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La richiesta dell' Autorità Garante della Concorrenza di determinare la ripartizione dei diritti Tv tra le società di calcio secondo criteri meritocratici è solo uno degli ultimi tentativi in materia per garantire un maggiore equilibrio tra le società grandi e quelle medio-piccole, sovente penalizzate.
Tutto cominciò nel 1993 con l'ingresso nel mercato televisivo della prima pay-tv, Telepiù, che sancì la fine del monopolio Rai sul calcio.
La situazione rimase immutata anche negli anni seguenti, quando l'ingresso di Stream nel mercato generò un' asta al rialzo sui diritti televisivi. Fino a quel momento la cessione dei diritti televisivi avveniva secondo un sistema di negoziazione collettiva. Le società cioè conferivano delega alla Lega Calcio di contrattare la cessione dei diritti televisivi distribuendo le entrate tra le squadre.
In seguito però le principali società di calcio protestarono invocando il passaggio alla negoziazione individuale dei diritti Tv e l' Autorità Garante della Concorrenza fu chiamata a verificare se la vendita centralizzata di tali diritti potesse costituire un' ipotesi di restrizione della concorrenza. Nel sistema di negoziazione individuale sono le stesse società a negoziare la vendita dei proprio diritti televisivi riscuotendo la maggiora parte dei ricavi.
Il sistema individuale (o decentralizzato) entrò effettivamente in vigore nel 1999 con il decreto legge n. 15 varato da D' Alema.
Il provvedimento se da un lato consentì alle squadre di far propri cospicui introiti, dall' altro generò una distribuzione squilibrata delle risorse a favore dei club più grandi contribuendo ad aumentare il gap tra questi e i club più piccoli, che persero di competitività.
I presidenti dei club così penalizzati protestarono fortemente richiedendo una più equa ripartizione delle risorse e il ritorno al sistema di contrattazione collettiva dei diritti televisivi. La richiesta fu accolta dal legislatore con il D. Lgs 9 gennaio 2008, n. 9.
A oggi quindi il sistema vigente di contrattazione dei diritti televisivi è quello collettivo, imperniato su un criterio di ripartizione delle risorse che fa riferimento ai risultati storici a partire dalla stagione calcistica 1946/47 e al bacino di utenza dei club.
E proprio tale criterio è finito nel mirino dell' Antitrust che postula criteri di ripartizione meritocratici che premino maggiormente il merito sportivo. I profitti dei club, afferma il Garante, «sono strettamente dipendenti dalla competizione sportiva, nel senso che nell'ipotesi in cui questa sia più intensa, in virtù di un maggiore equilibrio tra le squadre, i fruitori dell'evento sportivo avranno certamente maggiore interesse ad acquistare il bene, rappresentato proprio dall'evento sportivo». (FONTE: EVENTIQUATTRO). Inoltre per garantire una maggiore imparzialità sarebbe opportuno che sia un soggetto terzo a provvedere alla ripartizione delle risorse.
Che la sopravvivenza stessa del calcio italiano sia in pericolo?!?!? Chissà....
E' bene ricordare, a tal proposito, che l' Italia è il paese in Europa maggiormente dipendente dai diritti televisivi che rappresentano circa il 60% degli introiti complessivi.
PER SAPERNE DI PIU': Infografica: diritti televisivi Serie A
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