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Approfittando di qualche giorno di ferie sono andato a visitare L’Aquila. L’idea è nata al tavolino di un pub parlando con un mio amico. Ci interrogavamo sul contrasto tra le proteste degli aquilani a Roma (che le hanno pure prese dalla polizia) e le notizie che i telegiornali davano sulla ricostruzione post terremoto. Dopo qualche perplessità e un paio di birre ci è venuta la brillante idea di andare a vedere con i nostri occhi lo stato della città a un anno e mezzo dal terremoto.
Ebbene, il motto “immota manent” riassume purtroppo quello che si può vedere.
La gran parte del centro storico è a tutt’oggi transennata e definita come “zona rossa” cioè inaccessibile. L’80% dei palazzi visibili sono stati puntellati e così sono rimasti. Non c’è quasi nessun cantiere aperto che faccia presagire una ricostruzione. Il corso principale (praticamente l’unica via del centro aperta) è presidiato dall’esercito. In compenso a un anno e mezzo di distanza è possibile vedere ancora delle macerie, come è possibile vedere le transenne dove una volta sorgeva la casa dello studente utilizzate come muro del pianto.
Ma la cosa più angosciante è camminare a L’Aquila. Il silenzio è una presenza. Sentire il rumore dei propri passi in un centro storico di una città è inquietante. Il passeggiare senza che ci sia un bar aperto mette a disagio. La sensazione è quella di camminare in una città fantasma, dove non incontri nessuno per strada, ti senti solo in mezzo a silenti edifici in rovina. Il “non rumore” mi ha accompagnato per tutto il tempo della mia visita. Una costante insieme a transenne, crepe e buchi nei palazzi che alla fine del “tour” ti fanno sentire il cuore più pesante di quando sei arrivato.
Risalito in macchina assieme ai due amici che erano con me, vi assicuro che per un po’ nessuno di noi aveva una gran voglia di parlare, nonostante fossimo in vacanza.
Ora so che se l’emergenza in un qualche modo è stata gestita, la ricostruzione non è mai partita e non so nemmeno se partirà. Ora capisco le proteste e il dolore degli aquilani nel vedere la loro bella città abbandonata, come se fosse stata giudicata irrecuperabile.
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