Gli ultimi mesi del 2014 sono stati contraddistinti da una serie d’importanti accordi bilaterali e summit che hanno coinvolto Russia, India e Cina. Secondo diversi analisti internazionali, la “tessitura” dei rapporti con i due Paesi asiatici da parte di Mosca rappresenta un’ulteriore esemplificazione del processo di trasformazione del sistema globale unipolare a guida statunitense a uno di tipo multipolare.
Una chiave di lettura per analizzare i motivi alla base dell’approccio russo verso Cina e India considera le difficoltà emerse nell’ultimo anno con l’Unione Europea e gli Stati Uniti, complicazioni legate alla questione ucraina. Tuttavia, è necessario soffermarsi anche sugli interessi strategici di medio-lungo periodo dei Paesi coinvolti. Malgrado l’attuale instabilità dell’Europa orientale e del Medio Oriente, Pechino e Nuova Delhi giudicano la Russia come un partner affidabile con il quale è fondamentale continuare a commerciare. Il dialogo sino-russo è in crescita dalla metà degli anni ’90, mentre la relazione strategica dell’India con Mosca è erede di quella stabilita con l’Unione Sovietica durante la Guerra Fredda. Inoltre, non va sottovaluto il fatto che Russia, India e Cina siano già attivamente cooperanti in altri ambiti multilaterali, come il forum dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), e abbiano la possibilità di sviluppare nuove piattaforme di cooperazione politica, economica e militare, ad esempio all’interno dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (OCS). In questo senso il triangolo strategico Russia-India-Cina (RIC), tenute in debita considerazione le difficoltà nelle relazioni indo-cinesi caratterizzate allo stesso tempo da cooperazione e competizione, può dunque trovare nuova linfa e rappresentare un importante modello di dialogo nel nuovo sistema multipolare mondiale.
Il rafforzamento della cooperazione russo-cinese
Per quanto concerne la stretta relazione che si sta delineando tra Cina e Russia è possibile considerare i recenti accordi energetici, fermo restando che il graduale rafforzamento della cooperazione tra i due Paesi è in atto da circa due decenni dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Si può sostenere che il rapporto russo-cinese si basa su tre pilastri, punti chiave della stessa politica estera cinese: ossia pace, cooperazione e sviluppo ai quali si può aggiungere “beneficio per entrambi” o “win-win strategy”.
L’elemento chiave caratterizzante il miglioramento dei rapporti bilaterali dello scorso anno è stato nel maggio 2014 l’accordo dal valore di 400 miliardi di dollari riguardante la pipeline Power of Siberia che prevede l’invio da parte russa di 38 miliardi di metri cubi di gas. La vendita non inizierà nell’immediato poiché i giacimenti nella Russia orientale necessitano di miglioramenti infrastrutturali, così come le condotte di collegamento devono ancora essere installate. Tuttavia, in base agli accordi l’invio di gas naturale sarà operativo a partire dal 2018.
Lo scorso novembre Pechino e Mosca hanno siglato anche un memorandum d’intesa per la rotta occidentale che potrebbe garantire alla Cina ulteriori 30 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno. La conseguenza più importante di questi accordi è la potenziale trasformazione della Cina nel più grande consumatore di gas russo. Un aspetto da non sottovalutare in una considerazione di medio-lungo periodo è il fatto che la Cina potrebbe diventare la principale destinazione delle risorse energetiche russe, superando di fatto l’Europa; nel 2012 le esportazioni russe di gas naturale verso il Vecchio Continente erano pari a 66 miliardi di dollari e rappresentavano più del 10% del totale delle esportazioni russe. La Russia nella diversificazione delle proprie esportazioni troverebbe nel mercato cinese una valida alternativa all’Europa, mentre quest’ultima dovrebbe trovare nuove risorse, come ad esempio lo shale gas proveniente dagli Stati Uniti riducendo la propria dipendenza energetica dalla Russia.
Allo stesso tempo, esiste un importante vantaggio per Pechino poiché riceverebbe le risorse via terra. Si tratterebbe di un considerevole cambiamento dell’approvvigionamento energetico cinese, dato che attualmente le risorse energetiche destinate alla Cina sono trasportate via mare attraversando lo Stretto di Malacca, controllato dagli Stati Uniti, e passando per aree caratterizzate da tensioni e dispute territoriali (Mar Cinese Meridionale e Orientale).
