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L'ascensore

Creato il 26 giugno 2012 da Theobsidianmirror
L'ascensoreBerlino. Un pomeriggio di settembre. Sono qui per un appuntamento di lavoro, presso una fiera che si tiene qui tutti gli anni in questo periodo. Il taxi mi lascia in Alexanderplatz. L’albergo dove passerò la notte è proprio davanti a me, in un futuristico grattacielo da almeno 30 piani. Mi avvicino all’ingresso e varco la soglia. La hall è di forma ovoidale. Mi ritrovo su uno dei lati più lunghi dell’ovale. Alla mia sinistra la reception, rotonda e molto ampia, al cui interno si muovono indaffarate almeno una decina di persone. Alla mia destra c’è un bar, anche lui rotondo e perfettamente simmetrico con la reception posta sul lato opposto. Divani di pelle colorata sono sparsi qua è là di fronte al bar e alla reception. A destra del bar un corridoio porta al ristorante. Credo che lascerò il trolley in camera e poi scenderò nuovamente a bermi una birra. Le pratiche di check-in vengono evase rapidamente, come è tipico in alberghi di questo livello. Mi viene assegnata una camera al terzo piano. La conosco: è la stessa dell’anno scorso e dell’anno prima ancora. Che razza di coincidenza. Esattamente dalla parte opposta dell’ingresso vi sono sette ascensori, uno di fianco all’altro. Un campanello d’allarme scatta dentro di me. Non succede mai nulla di buono quando devo prendere un ascensore nei miei sogni. Sì, perché sto sognando, e di questo mi rendo perfettamente conto.
Cosa mi succederà questa volta? Uno degli ascensori arriva al piano. Salgo. E’ molto piccolo, ha una capienza di sole quattro persone. Fatto singolare, considerate le dimensioni dell’albergo. Guardo la pulsantiera: sono esattamente trenta piani. Fortunatamente io sbarco al terzo. E’ una corsa breve: dovrei cavarmela. Premo il pulsante del terzo piano. S'illumina invece il pulsante del trentesimo!!! Nooooo! Conosco quest’incubo!!! Non un'altra volta, ti prego!!!! L’ascensore inizia a salire. Supera rapidamente il terzo piano e continua a salire. Alzo lo sguardo. E’ proprio come temevo. Il soffitto si sta abbassando. L’altezza della cabina si è già ridotta di un quinto. Quando arriverò a metà, al quindicesimo piano, dovrò inginocchiarmi. Se l’ascensore continuerà la sua corsa fino in cima rimarrò schiacciato. Devo fare qualcosa subito! Non ho molto tempo. Sono già al decimo piano. Inizio a schiacciare pulsanti alla rinfusa, disperatamente. Tra poco anche la pulsantiera sarà fuori dalla mia portata. Ma non succede nulla. Provo a far leva sulle porte nella speranza di bloccare l’ascensore. Tentativo inutile: li fanno proprio indistruttibili gli ascensori oggigiorno. Sono al ventesimo. La pulsantiera è scomparsa, inghiottita dal soffitto che inesorabilmente continua a scendere. La fine è vicina. Mi metto a gridare… ed ecco che in extremis, quando sono ormai sdraiato a terra, nei pochi centimetri di spazio rimasti a mia disposizione, succede qualcosa. L’ascensore si ferma. Silenzioso. Poi un “bling” annuncia l’inizio di un nuovo movimento. Sto scendendo! Forse sono salvo. Sì, sono salvo! Il soffitto inizia la sua corsa al contrario. Rivedo la pulsantiera. Il tasto del piano terra è illuminato. Qualcuno laggiù ha chiamato l’ascensore. Sto tornando al punto di partenza. Tra pochi istanti sarò arrivato. Sono arrivato. Le porte si aprono. Mi getto fuori dall’ascensore tra gli sguardi curiosi degli altri ospiti dell’albergo. Tre persone salgono sull’ascensore. Leggo del disprezzo nei loro occhi. Vorrei dire loro qualcosa, avvisarli del pericolo, ma rinuncio. Che vadano al diavolo. Vado a bermi una birra.
