L’ascesa della potenza iraniana e i nuovi equilibri

Creato il 13 gennaio 2012 da Eurasia @eurasiarivista
Iran :::: Wassim Raad :::: 13 gennaio, 2012 ::::   Le manovre iraniane in corso nella regione del Golfo e nei dintorni sul fronte della disputa tra Teheran e Washington, porta una serie di segni importanti che indicano la natura dei cambiamenti che si verificano nella bilancia delle potenze internazionali e delle equazioni mutanti in tutto l’oriente islamico, soprattutto dopo le sconfitte che hanno colpito l’avventura dell’impero statunitense nel corso degli ultimi dieci anni, e le particolarità nella successiva fuga statunitense dall’Iraq.

In primo luogo, durante queste manovre, l’Iran ha mostrato le sue avanzate capacità militari, ha confermato la solidità della formazione strategica militare iraniana e la sua superiorità nelle forze di terra, mare e aria. Ciò che gli iraniani hanno mostrato, ha costituito un modello per la superpotenza militare globale, come hanno concluso gli esperti militari negli Stati Uniti, Europa e Israele. Sotto la copertura della propaganda che ha minimizzato l’importanza delle attrezzature militari iraniane viste nelle manovre, circoli occidentali e israeliani hanno espresso un serio timore sulla natura del messaggio strategico e qualitativi portato da queste manovre, in tutti i loro dettagli, in termini di gittata dei missili, qualità delle navi da guerra e competenza della forza aerea iraniana.

In secondo luogo, il successo più evidente e importante che è stato registrato da queste manovre e che hanno consacrato l’Iran come una superpotenza mondiale e regionale, si è visto nell’elevata competenza tecnica del comando iraniano, nonostante le superiori capacità di cui godono il Pentagono e la NATO. Inoltre, nonostante la presenza della 5° flotta statunitensi e la mobilitazione dei satelliti spia negli Stati del Golfo, l’Occidente non può ostacolare il lancio di uno dei missili iraniani che erano presenti nelle manovre, o ostacolare le manovre che si hanno avuto successo al 100%. A questo livello, il dirottamento dell’aereo da ricognizione statunitense ha dimostrato la capacità di infiltrare il Pentagono e intercettarne i codici da parte degli iraniani, mentre gli statunitensi non sono in grado di fare la stessa cosa verso i codici iraniani e il sistema di comunicazione utilizzato da tutte le sue forze e armi.
In terzo luogo, i risultati politici dati dallo spettacolo della potenza iraniana nella regione, hanno iniziato ad emergere e a materializzarsi consecutivamente, mentre gli statunitensi assegnavano al loro uomo in Turchia, cioè Ahmet Davutoglu, il compito di mediare con la Repubblica islamica dell’Iran, per riprendere i negoziati. Ma ciò che non è stato annunciato, è il contenuto dei colloqui durante i quali gli iraniani hanno rilasciato dichiarazioni forti, che riflettono i nuovi equilibri, sia nella loro risposta alle richieste e alle condizioni sui negoziati, sia per quanto riguarda la severa posizione nei confronti del coinvolgimento turco nella cospirazione contro la Siria. Nonostante i segni che annunciano una guerra su larga scala nella regione e la decisione statunitense di effettuare manovre congiunte con Israele, in risposta a quelle iraniane, la realtà si impone con il riconoscimento da analisti ed esperti che l’ascesa della superpotenza iraniana ha iniziato di governare le più importanti politiche degli USA, soprattutto in Medio Oriente.

Nuove analisi: l’Iran è in prima linea negli eventi, invece della Siria

L’Iran ha deciso di lanciare il suo contrattacco nel Golfo e nello Stretto di Hormuz su più fronti contemporaneamente, con una manovra molto intelligente e precisa. Ha inoltre aperto il dossier delle attività di arricchimento dell’uranio, annunciando che è in grado di raggiungere un livello di arricchimento del 20%, il che significava, di conseguenza, che non ha bisogno dell’accordo che è stato precedentemente offerto da Turchia e Brasile. L’Iran è stato anche in grado di attirare Washington e le capitali europee in una guerra finanziaria e petrolifera. Infatti, con Washington, ha aperto il fronte delle banche, che raggiunto la Cina spingendola a rilasciare un morbido avvertimento a Washington, affinché ritratti le sanzioni unilaterali. Con l’Europa, ha aperto il dossier del mercato petrolifero, minacciando di ostacolare il commercio del petrolio nella regione del Golfo, attraverso il controllo sullo stretto di Hormuz, spingendo Washington a minacciare di usare la forza e l’Iran a rispondere con le sue potenti manovre. Questo ha spinto Washington a ritirarsi con lo slogan che non è alla ricerca di problemi con nessuno.

Questa cortesia statunitense è stata accompagnata da una escalation europea e da messaggi turchi. Da un lato, la Turchia ha ribadito la sua offerta di riprendere la sua mediazione sul dossier nucleare, dopo il doppio annuncio iraniano sulle attività di arricchimento e la disponibilità a negoziare, mentre d’altra parte, l’Europa ha deciso di interrompere l’importazione del petrolio iraniano, senza fissare delle date precise.

