straordinario che progettare il nostro futuro in base a una simile eventualità vorrebbe dire, forse, rinunciare al futuro stesso.
Non solo. Abbiamo detto e ripetuto mille volte come le centrali di nuova generazione assicurino un livello di sicurezza elevatissimo e che, probabilmente, esse sarebbero uscite indenni anche da una catastrofe come quella giapponese.
Così come è stato più volte dimostrato che la scelta nucleare consentirebbe all’Italia di affrancarsi dalla dipendenza energetica da altri paesi, riducendo le bollette di ognuno di noi e diminuendo sensibilmente le emissioni di Co2 nell’aria.
Argomenti più che convincenti, che fino ad oggi si scontravano però con quella che possiamo chiamare “la madre di tutte le obiezioni”, ovvero la fatidica domanda “e le scorie?”.

Ebbene, il progresso scientifico sembra aver trovato la risposta anche per questo.
Un esperimento condotto alla Johannes Gutenberg Universität di Magonza ha dimostrato che l’argilla opalina è in grado di bloccare i movimenti dei materiali radioattivi anche per periodi di tempo estremamente lunghi.
Gli studiosi tedeschi hanno imbevuto di acqua radioattiva piccoli dischetti di argilla spessi poco più di un centimetro: dopo una settimana l’acqua era passata attraverso il dischetto, che invece tratteneva plutonio e nettunio. Nell’acqua così non rimaneva quasi traccia di radioattività: la percentuale di assorbimento da parte dell’argilla, in casi particolari di ossidazione del plutonio e del nettunio, ha sfiorato il 100%. Inoltre è stato verificato che queste particolari condizioni sono favorite durante il procedimento proprio dallo strato di argilla.
È dunque evidente come la ricerca continui a raggiungere risultati sempre più importanti per garantire a tutti un futuro davvero migliore.
E quando si potrà tornare a parlare di nucleare liberi dalle paure che hanno caratterizzato questo periodo, il colosso antinuclearista avrà sempre meno sostegni a cui appoggiarsi per restare in piedi. Che sono, appunto, di argilla.



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