CINQUE POESIE DI LUCIANNA ARGENTINO E TRE FOTO DI MARISA IOTTI
per gentile regalo delle autrici
Aritmia
Accanto a te s’adagia
la nostalgia della parola
oltre l’aspirazione a dire
sentimenti convergenti
sui quali accordarci
per questo tratto di strada.
Eppure a situazioni estreme
non sempre s’accordano
estreme soluzioni,
sintesi di reciproca latitanza
su questo teatro un po’ stantio.
L’aritmia del cammino
mantiene i nostri fianchi sconosciuti
e l’addio sarà il sopraggiungere
d’improvvisa stagione
lungo cui non ingannerò il destino
nel seppellire i reconditi antefatti
di quando non so più dove guardare
e confondo l’orizzonte con la mia mano.
***
Preludio
L’attimo serale
fiammeggiò l’attesa
e il desiderio si mostrò penombra
di parole in bilico
su sguardi clandestini
scambiati in un preludio
di quadro incompiuto
dove, approssimati per difetto,
siamo bianco su bianco.
Darei la vita e altro a chi mi chiedesse con grazia e nel chiedere disvelasse se stesso a una risposta che abbia altrove la sua certezza. Non qui, in questa innata abitudine al tempo negata a chi si sperpera ed è sempre in eccesso, pronto alla caduta, al morso della verità attinente a quanto accade perché sia necessario il vizio di un dire senza destino, se il mio è quello di cavarmi dal cuore parole che cercano dubbi e sciolgono il disagio in una liquidità d’inchiostro che si fa pazienza, svelata disobbedienza al tradimento di Pietro.
E vincitrice m’arrendo a questo spazio compiuto nella libertà del gesto addossato alla pagina, del pensiero trafitto dalla penna, perché masticata da un poco d’ira e di benevolenza sento menzognero chi nega che il mio nome ora non sia solo un nomignolo in attesa di dire di me più di un respiro di consonanti e vocali. Ora che vivo di inediti e abito la parola il cui corpo è aratro sulla mia pelle e lascia solchi profondi dove germoglia l’attesa e la gramigna dell’assenza attecchisce ma non pregiudica la qualità del raccolto.
Inespugnato rimane l’ignoto rivale della mia buona fede perché è la lotta che mi fa viva – né nascondersi, fingersi altro o tacersi placa l’affamato. Allacciata all’attimo combatto perché sia pace in questa nostra turbata apparenza.
Dissipo i miei alibi, mi faccio smeriglio, setaccio sogni, incanti sopiti, coniugo gli opposti, ora levigo ora esaspero le asperità. Attraverso luoghi epurati dalla finzione, stabilisco nuovi confini e poi sconfino dove il dubbio s’inabissa in verità tramandate per prestare ascolto al mio disarticolato andare e supplire al contrastato silenzio: re e servo a dimora nella pagina.
Di noi non so cosa è rimasto indietro
né cosa sta proseguendo e verso dove.
Il pensiero è immobile ma muove la mente
ad un cauto ricordo fermo all’attimo prima
dell’avvenuto rinnegamento.
Così perdo la memoria china
sulla trama di visioni che districano
il senso dell’inganno mentre le mie parole
pendono come una ragnatela
abbandonata dal ragno.
***
La guerra finì
e loro che c’erano nati dentro
ne uscirono con vaghi ricordi
di allarmi e vermi nella minestra.
E nonna, quella di cui porto metà del nome,
presa nella continuità spazio temporale,
è malamente è malamente, ripensava
e quando le offrivano del vino
na cria diceva, una goccia, una lacrima.
No cry nonna no cry
passati ormai a un’altra storia
a un’altra guerra di tutto il lascito
ce ne resta na cria.
(c) Lucianna Argentino
poesie tratte dai libri
“Gli argini del tempo” (Edizioni Totem,1991)
“Biografia a margine” (Fermenti, 1994)
“L’ospite indocile” (Passigli, 2012)