È il riposto illuminato, né febbre né languore sul letto o sul prato.
È l’amico né ardente né debole. L’amico.
È l’amante né tormentosa né tormentata. L’amante.
L’aria e il mondo non cercati. La vita.
Rimbaud
Mi fa piacere segnalare intanto qui un libro piccolo piccolo incontrato per caso in libreria appena la settimana scorsa e acquisito per il suo valore, dal Fondo Librario, di cui presto e finalmente sarà online sul sito, la lista di tutti i libri catalogati e disponibili alla consultazione. L’autore del libro è Gabriel Bounoure (1886-1969) critico e orientalista francese, fondatore dell’École des letteres di Beirut. Le pagine di Bounoure, schiudono su un punto di vista critico decisamente ameno. Un punto di vista che mi pare si liberi naturalmente di molti orpelli analitici che spesso coincidono con veri e propri inciampi verso la comprensione delle idee di un critico, invece che del testo poetico che quello vorrebbe analizzare. Nel primo brevissimo saggio intitolato Piccolo contributo al mito di Rimbaud, Bounoure assume una posizione politicamente scorrettissima, ossia spiega l’ultima parte della vita di Rimbaud, quella in cui il poeta ha già rinunciato definitivamente alla poesia, attraverso la voce dello stesso Rimbaud, personificandolo. E fino qui nulla di nuovo, ma l’effetto è disarmante e efficacissimo se la scrittura critica, come in questo caso, ha in sé una forza icastica pari alla poetica cui si rivolge. Facendo leva su una scelta molto precisa di alcuni vocaboli e immagini dell’altro, il critico in questo saggio qualifica un narrato in prima persona proveniente dalla commistione del dato biografico con il riposto presente in ogni poetica, carpito però, non attraverso il proprio bagaglio nozionistico, ma attraverso la rielaborazione di alcuni enunciati provenienti dai versi e dalle prose del poeta.
Un tempo avevo costatato che ogni immagine era sospetta. Ecco perché quel mistagogo che fui, l’ordinatore della grande festa delle immagini, aveva rinunciato a quei cortei, a quei trionfi di una fugacità colpevole che non mi interessavano più, – “i mostri, i misteri”. E contemporaneamente smettevo di credere alla maturità orgogliosa della scienza che mi aveva fatto dubitare dell’infanzia. Ora mi illudo di avere trovato il vero cammino, tra “la delizia sovrumana delle sottrazioni”e il nudo movimento di un pensiero che sfugge ai simboli. p. 14
Non ci sono maestri ma a volte raramente un circolo di spiriti che uniti, con amore e confidenza nella stessa ricerca, trovano sul cammino ciò che non appariva loro quando erano isolati. La spiegazione alla quale penso da tempo, ma che non sono ancora in grado di formulare in modo chiaro e soddisfacente, è che l’oggetto della loro comune ricerca li cercava. Noi troviamo quando quello che cerchiamo ci cerca. p.40, Bounoure da una lettera a Salah Stétié
0.000000 0.000000