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L’anziano nella comunità umana e religiosa

Da Agueci

Posizione non secondaria ma nucleare

È un periodo della nostra vita non meno importante della restante parte. Normalmente con il termine ‘anziano’ si pensa alle persone che sono in età prossima al termine della vita media degli esseri umani, che hanno capacità rigenerative limitate e sono più esposti a disturbi di carattere psichico, a sindromi e malattie rispetto agli adulti. Spesso il termine si associa a senilità, vecchiaia, età avanzata, terza età: è certamente un’età diversa da quella adulta ed è una fase del percorso antropologico naturale. Il vocabolo, che proviene dal latino anteanusantianus (a sua volta deriva da antea “avanti”), è usato per indicare qualcosa che ha un tempo prolungato rispetto ad altri che ne hanno meno, chi ha più dignità e autorità; si parla così di più anziano tra categorie di giovani, di esperienza in un ufficio, in un plotone militare, di studenti rispetto alle matricole. Nella Chiesa cattolica e nelle confessioni riformate si parla di anziano con riferimento al presbitero (dal greco πρεσβύτερος, presbýteros, ‘più anziano’; dal latino presbyter da cui deriva il termine italiano prete) ed è chi presiede nella comunità e si pone come intermediario tra Dio e il suo Popolo.

L’essere anziani non è mai da confondere con l’essere vecchi, mentre questa è, infatti, una colpa, intesa come deviazione dalla retta via, l’anzianità è una qualità necessaria che va preparata: Chi non ha fatto nulla - cita un detto - per non invecchiare è colpevole della sua vecchiaia. È più importante far capire agli adulti che da anziani raccoglieranno ciò che hanno seminato piuttosto che non intervenire con azioni di tamponamento a vecchiaia raggiunta: È più produttivo insegnare alla gente a invecchiare bene, piuttosto che assistere persone invecchiate male! Afferma Henri Amiel che «Saper invecchiare è il capolavoro della sapienza, e uno dei più difficili capitoli della grande arte di vivere».
La solitudine, ad esempio, (si può soffrire sia a quarant’anni e sia a settanta) è una condizione che deve essere eliminata da giovane: chi non ha saputo investire parte del suo tempo a mantenersi giovane e a preparare il futuro, non può recriminare, poi, di essere stato abbandonato; è un esercizio continuo che va coltivato nel trovare interesse per la vita attraverso le sue svariate forme di espressione: artistica, culturale, hobbistica, etc. L’anziano-vecchio è spesso tale perché non ha seguito l’evoluzione dei tempi, non ha curato per tempo la sua salute, non ha avuto interessi e ora non ha un “oggetto d’amore” stabile su cui far convergere la propria attenzione per sentirsi vitale: non ha più nulla da dire e da fare e nulla d’apprendere. Un adulto che non sa gestire bene la sua vita sarà un vecchio precoce, indipendentemente dall’età. Dice Jean Cocteau che «Si può nascere vecchi, come si può morire giovani». È importante, allora, avere forza di volontà e investire energie per avere una vita meravigliosa, aspettando la vecchiaia non come una condanna ineluttabile ma un tempo opportuno. Cita l’aforisma di un anonimo: «Non mi dispiace invecchiare. E’ un privilegio negato a molti».
Come invecchiare bene? Ritardare il decadimento fisico e psichico e sdrammatizzarlo, avendo rispetto di se stessi e curando la propria vita. In pratica, per curare la salute propria occorre: non fumare, non bere eccessivamente, non abusare dei farmaci, riposarsi per un tempo equo e mai più del necessario, fare un controllo periodico con le analisi. Curare l’alimentazione e non essere mai in sovrappeso. Svolgere attività fisica per tenere il corpo in allenamento ed elastico. Essere autosufficienti più a lungo possibile e non dipendere dagli altri (familiari compresi). Avere degli interessi, non perdendo mai la voglia di conoscere e di agire, dando così un senso alle proprie giornate. Frequentare persone che lo rendano sempre giovane, non perdendo mai la voglia di andare al passo con i tempi. L’immobilismo, la non attività fisica e intellettuale, atrofizzano l’essere umano e lo pongono in una condizione di inferiorità e di retroguardia rispetto agli altri, in una parola lo rendono vecchio.

Sotto il profilo giuridico italiano, l’anziano giacché persona, è soggetto di diritto. Egli è un grande patrimonio per tutta intera la società, non solo perché è la sintesi di una memoria storica di una nazione ma perché forma una risorsa umana attiva, offre un contributo di energie e di esperienze di cui la società può avvantaggiarsi. Afferma un proverbio africano: «Un vecchio che muore è una biblioteca che brucia».
L’art. 3 della Costituzione enuncia il principio di giustizia sociale quando dice che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli economici e sociali e tutto ciò che impedisce lo sviluppo integrale della persona umana in tutte le fasi della sua esistenza. Nell’art. 2 si dice che è compito della Repubblica «riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si sviluppa la sua personalità, e richiedere l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». La libertà di partecipazione allo sviluppo della società è inderogabile e richiede pieno accrescimento dei diritti del cittadino per contribuire al bene comune. Anche in merito alla salute, l’art. 32 afferma che la Repubblica «tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti».

