6.4.2009
Dopo tre anni, la situazione è questa:
Qualche gru, qualche camion, qualche impalcatura, ma sostanzialmente è ancora tutto fermo. La voglia di riappropriarsi delle vie e dei luoghi si limita al serpentone della movida, che si snoda e attorciglia per strade disegnate dai puntellamenti e dai tubi Innocenti, compressa e costretta dagli stessi elementi che ne garantiscono la sicurezza. Fisiologico, anche se non giustificabile, che qualche volta il fiume rompa gli argini. Quella sera, poche ore prima del big band, via Cavour, via Sassa, piazza San Biagio, brulicavano delle anime della movida, ignare della fine di una vita che sarebbe stata scritta da lì a poco. È stata l’ultima volta che le narici si sono riempite dei profumi e dei fumi; che le orecchie hanno ascoltato le risate, le grida, le ordinazioni al bar. Da allora soltanto la polvere delle macerie e i pochi ordini di lavoro.
«L’Aquila tornerà a volare», ma quando? Quando potrà riprendere il volo che, solo due anni fa, sembrava possibile e non solo auspicabile? La fotografia, da tre anni, è sempre la stessa: le gonne appese alle grucce degli armadi spalancati nelle case sventrate, i libri caduti da scaffali in bilico sul vuoto, le canottiere, stese ad asciugare su fili tesi, che sventolano su montagne di detriti. Presto la governance non sarà più della struttura commissariale, passerà agli enti locali, come pegno e impegno, ma non come garanzia di svolta e successo. Ci sono ancora novemila aquilani in autonoma sistemazione, persone che si sono arrangiate e hanno acceso la polemica su un mini condono per le casette che hanno potuto costruire nel giardino dell’abitazione crollata. Ce ne sono quattromila. E, con l’attesa sanatoria, rischiano di diventare una ferita in più sul territorio. Per le autonome sistemazioni lo Stato paga ancora 100.000 euro al giorno. Il conto è salato. Per le sole abitazioni periferiche si dovrebbero spendere 1.524 milioni di euro. E almeno il doppio per quelle del centro. Ma L’Aquila vale il prezzo, solo che si naviga a vista e resta una rissa continua, estenuante, sul «cosa fare dopo», travasata dalle campagne elettorali per le provinciali, per le europee e oggi per le comunali. Di qua la destra, di là la sinistra. Di qua Gianni Chiodi, di là Massimo Cialente. Volano solo gli stracci. Se tre anni sembrano pochi…