Si tratta di una costellazione di dimensioni relativamente contenute: occupa infatti poco più della metà del vicino Toro. Le sue stelle sono tuttavia abbastanza appariscenti, L’Ariete si individua con facilità poco ad ovest delle Pleiadi e a nord della grande costellazione della Balena.
La costellazione diventa visibile nel cielo serale alla fine dell’estate boreale (settembre) e resta visibile per tutto l’autunno e l’inverno, fino al mese di marzo.
il Sole entrava fra queste stelle all’equinozio di primavera nei duemila anni prima della nascita di Cristo.
Erano stati gli egiziani i fautori e creatori del culto dell’Ariete, segno molto importante per loro perché culminava quando la stella Sirio sorgeva determinando il tempo dell’alluvione benefica del Nilo.
Indicativo è il viale trionfale a Karnak, formato da due ali di decine e decine di sfingi di granito con la testa di Ariete, che conduceva al tempio di Amon-ra, il supremo dio solare del pantheon egizio, raffigurato con corna di Ariete su una barca processionale.
E’ nella mitologia greca che noi troviamo la simbologia più ricca e pertinente al significato archetipico dell’Ariete: la storia del Vello d’Oro e l’impresa degli Argonauti.
Frisso, figlio di Atamante, re di Beozia, sofferente per le persecuzioni che riceveva dalla matrigna Ino, invocò l’aiuto di sua madre Nefele, che gli offrì un Ariete il cui vello era tutto d’oro, con questo egli avrebbe dovuto fuggire. Frisso fugge con la sorella Elle in groppa all’ariete alato. Ma durante lo straordinario viaggio Elle si addormenta e abbandona la presa precipitando in mare.
Frisso raggiunge la Colchide e sacrifica a Zeus l’ariete dal Vello d’Oro.
In questo grande mito, diversi simboli psicologici sono riferibili al significato astrologico: in particolare possiamo vedere la sorella Elle come l’immagine dell’Anima di Frisso, il suo femminile, da salvare nel processo di separazione dal femminile materno divorante (la matrigna Ino). Frisso si salva ma perde la componente femminile, fa prevalere il tratto maschile egoico ed istintuale ai danni dell’Io. Il Vello d’Oro rimane quale espressione del desiderio, fissato all’archetipo, di avventura ed evasione.
Il mito di Frisso praticamente continua con il mito degli Argonauti.
Un figlio di Poseidone, Pelia, re di Iolco, promette a Giasone di restituirgli il trono usurpato, a patto che egli avesse riportato in patria le spoglie dell’ormai morto ma mai sepolto Frisso insieme al Vello d’Oro che ora si trova nel sacro bosco di Ares, appeso ad una quercia sorvegliato notte e giorno da un drago che non dorme mai, ed è diventato così famoso che non appena si presenta un pretesto per conquistarlo, la migliore gioventù greca si riunisce in uno dei viaggi più famosi dell’antichità.
Giasone accetta, sceglie i volontari più audaci per la pericolosa impresa e parte per la Colchide con la nave Argo, da cui il nome di Argonauti.
E qui la storia si complica e si infittisce di difficoltà, pericoli e prove a non finire per il povero Giasone che, dopo numerose peripezie, accetta, più volte, l’aiuto magico di Medea, sacerdotessa di Ecate, a cui però promette, in cambio dell’aiuto eterno amore. Medea guida gli Argonauti al recinto sacro di Ares, e con un ulteriore incantesimo permette a Giasone di dominare il drago e di impadronirsi del Vello.
Come, credo tutti sanno, il mito ha la sua conclusione nella tragica fine del rapporto tra Medea e Giasone, con la maga che per vendicarsi dell’abbandono dell’eroe uccide figli.
Il coraggio, il rischio, le virtù guerriere emergono nella figura di Giasone, esprimendo una tipica valenza arietina, ma come Frisso scinde la sua anima, egli riesce nelle imprese ma con l’aiuto magico di una donna!! La sete di potere e di affermazione del maschile si identifica con un tratto dell’Anima, Medea proietta il suo Animus in Giasone.
L’impulsività impedisce all’Ariete di prendere atto che l’affermazione ottenuta con ogni mezzo impedisce la trasformazione di sé.
Il costo psicologico della trasformazione e del viaggio verso libertà e la ricerca di se stessi, è un grande sacrificio, anzi il loro sacrificio.
Il mito del Vello d’Oro si ripete nell’Esodo: è il sacrificio dell’Agnello ebraico, cioè la Pasqua cristiana ( anch’essa sotto il segno dell’Ariete) nella quale Gesù, agnello di Dio, si sacrifica per la salvezza del mondo.
L’Ariete è il segno zodiacale che conduce alla presa di coscienza dell’ambiente circostante mediante le primarie funzioni dell’Io: immediate, istintive, rapide ed intense.
A tutti buona Pasqua
Maddalena