di Adriana Bonomo e Gabriella Marčelja
“Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita.”
Dante Alighieri, La Divina Commedia
Buio totale. Il suono ripetitivo delle gocce sul suolo umido riecheggia nei cunicoli sotterranei. La rapina è fallita e i tre banditi, muniti di una mappa del sottoterraneo, stanno cercando invano una via d’uscita dall’oscura galleria nella quale sono capitati fuggendo dalla polizia. Non riescono a localizzarsi sulla mappa. I cellulari non danno segnale. Gli orologi hanno smesso di funzionare. Girano a destra, poi a sinistra e dopo ancora una volta a destra e a sinistra… non importa dove vadano, quale cunicolo imbocchino, si ritrovano sempre in una biblioteca piena di libri. O forse erano tante biblioteche, tutte diverse, ma simili al contempo?
Inizia così L’Archivio in scena al Teatro dell’Orologio di Roma dal 12 al 17 febbraio e poi in tourneè in tutta Italia.
Attraverso ricordi e regressioni e stati d’animo, Claudio Morici, Corrado Scalia e Fabio Chi accompagnano alla scoperta della loro storia e del senso del limbo di questo paradossale ed enigmatico mondo sotterraneo.
«Dovete capire se volete uscire!» dice Nanni prima di lasciare i tre uomini perduti alle proprie riflessioni. Una sceneggiatura che invita i protagonisti, e il pubblico insieme a loro, a riflettere sulla vita e sul coraggio.
Nel quotidiano dilemma tra la risolutezza nell’essere coraggiosi e il coraggio di essere vigliacchi, le vite sul palcoscenico non sono così lontane dalla realtà.
L’impiegato, il tassista e il professore. Mario, il ‘capo’ riflessivo dal portamento misurato, Franco impulsivo e testardo e Gigi parodia di una stupidità forse apparente. Personaggi ordinari che, proprio perchè stanchi dell’ordinario, decidono di intraprendere l’impresa.
Avevano tutto sotto controllo. Erano padroni assoluti della situazione. Erano muniti di pistole mentre i loro visi erano coperti con delle calze nere per non farsi riconoscere. Avevano chiesto i soldi e stavano per darglieli. Quel giovedì dovevano scapparare col bottino e iniziare finalmente una vita degna di chiamarsi tale, ponendo fine al mero sopravvivere. Sembrava una rapina ben escogitata. Pensata. Perfetta.
L’azione che riscatta l’uomo dal suo ordinario sembra però fallire, sprofondare nella ‘biblioteca delle fogne’. Anzi non una biblioteca. L’Archivio.
Ma, in fin dei conti, cos’è l’archivio? Un’oasi sperduta nei mille cunicoli sotteranei? Una metropolitana fuori uso? Un sogno?
La sceneggiatura non poteva trovare habitat migliore dei sotterranei del Teatro dell’Orologio di Roma, in cui suoni e odori sono parte integrante della scenografia.
Sprofondati fra libri dai caratteri indecifrabili e le storie mai scritte, i tre protagonisti sono guidati dal Custode virgiliano dell’Archivio – la cui nobile flemma è sapientemente intepretata da Nanni Candelari – e dai delicati e aggraziati passi di Beatrice Fazi, nella veste di Sofia, attraverso questo viaggio dantesco.
Un viaggio riflessivo e spirituale, reso dinamico da dialoghi incalzanti e sarcastici, ma che qualche volta risultano ripetitivi. Una storia che ben interpreta l’inquietudine dell’inerzia e la commedia della vita. Una sceneggiatura interiore, al confine tra l’onirico e l’ultraterreno. Un invito a pensare al personale percorso di vita col sorriso, a decifrare i caratteri di un libro che solo lo scrittore può leggere, e a chiedersi a quale pagina siamo noi del nostro libro.
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