Diventando un fondamentale partner energetico della Cina, la Russia entrerebbe in competizione con gli Stati Uniti visto che il territorio cinese rappresenta una delle piazze più vantaggiose per le esportazioni statunitensi di gas naturale liquefatto (GNL). Il settore energetico rappresenta il comparto nel quale si potrà sviluppare maggiormente la cooperazione russo-cinese: per esempio, la Rosneft ha offerto una quota del 10% alle autorità cinesi nel progetto di sfruttamento congiunto del giacimento petrolifero di Vankor in Siberia orientale, la terza più grande filiale onshore della Rosneft. Questo accordo rappresenterebbe ad oggi la più grande partecipazione di capitale cinese nell’industria petrolifera onshore della Russia. Inoltre, sarà offerta una rappresentanza alla Cina nel Consiglio di amministrazione dello stesso progetto, mentre Mosca avrebbe offerto la vendita di petrolio dal sito di Vankor alla Cina con pagamenti in Yuan, una mossa che rappresenterebbe una sfida al sistema internazionale del dollaro e al suo ruolo di valuta di riserva a livello mondiale.
La Cina punta agli investimenti nel comparto infrastrutturale asiatico avendo come ambizioso obiettivo la creazione di una complessa rete di ferrovie ad alta velocità, condotte, porti e cavi di fibre ottiche che possano unire le città cinesi agli Stati confinanti e oltre; in questo caso basti pensare all’importanza strategica della Silk Road Economic Belt da sviluppare attraverso l’Eurasia e la 21st Century Maritime Silk Road attraverso Mar Cinese Meridionale e Orientale e gli Oceani Pacifico e Indiano. Questi progetti dispongono della potenzialità di unificare l’Europa all’Asia-Pacifico. Alcuni di questi progetti si trovano già in fase di realizzazione nei Paesi dell’Asia centrale, ma l’intenzione cinese è quella di creare ulteriori collegamenti con la Russia, l’Iran, il Medio Oriente, la Turchia, il Subcontinente indiano e l’Europa.
L’attuale scenario politico asiatico, considerati questi progetti infrastrutturali della Cina, è dunque contraddistinto dal consolidamento della cooperazione strategica tra Russia e Cina, fattore emerso con chiarezza al termine dell’ultimo incontro tra i Paesi dell’APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation), ospitato da Pechino (10 – 11 novembre, 2014). Questa cooperazione strategica è stata ulteriormente enfatizzata dalla successiva visita del Ministro della Difesa russo Sergey Shoigu a Pechino pochi giorni dopo il summit dell’APEC.
Da tutti questi incontri e dai successivi accordi emerge la prospettiva di un’alleanza strategica basata su comuni interessi economici, militari, politici ed energetici al fine di condividere sviluppo e stabilità nella regione dell’Asia-Pacifico. Questa cooperazione potrebbe apparire in un certo senso anche come una risposta politica nei confronti del contenimento posto dalla NATO verso la Russia e del Pivot statunitense finalizzato al riequilibrio di potere nell’Asia-Pacifico. Le preoccupazioni di Washington sono connesse alle tensioni nell’Europa orientale e agli sporadici scontri diplomatici per il controllo economico del Mar Cinese Meridionale e Orientale.
Pechino osserva favorevolmente i risvolti economici derivanti dalla propria cooperazione con la Russia. La situazione internazionale e le preoccupazioni legate alla propria sicurezza strategica hanno posto le condizioni per un rafforzamento della collaborazione tra Cina e Russia, in modo tale che Mosca difenda i propri interessi e Pechino mantenga un bilanciamento di poteri a livello globale. È possibile che questa relazione possa ulteriormente rafforzarsi, rendendo i due Paesi interdipendenti e capaci di collaborare anche in altri settori (agricolo, aerospaziale, difensivo e information technology).
Russia e Cina dispongono già di un consolidato rapporto commerciale dal valore approssimativo di 100 miliardi di dollari e allo stesso tempo la Cina potrebbe supportare Mosca ad affrontare gli effetti delle sanzioni occidentali sulle proprie finanze. Pechino continuerebbe a investire in obbligazioni russe, oltre a fare investimenti diretti. La Cina si trova attualmente nella posizione di poterlo fare, vista la disponibilità di riserve di valuta estera (superiore al momento a 4.000 miliardi di dollari). Inoltre, come dimostra la citata visita a Pechino del Ministro della Difesa russo Shoigu la collaborazione russo-cinese potrà rafforzarsi anche in altri versanti come ad esempio in ambito militare per le comuni preoccupazioni relative al Pivot to Asia statunitense. Come annunciato dal Ministro russo nel 2015 ci saranno comuni esercitazioni navali non solo nel Pacifico, ma anche nel Mediterraneo.
