L’appartamento
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Immagine: Wikipedia
Il film cult di cui voglio parlare questa settimana è ambientato sempre nel periodo natalizio, sempre in bianco e nero ed è probabilmente una delle pellicole più belle della storia del cinema, che travalica i generi. Adorabile è il termine giusto, anche se non rende abbastanza l’idea di cosa sia questo capolavoro (per altro vincitore di cinque Oscar – tra cui Miglior Film, Miglior Regia e Miglior Sceneggiatura Originale – e altri svariati premi come la Coppa Volpi a Venezia per la Migliore Attrice).
Mi riferisco a L’appartamento di Billy Wilder del 1960. È la storia del contabile C.C. Baxter (Jack Lemmon), impiegato presso una grossa azienda nella quale è soltanto un numero. Per riuscire ad entrare nelle grazie dei dirigenti ed avere una promozione (nonché perché è un tipo solitario), presta loro il suo appartamento durante le scappatelle notturne. In una di quelle notti vi troverà Fran Kubelik (Shirley MacLaine), amante proprio del suo capo Jeff D. Sheldrake (Fred MacMurray) e ascensorista nel palazzo dell’azienda, quasi in coma per un tentativo di suicidio (amoroso). Il caso vuole che Baxter abbia una cotta per lei da tempo e il conoscerla meglio in quelle condizioni non farà che aumentare il suo amore nei suoi confronti. La simpatia è ricambiata, almeno sembra, ma Fran sta ancora male per il fedifrago Sheldrake e Baxter stesso non gli vuole più prestare l’appartamento (per gelosia e protezione nei confronti di lei). A quel punto dovrà fare una scelta. Che Miss Kubelik sia dalla sua parte?
Ingegnoso, sincero, con una delle sceneggiature più belle mai scritte (dallo stesso Billy Wilder e I.A.L. Diamond, suo fedele collaboratore), con dialoghi mordaci e situazioni surreali e paradossali, è un film sulla solitudine (e sulla malinconia che si diffonde durante le feste. Emblematica la scena in cui Lemmon balla con una donna anziana mezza ubriaca al bar) e sotto sotto sull’amore che può tutto. “Sotto sotto” perché Wilder non si spinge mai oltre, perché potrebbe benissimo essere una commedia sentimentale, ma non lo è. È molto di più. Fa una critica sulla società che non considera l’esigenza del singolo, che rende tutto un cliché e per questo è un’opera molto, molto triste, a dispetto delle situazioni e di alcuni momenti divertenti (Lemmon che scola gli spaghetti con la racchetta da tennis. Famosissima) ed altri pieni di tenerezza.
By Billy Wilder / United Artists / Mirish Corporation (DVD with the film and the trailer) [Public domain], via Wikimedia Commons
Jack Lemmon è un Baxter perfetto, con quei suoi tic, il suo raffreddore (che prende perché passa le notti nel gelo di Central Park), il suo essere timido e goffo. Shirley MacLaine è meravigliosa: spiritosa, dolcissima, carismatica. Impossibile non innamorarsi della sua Miss Kubelik. È sicuramente uno dei ritratti femminili più belli che siano stati portati sul grande schermo. Poi tutti e due hanno un’alchimia fin dai primi secondi insieme e sembrano fatti apposta l’uno per l’altra, si completano sia come attori che come personaggi. Sì, perché, in fondo, Miss Kubelik e C.C. Dexter sono due persone sole ed insoddisfatte. Degli adorabili perdenti che hanno saputo accettarsi per quello che sono dopo aver tentato in tutti i modi di cambiare la propria sorte.
Perché guardare L’appartamento? Mi pare che i motivi di cui sopra siano abbastanza esaustivi. Non è una commedia, non è un film sentimentale, non è un film drammatico. È un film intelligente, garbato, che offre notevoli spunti di riflessione. Spesso molti si lamentano che non faccia ridere nonostante i presupposti. La verità è che non deve far ridere. Non solo, almeno. La vita ha i suoi paradossi che possono essere comici (e Jack Lemmon e Shirley MacLaine sono attori con indole comica tra l’altro) ma possono essere altrettanto drammatici. E Wilder mette in scena una storia realistica, per quanto creata a tavolino e con toni sarcastici. E poi i due protagonisti sono irresistibili (tanto che lavoreranno di nuovo insieme, sempre sotto la direzione di Wilder, in un altro cult: Irma la dolce del 1963). E il finale è forse il più sorprendente che si potrebbe avere in una pellicola del genere. Ovviamente – ricordiamoci di A qualcuno piace caldo – termina con una battuta e con una scena simpatica e tenera al contempo, non troppo scontata (come si potrebbe pensare in un primo momento) e soprattutto non melensa e sdolcinata.
Che altro dire? Guardatelo, riguardatelo – insomma, recuperatelo – e lasciatevi trasportare dalla storia.
Ring-a-ding-ding! (Come dice Miss Kubelik durante il party di Capodanno con l’odioso Sheldrake).
Buon anno a tutti voi lettori!
L’appartamento
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