Lei è Cristina e sta dormendo, vorrebbe soltanto evitare di sognare.
Se la guardi da lontano non riesci a capire, se ti fermi a parlare ti racconta una storia.
Si mangia le unghie e ti parla, si sistema i capelli e respira di fretta, ti guarda indecisa, prende la mira e poi spara. E scaglia parole come sassi contro i vetri di una chiesa, e ti dice che lei ha scelto di essere folle, che se la compatisci si incazza, che il suo male lo ha cercato, amato e fortemente voluto. E con due occhi nerissimi sorride e racconta che “non si sfugge alla propria follia sforzandosi di agire come la gente normale” e te lo dice mentre ti guarda la bocca, per non incrociare il tuo sguardo, perché se la guardi negli occhi rischi di vederli davvero quei giorni passati allo specchio, quei pranzi non fatti, che ad ogni chilo in meno si sentiva più forte, che non era mai abbastanza ciò che aveva. O forse, semplicemente, era troppo.
Se la guardi negli occhi la vedi bambina, su una spiaggia a settembre a guardare aquiloni, e la vedi a dieci anni e ne riconosci lo sguardo, tiene in mano un pupazzo e si morde le labbra. Se la guardi negli occhi lo vedi quel giorno, il momento esatto in cui ha deciso di avere un riflesso diverso, l’attimo preciso in cui ha scelto di non essere più trasperente e per farlo doveva solo scomparire. Solo un po’.
Se la guardi negli occhi lo capisci il desiderio che aveva, un desiderio di perfezione, la voglia disperata e normalissima di essere notata, che ogni sguardo in più era una vittoria, ogni sorriso rubato una boccata di vita. Se la guardi davvero le vedi le ali, che due braccia leggere sono quasi d’impaccio, che per volare via dalla vita non serve poi molto, basta volerlo davvero.
E lei te lo dice di aver scelto il suo male, che non si sente una vittima dei suoi giorni allo sbando. Che era come un regalo vedersi bella e sicura. Quasi onnipotente.
Se la guardi negli occhi lo vedi ancora che è rimasta sospesa, sta lassù e ti guarda e cammina sul filo, con il suo equilibrio di passi sicuri, con le scarpe di tela e il vestito più chiaro a coprire i suoi diciassette anni e i trentasette chili. Ed era tutto perfetto.
Se la guardi la vedi la sua ossessione strisciante, le ha distorto i pensieri, un dolore dolcissimo che ti accarezza con la lingua di un cobra, che ti cura e ti tradisce e non rinuncia a donarti complimenti e veleno. Che ti nutre di illusioni e intanto lei ti mangia l’anima, che ti porta verso un peso che non esiste facendoti innamorare alla follia.
Se la guardi negli occhi lo vedi che è caduta da quel filo, che c’è sempre una soluzione alla fine di tutto. Anche quando tutto è già finito. Lo vedi che è stata cacciata dal suo paradiso, che qualche angelo le ha strappato con forza le ali, ché se voli ad oltranza rischi davvero di non atterrare mai più.
Lo capisci che è stata in luoghi dove esiste solo l’inverno, che ha visto galere senza sbarre, che certi muri se li porterà per sempre nel doppiofondo dell’anima. Una contrabbandiera di specchi, fili sospesi, ali di carta. E aquiloni.
Lei è Cristina e se la guardi adesso non lo diresti che stava scomparendo, ti parla ed è bellissima, anche se non aspetta principi, la guardi e proprio non te la immagini chiusa in bagno con due dita in gola a vomitare yogurt e paure, in giro tra la gente a ridere per dispetto. Ma lei te lo dice di essere una ragazza anoressica con un corpo sano in prestito, che non è morta, lei è restata, senza però esserci mai veramente. Che a pensarci è come morire. Lei è restata ma non sa dove andare.
Te lo dice che ci sono ancora giorni d’inferno in cui cerca disperatamente le sue ali e gesticola e parla e te lo dice, che non si pente delle sue scelte sbagliate.
Ha bisogno di innamorarsi, ne ha bisogno davvero, ma questo non te lo dirà mai, perché certe emozioni la spaventano a morte, è la voglia inspiegabile di prendersi cura di qualcuno, il desiderio incostante di donare sospiri. Lei vuole amare e incazzarsi, strappare baci e camicie, fare l’amore e annoiarsi, lei vuole Breva e Tivano, vuole carezze e rancori e giorni pieni di vita.
E se la guardi negli occhi lo capisci che è ancora su quella spiaggia. Ed ha di nuovo sei anni. Anche se non te lo dice.
Lei è Cristina e sta dormendo, quando si sveglia avrà trent’anni, non ha bisogno di volare, chiede solo di non sognare. E di inseguire un aquilone.
La bellezza non è che il disvelamento di una tenebra caduta e della luce che ne è venuta fuori. (Alda Merini).
La canzone non poteva che essere questa: Superchick – Courage.