E’ un Cristoforo Colombo inedito quello descritto dal grande scrittore cubano Alejo Carpentier nel suo ultimo capolavoro, “El arpa y la sombra”, scritto nel 1979, poco prima di morire. L’idea del libro fu ispirata all’autore, per contrasto, da altri due libri che parlavano del grande navigatore genovese: il “Libro di Cristoforo Colombo”, di Claudel e “Il rivelatore del Globo”, di Léon Bloy. In entrambi i testi, Colombo era descritto come una specie di semi-dio, di Santo, e infatti, cosa che pochi sanno, furono fatti ben due tentativi di beatificarlo, da parte di alcuni settori della Chiesa, rispettivamente sotto il papato di Pio IX e di Leone XIII. Ma gli indios, decimati, ridotti in schiavitù per una proposta fatta dello stesso Cristoforo Colombo prima di ogni altro, sarebbero stati d’accordo ?
E che dire dei figli avuti al di fuori del matrimonio o della cupidigia costantemente annotata nei diari di bordo, dove scarseggiano i riferimenti al Vangelo ?
Carpentier non cade comunque nella trappola di un’agiografia all’inverso, di una denigrazione totale del personaggio; piuttosto lo riporta entro limiti umani, con umane debolezze e grandezze al di sopra della media umana.
Perché Colombo resta un grande personaggio, e molte delle sue, diciamo pure nefandezze o dei suoi piccoli imbrogli, furono fatti in nome di un sogno, di una Visione, per cui egli era disposto a sacrificare tutto, e…a sacrificare altri al suo posto, ma almeno egli non aveva la meschinità di chi pensava solo al guadagno, i soldi erano solo per lui un pretesto per altri viaggi, altre avventure, altre scoperte.
E il libro ce lo presenta sul letto di morte, in attesa del confessore, mentre rimugina sul dare e l’avere della propria esistenza; parallelamente, seguendo un altro filo narrativo, assistiamo alle vicende, a metà fra il serio e il grottesco, della sua tentata canonizzazione. Un libro breve, denso, scritto col solito linguaggio suntuoso e barocco di Carpentier, ma forse più agile, più scorrevole di altri.
E maggiormente godibile.