Si tratta di una precisa strategia russa di medio-lungo periodo volta a lasciarsi alle spalle la cooperazione con l’Europa e gli Stati Uniti oppure è solamente una tattica nella ricerca di un rasserenamento dei rapporti con l’Occidente? È più che probabile che la Russia valuti il rafforzamento della propria partnership con Pechino come un’utile alternativa al rapporto con l’Europa, ma anche per controbilanciare il ruolo statunitense nell’Asia-Pacifico. Tuttavia, l’intero scenario presenta diverse chiavi di lettura, vista l’interdipendenza economica tra Washington e Pechino. Le tensioni tra Russia e Occidente possono però essere sfruttate a proprio vantaggio dalla Cina. Considerato l’intero quadro, un altro punto da considerare è il fatto che la Cina non intende interrompere le proprie relazioni con Washington arrivando a una rivalità strategica tra blocchi tipica del periodo della Guerra Fredda. La complessità delle relazioni sino-statunitensi è evidente, visto il valore della cooperazione economica e le comuni preoccupazioni rivolte a diversi problemi di carattere globale (terrorismo islamico, il futuro dell’Afghanistan, la questione del nucleare iraniano e gli accordi sul riscaldamento globale). L’attuale contesto globale non è caratterizzato dalla presenza di blocchi ideologici contrapposti, ma può piuttosto essere descritto come un sistema multipolare in evoluzione caratterizzato da centri di potere interdipendenti con un ruolo significativo per i Paesi asiatici.
La conferma della sinergia tra India e Russia
Dopo la Cina, Mosca potrebbe guardare ad alcune alternative all’Europa per le proprie esportazioni di gas naturale, considerando un rafforzamento delle relazioni con Giappone, Corea del Sud e India.
Nel caso specifico dell’India, il patto energetico sino-russo potrebbe essere seguito da una cooperazione nello stesso ambito tra Mosca e Nuova Delhi. Narendra Modi, il nuovo Primo Ministro dell’India in carica dallo scorso maggio 2014, sta tentando di migliorare le relazioni dell’India con diversi attori globali e regionali, come ad esempio Stati Uniti, Cina e Giappone. La Russia è un altro importante storico partner, al quale l’attuale governo indiano guarda con profonda attenzione in un contesto internazionale in rapido mutamento. Allo stesso tempo è grazie a Vladimir Putin che dalla fine degli anni ’90 la partnership strategica russo-indiana ha avuto nuova forza dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Una relazione energetica più forte tra India e Russia cambierebbe radicalmente gli equilibri politici del continente asiatico. Questo tipo di cooperazione potrebbe essere focalizzata maggiormente sul gas naturale e in particolare nell’importazione da parte dell’India di GNL, malgrado siano necessari miglioramenti infrastrutturali sia in Russia che in India. Dal momento che l’India dispone di limitate riserve di gas naturale, si tratterrebbe per Nuova Delhi di una concreta opportunità per diversificare il proprio approvvigionamento energetico, una mossa necessaria al fine di supportare la crescita economica e venire incontro alla domanda interna di risorse energetiche. Inoltre, la cooperazione energetica potrebbe coinvolgere anche il petrolio russo.
Tuttavia, ci sono una serie di problematiche di carattere politico che potrebbero influenzare negativamente la cooperazione energetica indo-russa. La crisi tra Russia e Occidente rappresenta un aspetto controproducente per l’India e il previsto incrementare delle sanzioni occidentali contro Mosca collegate alla situazione ucraina potrebbe condizionare l’attività di alcune compagnie pubbliche indiane aventi interessi con controparti russe, come ad esempio la Oil and Natural Gas Corporation Limited (ONGC), la Gas Authority of India Limited (GAIL) e la Bharat Petroleum (BP). Gli interessi della ONGC nei confronti dei giacimenti di scisto bituminoso in Siberia potrebbero essere penalizzati a causa delle sanzioni contro Mosca poiché queste rendono maggiormente problematica la cooperazione con le compagnie statunitensi impegnate nel progetto. Washington dallo scorso settembre 2014 ha infatti vietato le attività di esplorazione e produzione nei previsti progetti collegati allo scisto in Russia. Questa situazione problematica potrebbe essere controproducente per le attività dell’ONGC perché la compagnia indiana aveva appena siglato un accordo con la controparte statunitense Liberty Resources per lo sfruttamento dei giacimenti di scisto a Bazhenov in Siberia, un progetto che potrebbe essere ora interrotto. La ONGC ha anche una partecipazione pari al 20% nel progetto Sakhalin 1 in Russia e ha avviato una trattativa con la Rosneft per una partecipazione in due giacimenti petroliferi della Siberia orientale. La compagnia indiana potrebbe valutare delle alternative per le programmate trivellazioni nel giacimento di Bazhenov. La GAIL, il più grande distributore nazionale di gas, ha recentemente siglato diversi accordi con alcune controparti statunitensi. Per esempio è possibile citare l’intesa con la WGL per l’acquisto di 2,5 milioni di tonnellate di gas per i prossimi vent’anni. La stessa GAIL potrà dunque riscontrare delle difficoltà nel caso di accordi con compagnie russe; la Gazprom ha da poco proposto l’invio di GNL russo in India.
