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L’antipatia dei numeri uno: Ibrahimovic vs Balotelli

Creato il 14 novembre 2011 da Postscriptum

L’antipatia dei numeri uno: Ibrahimovic vs Balotelli

Venerdì 11 Novembre 2011.E’ la mezz’ora del primo tempo della partita amichevole tra Polonia ed Italia quando il centrocampista azzurro Claudio Marchisio recupera palla in mezzo al campo e serve il compagno Mario Balotelli, l’attaccante, a più di trenta metri dalla porta, lascia partire un destro morbido che si infila in rete scatenando un coro di ovazioni che si estende dalle gradinate dello stadio fino a tutte le trasmissioni sportive italiane nel corso dei giorni successivi alla protesta.

Giornalisti, opinionisti, o presunti tali, incensano la figura di Balotelli tributandogli belle parole a iosa e innalzandolo a bandiera della Nazionale Italiana per i prossimi campionati europei.
Peccato che fino a qualche settimana fa il nome di Mario Balotelli era associato alle sue malefatte, anche alle più personali e/o stupide da raccontarsi per mezzo stampa: gioca con i fuochi d’artificio, tira le freccette ai ragazzini, si scaccola davanti allo specchio, canta sotto la doccia e tante altre stupidaggini del genere.
E’ bastato un solo gol, il primo di Mario in Nazionale, in amichevole per far cambiare opinione agli integerrimi addetti ai lavori italiani, i primi, e troppo spesso i soli, a prendere di mira atteggiamenti e comportamenti dei calciatori verso i quali i tifosi nutrono lo stesso livello di interesse che avrebbero per un monologo di Berlusconi sulle proprie abitudini sessuali.

Chissa per quale arcano motivo a Mario Balotelli non è mai stato dato il beneficio del dubbio, non gli è mai stato concesso di essere un ragazzino con un contocorrente importante e magari con qualche piccola eccentricità che i riflettori e le telecamere hanno enfatizzato nel modo sbagliato. Stiamo parlando di un ragazzo di colore, seppur italiano, cresciuto nella periferia di Brescia, che a quanto mi risulta non brilla certo per la sua multi-etnicità, che ha trovato nel calcio un mezzo per riscattarsi dalle angherie verbali e fisiche altrui.
Il calcio è dunque diventato una valvola di sfogo per il ragazzo irrequieto, un ambiente in cui sentirsi apprezzato con un dribbling o un gran gol, un habitat artificiale in cui dimenticarsi di un infanzia irta di ostacoli spesso insormontabili, una rivincita in luogo di una vendetta. Dall’esordio al Lumezzane fino all’approdo al Manchester City, passando per un parentesi all’Inter, e quindi l’opportunità in Nazionale con Cesare Prandelli il calcio per Mario è stato più di uno sport o di un lavoro, è stata una vita, una nuova vita in cui era lui il protagonista e non la comparsa seduta in un angolo.

 

L’antipatia dei numeri uno: Ibrahimovic vs Balotelli

La storia di Mario Balotelli ricalca per molti versi quella di un altro grande calciatore che per comportamenti sopra le righe è universalmente riconosciuto: Zlatan Ibrahimovic.
Nei prossimi giorni uscirà nelle librerie italiane la biografia ufficiale del calciatore svedese, un mattone di quasi 500 pagine in cui l’asso del Milan si racconta e ci racconta senza censure.

 

Ibra parla delle sofferenze in una Malmoe che aveva poca simpatia per il sangue croato che scorreva nelle vene del giovane Zlatan, della fame e degli stenti, del desiderio di essere apprezzato dagli altri piuttosto che trattato come il bambino attaccabrighe dal nasone, della voglia di primeggiare fin da tenera età in abbozzati campetti facendo quello che gli riusciva meglio: giocare a calcio. I primi calci da professionista Ibra li da tra le giovanili del Malmoe, poi viene prelevato dall’Ajax prima di salire definitivamente alla ribalta con la maglie delle squadre più importanti d’Europa: prima alla Juve, poi all’Inter e quindi al Barcellona, tre esperienze formative nella vita del calciatore svedese che guidato da Capello e Mourinho raggiunge quella maturità professionale che lo porterà nell’estate del 2010 a trasferirsi a Milano, sponda rossonera, in cui vincerà il quarto scudetto della sua carriera.
Anche di Ibrahimovic, come per Balotelli, si parla spesso con fare accusatorio sottolineandone gli eccessi che, suo malgrado, non sono mai mancati nelle sue varie esperienze: le liti con Capello alla Juve e i malumori con Mourinho all’Inter sono stati solo un antipasto al turbolento rapporto che ha legato lo svedese a Pep Guardiola, rapporto che è stato ampiamente spiegato nella sua biografia e che negli ultimi giorni è stato più volte sviscerato dai giornalisti, ragion per cui sorvolerò sull’argomento.

Due ragazzi, due calciatori uniti nei comportamenti e nei modi di vivere il calcio, due uomini che fin troppo spesso si finisce per giudicare per quello che dicono e per quello che fanno senza curarsi di chiedersi chi loro siano veramente.
Giudicati, accusati e spesso giustiziati verbalmente in nome di un buonismo intellettuale che non riesce a vedere la bestia che Zlatan e Mario hanno nel cuore, un mostro che sonnecchia nell’ombra finchè qualcosa non lo fa scattare scatenandone tutta la rabbia.
Ingiustificati e ingiutificabili Ibrahimovic e Balotelli andrebbero forse analizzati solo per quello che sono: essere umani.


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