REWIND
Berlino. Un pomeriggio di settembre. Sono qui per un appuntamento di lavoro. L’albergo dove passerò la notte è proprio davanti a me, in un futuristico grattacielo da almeno 30 piani. Mi viene assegnata una camera al terzo piano. Esattamente dalla parte opposta dell’ingresso vi sono sette ascensori, uno di fianco all’altro. Un campanello d’allarme scatta dentro di me. Uno degli ascensori arriva al piano. Salgo. E’ molto piccolo, ha una capienza di sole quattro persone. Fatto singolare, considerate le dimensioni dell’albergo. Guardo la pulsantiera: sono esattamente trenta piani. Fortunatamente io sbarco al terzo. E’ una corsa breve: dovrei cavarmela. Premo il pulsante del terzo piano. S'illumina invece il pulsante del trentesimo!!! Nooooo! Conosco quest’incubo!!! Non un'altra volta, ti prego!!!! L’ascensore inizia a salire. Supera rapidamente il terzo piano e continua a salire. Alzo lo sguardo. Il soffitto è al suo posto. Non è il mio solito incubo, quindi? Dove sono? Cosa diavolo succede? L’ascensore giunge all’ultimo piano e finalmente la natura del mio incubo si rivela. Sto continuando a salire! Vedo scomparire sotto di me i meccanismi dell’ascensore, la gigantesca carrucola, gli ingranaggi. Io però sto continuando a salire. Supero il tetto dell’edificio. Ora la colonna dell’ascensore, le pareti stesse, sono di vetro. Vedo i palazzi di Berlino tutt'attorno a me. La torre della televisione, il famoso simbolo dell’ex-DDR, quello che pensavo fosse il punto più alto della città, sta già scomparendo laggiù in basso. La paura si impossessa di me. Dove sto andando? Finirà prima o poi questa folle corsa verso il cielo? Alzo gli occhi e quello che vedo mi fa gridare di un terrore ancora più grande. La colonna dell’ascensore, poche decine di metri più in alto, fa’ una brusca curva di novanta gradi. La cabina è destinata a procedere in orizzontale verso l’esterno dell’edificio. Ancora pochi istanti e giungerò alla curva. Ecco. Adesso sto procedendo in orizzontale. Supero il bordo dell’edificio. Sotto di me Berlino, piccola come nemmeno dal finestrino di un aereo. Continuo a procedere in orizzontale. Ma non per molto. Vedo distintamente la fine della colonna (posso ancora chiamarla colonna?) una ventina di metri più in là. Tra poco allora giungerò a fine corsa e tornerò indietro? Ma quale fine corsa? Non c’è nessun fine corsa. La colonna dell’ascensore, alla sua estremità, è aperta sul vuoto. L’ascensore è destinato a precipitare con me dentro da un’altezza di oltre un centinaio di metri? Beh, dicono che da certe altezze si arriva a terra già morti. Perlomeno non mi spiaccicherò vivo. L’ascensore giunge al termine della sua corsa. Cade nel vuoto, ma solo per pochi metri. La fune mi sta sostenendo. Rimango lì a dondolare nel vuoto per una decina di minuti, durante i quali mi chiedo quale sarà il mio destino. Poi un “bling” annuncia l’inizio di un nuovo movimento. Sto tornando indietro! Forse sono salvo. Sì, sono salvo! Il tasto del piano terra è illuminato. Qualcuno laggiù ha chiamato l’ascensore. Sto tornando al punto di partenza. Tra pochi istanti sarò arrivato. Sono arrivato. Le porte si aprono. Mi getto fuori dall’ascensore tra gli sguardi curiosi degli altri ospiti dell’albergo. Tre persone salgono sull’ascensore. Leggo del disprezzo nei loro occhi. Vorrei dire loro qualcosa, avvisarli del pericolo, ma rinuncio. Che vadano al diavolo. Vado a bermi una birra.
END OF DREAM
L'ascensoreC'è chi non prende un ascensore da anni, perché ha una vera fobia. Gli psicologi dicono che in realtà si tratterebbe di una forma di claustrofobia, la paura degli spazi chiusi, che provoca sintomi quali tachicardia, sudorazione, mancanza d'aria, fino a svenimenti e attacchi di panico. Sempre a detta dei suddetti cervelloni, a soffrire della fobia dell'ascensore sono quasi sempre persone che hanno vissuto, in un passato più o meno lontano, episodi in cui sono rimasti intrappolati in un luogo da cui non potevano uscire: un trauma che non hanno elaborato. Sono molto perplesso. Non sono assolutamente convinto che la claustrofobia abbia qualcosa a che fare con gli ascensori. Io per esempio non sono claustrofobico. E non ho nemmeno paura degli ascensori, nella vita reale. Nei sogni sono invece perseguitato da quelle maledette sacatolette e, perlomeno a giudicare dai due sogni che vi ho appena raccontato, ho anche un pessimo rapporto con i luoghi chiusi e con le altezze eccessive. C'è qualcuno che sa spiegarmi questo fenomeno? Uno strizzacervelli là fuori che sa dare un nome a questa cosa? Nella vita reale la mia paura degli ascensori si limita alle solite battute che fanno tutti. Come quali? Dai, è facile. Le battute del tipo "Oddio se si spezza la corda e cadiamo?" oppure "Oddio se si blocca al piano, rimaniamo chiusi dentro per una settimana, e moriamo di fame e di sete?". Battute che diciamo sorridendo, salvo poi smorzare con indifferenza il sorriso al primo rumore strano. Queste sono le paure. Poi ci sono anche le paure più "lievi" del tipo "Oddio devo andare in bagno" oppure "Oddio arriverò tardi in ufficio", ma questa è un'altra storia.
Ad ogni modo... mi ero ripromesso da tempo di approfondire sul blog la mia  "fobia onirica" degli ascensori. Ne accennai già in un mio vecchio post scritto sul finire dello scorso anno. Adesso ho compiuto ciò che desideravo compiere. Spero di non aver annoiato nessuno.
A proposito. Ieri una delle segretaria dell'azienda per cui lavoro mi ha ricordato che a settembre mi tocca, ancora una volta, quella fiera a Berlino (questo ahimè non è un sogno). Mi ha chiesto se desiderassi la prenotazione dell'albergo. Le ho risposto di no. Prenderò un volo di rientro sul tardi lo stesso giorno. Meglio non rischiare... che dite?

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