Ciò significa:
Che l’Iran ha organizzato è un’alternativa al mercato petrolifero europeo – e in particolare la Grecia – grazie alla Cina, ma ha anche organizzato le sue alternative bancarie tramite le banche cinesi.
Che l’Iran è riuscito a torcere il braccio di Washington e affronta la caparbietà europea con un misto di diplomazia e spettacolo di potenza. L’Iran ha accettato di concedere un ruolo alla Turchia nei negoziati, a condizione che cambiasse la sua posizione nei confronti della crisi siriana, come è stato affermato dal capo del comitato di sicurezza del parlamento iraniano.
Che l’Iran è riuscito a sottrarre i riflettori internazionali e alla crisi siriana, costituendo un contrattacco i cui segni hanni iniziato a emergere in parallelo al ritiro statunitense dall’Iraq.

Nuove analisi: il fronte della bancarotta e le bande terroristiche di al-Midan

Gli incidenti siriani hanno offerto un quadro più realistico dei movimenti delle lotte interne all’opposizione siriana, il cui stato di degrado e di decadenza del discorso tra le sue varie parti e gruppi, viene affrontato con disprezzo da tutti i circoli. Infatti, il mancato raggiungimento di un accordo su un documento congiunto tra il Consiglio di Istanbul e il comitato di coordinamento ha rivelato la dimensione del degrado politico che incide sulla struttura dei movimenti dell’opposizione siriana, e la portata dei loro legami con l’alleanza coloniale, soprattutto nel caso del consiglio di Istanbul, il cui programma si è limitato agli appelli a una guerra globale contro la Siria, al fine di imporre la famosa agenda di Colin Powell e garantire l’egemonia di Israele nella regione.

Inoltre, ha dimostrato il fallimento della alleanza regionale occidentale, che ospita queste componente per ottenere ciò che i pianificatori statunitensi e gli esecutori del Qatar e della Turchia, pensavano costituisse una struttura politica che rappresentasse un coeso fronte locale, nel piano per distruggere la resistenza siriana, o anche un’autorità alternative.

Dopo di che l’insistenza sull’iniziativa araba, che costituiva la caratteristica principale della retorica politica delle opposizioni, questi movimenti di opposizione sono rimasti sconvolti nel vedere la sottomissione alle condizioni del comando siriano e la firma del protocollo di cooperazione tra lo Stato siriano e la Lega araba. E invece di accogliere questo passo e completare l’iniziativa con il lancio del dialogo nazionale, il consiglio di Istanbul ha lanciato una campagna di calunnie contro l’iniziativa, la Lega araba e il team degli osservatori, accusandoli così di aver cospirato con le autorità siriane. Questo è stato il risultato pratico della determinazione statunitense nel voler contrastare l’iniziativa araba e aprire le porte all’internazionalizzazione, i cui punti principali sono stati rivelati dalle raccomandazioni dei pianificatori statunitensi di Washington.

Lo stato siriano è riuscito a guadagnarsi il riconoscimento per la sua cooperazione con la missione della Lega ed è stato in grado di confermare la realtà delle strade siriane e il resoconto ufficiale sulla presenza di proteste limitate – compresi dei partigiani dell’opposizione – nelle campagne delle province centrali, in parallelo alla presenza di bande armate affiliate all’opposizione e al consiglio di Istanbul, ma soprattutto con il gruppo dei Fratelli Musulmani e i gruppi takfiri guidati da Adnan al-Arour, dell’Arabia Saudita.

Le operazioni terroristiche e gli attentati suicidi mirano a compensare l’incapacità dei movimenti di opposizione – con tutte le loro formazioni politiche, organizzative e popolari – ad ampliare la portata geografica delle proteste, a causa della grande assenza popolare nella partecipazione a queste attività, il cui slogan si concentra sull’intervento straniero, mentre ignorano completamente le riforme.

Gli ultimi mesi alcuni degli eventi siriani hanno eliminato molte maschere e dimostrato le invenzioni dei media. Di conseguenza, i cittadini siriani stanno vivendo una realtà, cioè quella del sostegno a favore dello stato nazionale e dell’esercito siriano, nell’imporre la stabilità e nel liquidare i pozzi del terrorismo e del takfirismo, in un momento in cui la riforma è scomparsa dalla retorica del movimenti di un’opposizione in conflitto, ed è presente solo all’ordine del giorno del presidente Bashar al-Assad, che è determinato a modernizzare lo Stato siriano basandosi sull’opzione dell’indipendenza, della resistenza e del pan-arabismo.

Nuove analisi: le piccole guerre di Petraeus e l’uso delle fazioni del takfirismo

E’ noto, in base agli sviluppi in corso nella tormentata regione, che è stata soprannominata dai pianificatori statunitensi Grande Medio Oriente, decenni fa, che le piccole guerre la cui gestione è stata assegnata alla CIA, prima di essere diretta dal generale David Petraeus, saranno il contenuto principale del piano di esaurimento degli USA, a cui il Pentagono fa affidamento come alternativa alle grandi guerre perdute, che hanno portato a catastrofi strategiche ed economiche, dopo quello che è successo in Iraq e Afghanistan negli ultimi anni. