Magazine Diario personale

L’aria del lavapiatti parte II

Creato il 26 agosto 2014 da Elgraeco @HellGraeco

fingers

Tempo di riallestimento, come qualunque attività destinata a riaprire in autunno. Ma anche un post personale, che per riassumere, potrebbe definirsi così:

mai credersi fighi, e mai affidarsi alla malinconia dei ricordi

Perché i ricordi sono dei figli di puttana. Sono ingannevoli, adornano i fatti di sfumature ideali e di lusinghe. Sono mentitori.

Ma andiamo con ordine.
Nelle prossime settimane, al dio di internet piacendo, dovrei:

a) pubblicare un’antologia di racconti di fantascienza distopica
b) pubblicare l’ebook di Cavour il Cacciatore (di Vampiri)
c) fare un restyling (di tutti i miei account)
d) riunire parte del mio lavoro di scrittore, nella fattispecie ciò che concerne l’universo narrativo di Due Minuti a Mezzanotte Darkest (#2MMDarkest), in un sito unico, in fase di progettazione (sarà figherrimo, fidatevi)

Ecco, il motivo di riflessione è arrivato proprio lavorando al punto d, ovvero il sito di 2MMDarkest, per il quale mi ero messo in testa di creare una serie di bannerini, sapete, quelle icone carine a indicare categorie, serie narrative, etc…

Tutto contento, ho rispolverato fotosciòp e mi sono messo a pasticciare, ricordando il primo consiglio di un amico grafico (per davvero): non usare i filtri. I filtri sono il biglietto da visita del dilettante.

 

Risultato, dopo averli mostrati in privato al socio Giordano alias Giuda? Una merda.
Solo che lui è gentile e non si è espresso in questi termini.
Al che, li ho visti, i miei bannerini, per la prima volta con sguardo disincantato. E il risultato era veramente una merda.
Una merda tipo così:

bannerBB

Mentre questo, decisamente più bello, è quello fatto da Giordano, che vi svelo in anteprima:

AyZ6Cvf

(per la cronaca, sono i banner di categoria dedicati a “Le avventure di BB“, QUI su Amazon, il primo dei quali, OGGI, in promozione GRATUITA)

E quello dedicato a Lollipop era pure peggio:

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Avete capito in che senso? Bene, potete togliere le mani dagli occhi.

Ora, c’è da fare un piccolo preambolo.
Ero bravo in disegno.
Ma sul serio, eh. Nel mio palmares c’è anche un terzo posto di una mostra interscolastica (licei e scuole superiori). E il mio elaborato non era affatto male.
E poi da ragazzo ci sapevo fare con gli acquerelli e con le matite.
Poi ho lasciato perdere tutto. Perché, riguardo le arti grafiche, ho avuto sempre una lacuna fatale: la mancanza di disciplina.
Per disegnare ci vuole disciplina, tecnica, pazienza e studio.
Cose che, presumibilmente, occorrono in ogni campo dello scibile.
Cose che, negli anni, ho implicitamente dedicato solo ed esclusivamente alla scrittura. Forse per non seguire le orme di papà, che coi pennelli ci dava sotto di brutto, per disinguermi.
Sia come sia, avevo dei ricordi di un passato artistico affatto glorioso, ma se non altro promettente.

Sapete la storia dell’andare in bicicletta? Che non si dimentica mai?

Be’, scordatevela.

Diciamo che non prendo una matita in mano da quasi diciott’anni. Se provo a disegnare un volto (e un tempo, sul serio, i volti erano la mia specialità, per disegnare una pupilla ci mettevo un’ora o due), esce fuori un picasso, tutto sproporzionato. E non ho nemmeno la scusa della variante prospettica, o quella dell’ “impressione”.
Se provo a disegnare un corpo… ecco, meglio non provarci.
Se provo a disegnare un banner con fotosciòp…
Mi sono accorto di aver smarrito persino la capacità intuitiva degli accostamenti, delle sfumature.
Le idee… quelle continuano a essere grandiose e ambiziose. La resa invece è oscena.

Mai confidare nei ricordi, quindi.
Mai considerare una qualunque disciplina come andare in bicicletta, perché si finisce, alla prova dei fatti, col fare la figura del fesso; arrogante, per di più, se per caso spacciate il vostro lavoro convinti di aver fatto una cosa grandiosa.
Meno male poi che ci sono gli amici, quelli veri, che ti dicono che, se proprio hai un’aria particolare, non è certo quella dell’artista, ma del lavapiatti.
E, lo sapete, io per i lavapiatti ho un debole.


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