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L'antisemita razzista Cèline era un buono

Creato il 02 aprile 2014 da Stupefatti
L'antisemita razzista Cèline era un buono
di Leonardo Ruvolo, in collaborazione con Priski.it
Sto leggendo Céline in italiano, non rende l’idea, il suo stile, sconnesso, a volte sospeso, pieno di salti, meriterebbe la lettura in francese, però bisogna leggere, e quindi anche in italiano va bene, almeno per il momento. Un giorno in Feltrinelli, adesso non vado più neanche in Feltrinelli a cercare i libri, ho visto un librone, ultimamente mi piacciono i libri lunghi, 1000 pagine, Trilogia del Nord, pieno di note. Io amo i libri pieni di note, scoprire la storia della storia, i processi creativi, dettagli a volte insignificanti, rendono il libro più denso. È come se leggessi il libro disteso accanto a Céline, un cappotto lungo, perché i ricchi regalano sempre i cappotti dice lui, e il capello sporco da giorni che sta tutto indietro sfidando qualsiasi legge della gravità. Dicevo Céline, di lui tre cose mi hanno colpito, che esercitasse la professione del medico, il fatto che fosse un collaborazionista, e terzo il suo carattere a metà tra la misantropia e il vittimismo.
Il fatto che fosse un medico, mi ha dato molta speranza. Ha svolto la sua attività di medico durante tutta la sua vita, a prescindere dalla scrittura, prima a Parigi, poi lungo tutto il suo viaggio nel cuore dell’Europa, e a Meudon dove morì. Scrittore o medico? Quale il lavoro e quale il Beruf ( vocazione professionale)? Credo però che la medicina sia stata servente rispetto la sua opera letteraria, non riesco però a rispondere alla domanda cosa viene prima e cosa viene dopo. Venne tutto assieme, di medicina e fatti legati ai suoi pazienti ne sono pieni i suoi libri. Sapeva già, mentre stava scrivendo la sua tesi di laurea, di essere uno dei scrittori più importanti del novecento? Ne sono sicuro e il suo linguaggio ne è la prova. Del suo linguaggio è chiara la forza e la solidità, inventò una scrittura tutta personale e molto intima, che si caratterizza per l’uso continuo dei tre punti di sospensione, perché quando scrive, la sua scrittura descrive un pensiero parlato, molto intuitivo, che taglia come un machete convenzioni, borghesismi, falsità.
Céline collaborò con il terzo reich, professò delle idee antisemite e naziste, parlò di depurazione dello stato francese dall’ebraismo e dal capitalismo. Venne imprigionato per quattordici mesi, visse in clandestinità per alcuni anni, subì l’umiliazione dell’esilio. Sono i due lati della stessa medaglia, un calvario che gli provocò moltissima sofferenza e che riverso nelle sue opere in particolare Trilogia del Nord. Si può difendere le proprie idee e per questo essere considerati dei criminali? Si può essere dei criminali solo perché si crede in qualcosa di profondamente sbagliato, sbagliato secondo l’accezione di chi la storia l’ha scritta? Non sono qui per difendere le posizioni naziste e antisemite di Céline, perché proprio non le condivido, tuttavia credo e vorrei dimostrare che le idee non possono essere causa di punizione, a prescindere quali e che fatti queste idee incarnino. Le idee non sono fatti, le idee non sono azioni, sono di nessuna sostanza tattile, sono invisibili, eppure hanno la forza dei massi che rotolano da una montagna. La pena può essere inflitta solo a fronte di una condotta, non in relazione ad una disposizione dell’animo, ad un movimento della mente. Sicuramente le idee sono la base dei comportamenti, ma credete possiamo noi essere così lungimiranti e così previdenti da vietare il libero pensiero?
No, credo che le idee rivestano una posizione preminente rispetto alle azioni, e per questo non possono essere trattate alla stessa maniera. Tornando al fatto che Céline fu accusato di aver collaborato con il terzo reich, è questo l’unico appiglio che rimase per arrestare le sue idee, ma è pur vero che Mussolini finì a testa in giù in una piazza che qualche anno prima sarebbe stata piena di una folla acclamante. Il punto è che non possiamo usare la storia, per giudicare un uomo, non possiamo ammettere piroette giuridiche in virtù di contingenze giustizialiste più o meno fondate sulla necessità di dovere dare una risposta alla forte domanda di giustizia che mai si placa. Le idee, anche se non accettabili, non possono essere utilizzate per giustificare fucilazioni intellettuali sommarie. Un conto sono i fatti, ma le idee sono altra cosa. Per questo è giusto Piazzale Loreto. Assumendo che pensiero è linguaggio, e guardando al fatto che le idee di Céline le troviamo trasmutate in un linguaggio magnifico, accattivante, emozionante come fai a processare un linguaggio e le idee in esso incorporate?
Infine la misantropia e il vittimismo, sono due sentimenti che ho riscontrato in tutta la sua opera. Il primo non è un odio indiscriminato verso tutto il genere umano, ma è mirato verso una classe borghese incapace di vivere autenticamente. In Nord, secondo libro della trilogia, nelle prime trenta pagine descrive la peggior borghesia, militare e civile, tedesca collusa e pavida. Rifugiati presso l’hotel Brenner a Baden Baden, a pochi mesi dalla fine, a rimpinzarsi di caviale e sciacquarsi la bocca con il miglior champagne, ingannando il tempo, tentando la sorte nel casinò, facendo orge, ascoltando i pezzi dei migliori compositori dell’epoca, festeggiando i tentativi, sempre falliti, per fare fuori Hitler, per poi il giorno dopo pagarne le conseguenze. Affascinato e disgustato allo stesso tempo da un mondo di cui non faceva parte, ma del quale invidiava il benessere, la mancanza di preoccupazioni, l’appetito, i confort, i vestiti; la guerra insiste sui bisogni primari. Nel suo stile molto diretto attacca spesso e non usa parole gentili per i suoi editori, colpevoli a suo dire di tenerlo troppo negli scantinati. Se la prende con la resistenza francese, con Leclerc, con De Gaulle, con Sartre che ironicamente chiama Tartre. A volte risultando odioso, cercando di attirare su di sé giudizi negativi, cercando di ammantare la sua figura con un alone di malvagità che invece non possiede affatto: Céline è un buono. Lo testimonia il fatto che non si è mai sottratto al dovere di curare le vite umane, sempre dando maggior attenzione agli ultimi, ma anche a quelli che gli avrebbero potuto ricambiare il favore, magari con un visto per lasciare la Germania e approdare finalmente in Danimarca; cosa che accade ma non come lui se l’era prospettata, infatti venne imprigionato per quattordici mesi. Come fai a non sentirti vittima? Vittima di un sistema che fino al giorno prima ti celebrava e adesso ti disprezza?
Le idee sono dure e l’impatto con la società dovrebbe essere devastante, ecco perché credo che Céline sia un genio e non un criminale, e meriterebbe un posto nella letteratura mondiale molto più di alcuni campioni della moralità, o della resistenza, o di qualsiasi altro movimento che viene etichettato come buono. Perché spesso l’etichetta di buono o di umile nasconde la peggiore ipocrisia e la migliore falsità. Non posso che stimare un uomo che sul finire della sua vita si rifugiò in Meudon, piccolo comune vicino Parigi, sede non a caso di un importante osservatorio astronomico, e visse di stenti curando poveracci come lui e sacrificando la sua vita per dare corpo al suo pensiero, giusto o sbagliato che sia.
L'antisemita razzista Cèline era un buono

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