Non immaginatevi il nord Sardegna delle coste paradisiache con l’acqua cristallina. No! “L’arbitro”, diretto da Paolo Zucca, è ambientato in montagna, in un entroterra eterno rimasto immutato durante i secoli, un luogo che ogni sardo conosce per i suoi silenzi e le linde vedute.
La seconda realtà è il campionato di terza categoria con due squadri rivali, Montecrastu e Pabarile, che mostrano la passione verso il gioco del calcio e nello stesso momento il lato oscuro del giocatore.
È sagacemente sottolineato l’odio tra i vari personaggi, odio generato da parole di uso comune, da brevi filastrocche che compaiono più volte, come ad esempio la scena nella quale la squadra Montecrastu si riscalda correndo sul campo e, che per incitarsi inneggia la sua superiorità screditando la squadra avversaria (“Pabarile matti, Pabarile tonti, Pabarile brutti, etc…”).
Oppure in ben due scene aventi come protagonisti Jacopo Cullin e Geppi Cucciari nel quale appare un detto del luogo del tipo: meglio morire a casa che aver uno di Montecrastu sulla porta.
Sottobanco, ma enfatizzato da uno scenario naturale di estrema bellezza, compare un personaggio enigmatico seduto sulla punta di una montagna, che come una pizia greca aspetta i viandanti per riferire ciò che sa.
Due giocatori si recheranno dall’uomo pizia, due cugini che presi dall’ira cadranno nell’errore della vendetta, ed il sangue lava sempre altro sangue.
Contrapposto al mondo maschile, il mondo femminile è compatto e risolutore. Questo aspetto si concretizza in un’anziana signora vestita di nero che, al pari del deus ex machina, innesta interventi che portano alla risoluzione della difficoltà.
Trama in breve con spoiler
La squadra del Pabarile, allenata dal cieco Prospero (Benito Urgu), ha perso tutte le partite del girone di andata del campionato sino all’arrivo di Matzutzi (Jacopo Cullin), emigrato in Argentina da piccolo ed ora di ritorno dopo la morte del padre.
Jacopo era il vicino ed il fidanzatino di Miranda (Geppi Cucciari) quando viveva in Sardegna, e nuovamente in patria si reca subito dalla bella per dichiarare il suo amore immutato.
Intanto un altro broglio si stava svolgendo negli alti vertici del calcio, Stefano Accorsi è tratto in inganno dalla sua superbia e segue le direttive del responsabile nazionale degli arbitri. Ed a causa del suo errore, Stefano beccherà la punizione di dover arbitrare proprio la finale tra Montecrastu e Pabarile.
L’impronta nera è la morte di Pietro per mano di suo cugino e questo non è il solo riferimento cristiano dichiarato nella pellicola (“L’ultima cena” raffigurata dal Pabarile, il crocifisso nel fischietto di arbitraggio di Stefano Accorsi).