Se è pur vero che l’India dispone di altre compagnie pubbliche che non hanno sviluppato degli accordi al di fuori del Subcontinente e che potrebbero beneficiare di un’effettiva cooperazione energetica indo-russa, gli Stati Uniti osservano negativamente gli sviluppi delle relazioni tra Nuova Delhi e Mosca. Washington ha pubblicamente espresso il proprio disappunto all’indomani del positivo 15° summit bilaterale indo-russo tenutosi lo scorso dicembre 2014 a Nuova Delhi, sostenendo che questo particolare periodo non è un buon momento per “fare business con Mosca come al solito”.
Nuova Delhi non ha approvato le sanzioni occidentali contro la Russia, ma allo stesso tempo non ha ancora riconosciuto la Crimea come parte integrante del territorio russo, malgrado si sia rifiutata di criticare pubblicamente Mosca. In questa particolare congiuntura sta emergendo chiaramente l’intenzione indiana di mantenere una sostanziale autonomia strategica e una difficile posizione bilanciata nel proprio approccio rivolto a Stati Uniti e Russia. Nonostante ciò, è altrettanto chiaro che Washington abbia utilizzato nel passato e continuerà ad utilizzare le sanzioni ad attività commerciali legate al settore energetico come uno strumento politico per isolare gli avversari (per esempio l’Iran nel passato per la questione nucleare e la Russia oggi per la situazione ucraina), pressando i propri alleati (per esempio l’India) a interrompere le proprie attività commerciali con questi Stati antagonisti, i quali, secondo il calcolo strategico di Washington, devono modificare la propria politica. Il caso iraniano di pochi anni fa è emblematico: Nuova Delhi supportò le sanzioni contro Tehran in seguito alle pressioni statunitensi, inficiando la tradizionale buona cooperazione indo-iraniana. Se è vero che in quel caso le sanzioni ebbero il consenso delle Nazioni Unite e che l’India si oppone a sanzioni di tipo unilaterale (caso russo), non va certamente sottovalutata l’irritazione statunitense nei confronti dei tentativi dell’India volti a rafforzare le proprie relazioni con la Russia.
All’ultimo summit bilaterale indo-russo i due Paesi hanno siglato venti accordi – sette di tipo governativo e tredici commerciali – inclusa una visione strategica per una cooperazione pacifica nell’uso dell’energia atomica. In sintesi, gli accordi hanno riguardato il settore energetico, i campi della tecnologia e dell’innovazione e hanno promosso un impegno di largo respiro nelle attività commerciali, considerando l’utilizzo di monete nazionali per il commercio bilaterale. Secondo le dichiarazioni di Vladimir Putin, la Russia supporterà l’India nella costruzione di dodici centrali nucleari dopo i positivi risultati collegati al progetto della centrale di Kundankulam (Tamil Nadu) e la compagnia petrolifera Rosneft avvierà l’invio di dieci tonnellate di petrolio all’anno. Le autorità russe si sono offerte di costruire direttamente in India uno dei più avanzati elicotteri russi e velocizzeranno l’implementazione del progetto congiunto per la realizzazione di un jet da combattimento di quinta generazione. La Russia intende inoltre partecipare al piano per il Corridoio Industriale Delhi-Mumbai e facilitare il processo di adesione dell’India all’OCS. Tuttavia, il commercio bilaterale è in declino ed è pari a 11 miliardi di dollari; per un confronto, il commercio bilaterale indo-cinese si attesta intorno ai 70 miliardi, mentre quello russo-cinese ha un valore di circa 100 miliardi. In questo senso, sono stati avviati negoziati per promuovere un accordo di libero scambio tra l’India e l’Unione Eurasiatica che potrebbe rappresentare una misura adatta a dare un concreto impulso al commercio bilaterale. È inoltre importante che il progetto del Corridoio di Trasporto Nord-Sud (riguardante Russia, India e Iran) sia efficacemente implementato viste le intenzioni volte alla creazione di una rete di commerci che possa integrare l’Asia meridionale, l’Iran, l’Asia centrale e la Russia. La distanza geografica tra India e Russia è significativa, ma l’ultimo summit bilaterale ha mostrato la volontà di superare questa particolare difficoltà. L’idea di base è rendere qualitativamente migliore questa cooperazione, osservando anche il quadro internazionale e supportando una sicurezza collettiva, bilanciata e inclusiva nell’Asia-Pacifico con la considerazione dei legittimi interessi di tutti gli Stati della regione guidati dal rispetto del diritto internazionale.
