L'artigiano in fiera: a Milano, tutto da tutto il mondo

Questo weekend sono stata per la prima volta alla fiera dell'artigianato di Milano: imponente. Complice la divertente compagnia dei miei cavallereschi amici, che mi hanno concesso la commozione in "area ungherese", le ore sono trascorse rapide e vivaci, senza spossatezza nè oppressione, nonostante la manifestazione attiri diverse migliaia di visitatori. Il primo punto a favore è l'assenza di biglietto d'ingresso. Certo, si paga un interurbano da 1,50 € per raggiungere Rho in metro, ma a parte questo non ci sono costi obbligatori. Si può uscire col portafogli svuotato dalle infinite tentazioni delle distese di padiglioni, come con le finanze intatte e lo stomaco saziato da un tour di assaggi gratuiti. Volendo fare una macro-divisione di questa gigantesca esposizione-mercato, diremmo che c'è un capillare approfondimento sul nostro Paese, diviso in venti regioni con una netta predominanza dei vastissimi spazi Sicilia e Sardegna e una variegata area mondo, in cui si distingue un'odorosa divisione orientale.
Se nell'area italiana il cibo la fa da padrone quasi assoluto, con qualche timida incursione tessile o di falegnameria, l'area internazionale cede il passo alla varietà e ai ristoranti si affiancano stand di tappeti, gioeilli, chincaglierie, dipinti, profumi, frutta secca, costumi tradizionali, centrini e chi più ne ha più ne metta.
Personalmente me la sono cavata con 4 euro di tagliabiscotti (un solo tagliabiscotti a forma di cuore) al banco ungherese, 1 euro di caffè e 2,50 di granita siciliana al limone, ma sono stata favorita dalla cavalleria dei miei accompagnatori, che mi hanno offerto thè, altro caffè e il magnifico kurtoskalács ungherese.