Magazine Cinema

L’arrivo di Wang – se gli alieni parlassero cinese?

Creato il 13 marzo 2012 da Soloparolesparse

Prima di parlarvi de L’arrivo di Wang dei Manetti Bros, mi tocca una veloce riflessione su cosa le società di distribuzione (o gli autori, o chi per loro) scelgono di raccontare della trama di un film per lanciarlo.
In questo caso ci è stato detto che Wang è un alieno e che parla solo cinese fin dalla lavorazione del film, e probabilmente era inevitabile perchè altrimenti cosa diavolo avrebbero potuto dirci per invogliarci ad andare al cinema?
Solo che è un peccato non da poco perchè nel film scopriamo l’identità di Wang solo dopo 20 minuti di proiezione, e sono 20 minuti splendidi, pieni di dubbi e di tensione.

Questo vi dovevo, veniamo al film.

L’arrivo di Wang – se gli alieni parlassero cinese?

Una giovane interprete che conosce il cinese viene convocata per un lavoro particolare.
Verrà trasferita bendata in un luogo segreto dove dovrà tradurre le domande di un ispettore di polizia ad un misterioso personaggio che parla cinese.
La ragazza accetta un po’ stupita ma quando scopre qual è la situazione il suo atteggiamento cambia.

Cambia perchè l’ispettore usa con l’alieno metodi non proprio ortodossi, compresa la tortura vietata dalle convenzioni internazionali.
E tutto questo metre l’alieno continua a dichiarare di essere arrivato in pace per uno scambio culturale tra le due razze.

Marco e Antonio Manetti aggiungono al loro curriculum un film molto particolare, che sfrutta la figura dell’alieno tentacolato per parlare di interrogatori, di violenza, di diritti umani, di paura del diverso.
Ma  è innegabile che anche la fantascienza pura abbia il suo ruolo importante, soprattutto in un finale molto drammatico (sebbene intuibile).

La storia si svolge quasi completamente (ma non solo) nella sala dell’interrogatorio, in un colloquio a tre tra il poliziotto, la ragazza ed il mostriciattolo.
E questo fa si che la presenza scenica dei protagonisti diventi importante.
E qui ho avuto una piccola delusione perchè se Francesca Cuttica è bravissima, intensa e molto espressiva nei suoi dubbi e nella paura della situazione in cui si trova, Ennio Fantastichini non è certo alla sua interpretazione migliore, troppo buttata lì, troppo recitata, come se credesse poco al progetto.

L’arrivo di Wang – se gli alieni parlassero cinese?

Il giochino poi viaggia sul tema classico del poliziotto cattivo, della ragazza che empatizza col prigioniero ed è l’unica a credergli, ma è comunque ben svolto il compito e l’insieme del racconto è teso al punto giusto.
Una mano importante la danno anche la particolare attenzione che i Manetti mettono nella scelta delle inquadrature e nei movimenti di macchina.

Bruttino invece l’alieno ma si sa che la naturalezza e la veridicità non stanno particolarmente a cuore ai Manetti che preferiscono spesso esagerare anche sfociando spesso nel grottesco.

L’arrivo di Wang è comunque un ottimo film di genere che (a differenza di altri) non prova a fare l’americano scimmiottando cose già viste ma ambienta una storia interessante nel cuore dell’Italia con tutta la romanità del caso.
Buon colpo dei Manetti Bros che mi auguro faccia scuola.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :