La natura mi ha sempre affascinato e da qualche anno mi sono avvicinato alla coltura di piante e fiori del mio giardino, in particolar modo quelle che adornano il mio laghetto in cui sguazzano felici pesci rossi e carpe koi. Adoro guardare i miei pesci nuotare a pelo d’acqua mentre attendono impazienti il loro mangime. A volte mi fermo a fissare il rosso delle foglie di acero giapponese con la mente sgombra… solo per il piacere di osservare la sua bellezza.
Ed è così che ho meditato l’idea di seguire un corso di Ikebana, l’arte giapponese di disporre i fiori. Ikebana letteralmente significa “fiori viventi” e può essere indicata anche come Kadō ovvero “via dei fiori”. È un’arte molto antica originaria della Cina e dell’India ma è in Giappone che si è sviluppata trasformandosi da offerta alle divinità a forma artistica.
Forse starai chiedendoti il motivo di questa mia decisione, dato che in occidente siamo abituati ad accostare i fiori alla femminilità. Per i nostri canoni mentali e culturali i fiori sono cose da donne (come se non esistessero botanici e floricoltori maschi). Ebbene, ti dirò che questa mia scelta è stata ponderata dal fatto che il Kadō è assimilabile all’aikido.
Queste due arti sono accomunate infatti dalla ricerca dell’armonia. Gli elementi utilizzati nella costruzione dell’ikebana devono essere di natura organica, (rami, foglie, erbe, o fiori) disposti secondo un sistema ternario, quasi sempre a formare un triangolo. Il ramo più lungo, indica l’avvicinamento al cielo, il ramo più corto rappresenta la terra e il ramo intermedio l’uomo. Così come il cielo la terra e l’uomo devono armonizzarsi per dare forma all’universo, anche i fiori e i rami devono trovare equilibrio nello spazio senza alcuno sforzo apparente.
Non è dissimile dalla pratica aikidoistica secondo gli ultimi insegnamenti di O Sensei ovvero la ricerca dell’equilibrio e dell’armonia senza utilizzare forza alcuna. Un fiore è qualcosa di delicato e meraviglioso che se trattato con violenza o con forza si rompe perdendo la sua utilità. Va trattato con delicatezza per non rovinare la sua effimera bellezza. E per questo ne dobbiamo godere“qui e ora”…perché dopo sarà troppo tardi per assaporare il suo profumo. E come dobbiamo trattare con delicatezza un fiore, curandolo, concimandolo e innaffiandolo, altrettanto dovremmo fare con il nostro compagno/a, di dojo o di vita che sia. Dare il nostro meglio nella pratica, farlo crescere, alimentarlo poco per volta dei nostri consigli, delle nostre esperienze, del nostro amore e goderne “qui e ora” (fuori e dentro il tatami). Ma con delicatezza per poter assaporarne ancora e ancora. Mi aspetto molto dall’Ikebana e sono sicuro che la pratica di quest’arte mi permetterà di fare un passo avanti nella ricerca dell’armonia.
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