Narendra Modi ha recentemente affermato l’importanza e la priorità assegnata a Mosca nel calcolo strategico di Nuova Delhi, rivendicando il fatto che la Russia rimarrà il principale partner dell’India nel settore della difesa. Il governo indiano è dunque interessato a rafforzare la cooperazione con la Russia, malgrado le sanzioni sponsorizzate da Washington. Tuttavia, è importante sottolineare il fatto che Modi è intenzionato ad implementare le relazioni militari anche con gli Stati Uniti – il principale partner nel settore delle importazioni di armi durante i recenti anni del governo di Manmohan Singh – nonostante non sia al momento possibile sostituire il ruolo ricoperto dalla Russia. Allo stesso tempo Mosca sta osservando al Pakistan, che potrebbe diventare un partner militare della Russia. Un altro aspetto è che l’alleanza strategica russo-cinese potrebbe essere vista con preoccupazione da Nuova Delhi: le tecnologie e i sistemi russi sono ora esportati anche verso la Cina, non solo in India; un’ascesa cinese, se percepita dagli Indiani a proprio svantaggio, potrebbe trasformare l’equilibrio di potere asiatico spingendo l’India verso gli Stati Uniti.
Nonostante tutto ciò, l’India sembra interessata a promuovere una forte cooperazione con la Russia, che potrebbe essere uno dei Paesi maggiormente attirati dalla campagna governativa “Make in India” lanciata da Modi, volta ad accelerare la crescita economica del Paese e in particolare supportare il settore manifatturiero indiano attirando investimenti diretti esteri. In questo caso la natura della cooperazione indo-russa potrebbe trasformarsi da una struttura di tipo acquirente-consumatore a un sistema contraddistinto da una produzione congiunta.
Il recente incontro tra Putin e Modi, così come i summit e gli accordi tra le autorità russe e cinesi sono particolarmente importanti per il periodo in cui sono avvenuti, pochi mesi dopo l’avvio di un nuovo governo in India e con lo spettro di una “Nuova Guerra Fredda” tra Occidente e Russia, malgrado l’utilizzo del termine “Guerra Fredda” al fine di analizzare l’attuale difficile momento nelle relazioni russo-statunitensi non sia totalmente corretto.
Ci sono diverse aspettative da parte della Russia nei confronti del governo Modi, valutato come un nuovo corso che possa favorire un rafforzamento della partnership indo-russa. Diversi segnali vanno in questa direzione, così come allo stesso tempo è più che probabile un’alleanza strategica con la Cina, considerando diversi settori che supportano l’idea di una cooperazione congiunta. L’ordine mondiale è in cambiamento e i Paesi occidentali dovrebbero tenere in considerazione la complessa rete di relazioni coinvolgenti Russia, India e Cina e altri Stati asiatici. Queste potenze regionali non sono più solamente portavoce di un mondo emergente che richiede considerazione in un sistema internazionale anacronistico, se si considera per esempio le aspirazioni indiane e cinesi indirizzate alla riorganizzazione dell’amministrazione di Nazioni Unite, Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale. Inoltre, Russia, India e Cina non sono solamente protagonisti di forum multilaterali come il BRICS o il G-20, ma sono già attori proponenti profonde relazioni bilaterali tra loro e portatori di un potenziale nuovo sistema di pagamenti nel commercio internazionale che prevede l’utilizzo di valute nazionali; una mossa che può modificare il futuro equilibrio di potere. Queste sono chiare esemplificazioni dell’emergere di un ordine mondiale multipolare.