Nella Scrittura antica gli anziani sono i capi famiglia e diversi capi formano la tribù. Quelli di una stessa città formano il consiglio responsabile con il compito di dirigere e amministrare la giustizia (Dt. 19), per questo sono chiamati capi, responsabili. Dio sceglie persone anziane come Sara e Abramo (Gen. 11, 29ss.), Zaccaria e Anna (Lc. 1) per i suoi progetti. La vecchiaia è vista come dono di Dio, «corona del giusto» (Pr. 10, 27),  «I giusti nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi» (Sal. 92, 15), come Tobia (Tb. 14, 2). L’A.T. esorta a rileggere la propria vita con quel supplemento di saggezza che essi hanno acquisito col trascorrere degli anni: «Alzati davanti a chi ha i capelli bianchi, onora la persona dell'anziano e temi il tuo Dio. Io sono il Signore» (Lv. 19, 92). Nella Nuova Alleanza è chi ha un ruolo di responsabilità nella comunità, alcuni formano il Sinedrio. Gesù ha rispetto per gli “anziani” e per l’autorità costituita. Manda i dieci lebbrosi ai responsabili del popolo «Andate a presentarvi ai sacerdoti» (Lc. 17 ,13) perché verificassero la loro guarigione. L’onore da rendere all'anziano è strettamente connesso al quarto comandamento: «Onora tuo padre e tua madre». L'apostolo Paolo esorta a Timoteo: «Non riprendere duramente un uomo anziano, ma esortalo come fosse tuo padre; i più giovani come fratelli; le donne anziane come madri e le più giovani come sorelle, in tutta purezza» (1Tm. 5, 1-2).

Nell’Apocalisse fanno parte della corte di Dio in cielo, come espressione del popolo di Dio. Il Concilio Vaticano II, nella Gaudium et spes, esorta a garantire sussistenza e dignità umana a chi «in ragione della malattia e dell’età, si trova in particolare difficoltà» (n. 66).

Nonostante quanto detto esiste una categoria debole di anziani, sia fisicamente e sia psichicamente, vittime spesso di abusi esterni, per questo occorre un’educazione e un intervento continuo perché i loro bisogni e i loro diritti siano rispettati. Sono necessarie politiche che li tutelino come parte fruttifera nel contesto sociale, civile, culturale, valorizzando la loro professionalità con servizi socialmente utili o, se non sono autosufficienti, rispettare tutti quei loro diritti enunciati dalla Fondazione “E. Zancan” nella Carta dei Diritti: «Alla vita e alla identità personale intesa come rispetto globale del suo vissuto, delle sue esigenze e aspirazioni; alla libertà: personale, di domicilio, di movimento, di corrispondenza, di pensiero, di professione religiosa, di opinioni politiche, affettiva, sessuale; alla informazione e alla partecipazione; al nome, alla immagine, alla riservatezza, all’onore, alla reputazione; alla salute, come prevenzione, cura e riabilitazione, a domicilio e in strutture sanitarie, ospedaliere e non ospedaliere, con trattamento individualizzato e rispettoso della sua personalità; al mantenimento e all’assistenza sociale»[1].

Non dimenticarsi che il principio dell’assistenza di un anziano, che spesso vive in uno stato di fragilità, deve tener conto prioritariamente dell’offerta di strumenti di autosufficienza per vivere una vita dignitosa e del mantenimento, per quanto possibile, nel contesto familiare e se questo non è possibile che si nomini un «pubblico tutore». La chiave, comunque, del far vivere bene un anziano in “giovane età” o in età avanzata, sia esso autosufficiente e non, è sempre l’amore, che vuol dire attenzione, premura, ascolto (lasciando che si racconti), compagnia, rispetto, etc. creando un’empatia con lui, per farlo sentire ancora parte integrante della società e non un peso, una zavorra da eliminare al più presto possibile perché innocua. Un’altra ricetta favolosa è saper portare gioia nella vita dell’anziano, coinvolgendolo in attività ludico-ricreative. Riporta un aforisma anonimo che «Non si cessa di ridere diventando vecchi; si diventa vecchi quando si cessa di ridere». E il dialogo tra giovani, anziani e vecchi non sia mai troncato ma si alimenti quotidianamente, anche se, a volte, in un solo senso, per ridare vita e speranza a chi l’ha perduta.

Così una società riconosce il valore dell’essere umano, ne apprezza lo status e lo accompagna fino alla fine dei suoi giorni senza buonismi e senza pietismi ma, come si tratta qualcosa o qualcuno che ha valore inestimabile e grande autorità, si faceva con gli eroi di guerra, si fa con chi ha dato un contributo all’umanità per i loro meriti e le loro scoperte, si deve continuare a fare per ogni essere umano che, in quanto tale, è un continuo miracolo della creazione. Una società che non apprezza l’anziano: dimentica il proprio passato, non vive correttamente il tempo attuale e non educa le nuove generazioni, non pone le basi per una futura società umana equilibrata.

SALVATORE AGUECI


[1] Centro Studi e Formazione Sociale Fondazione Emanuele Zancan, Lineamenti per una Carta dei diritti dell’anziano non autosufficiente, Padova, p. 1.

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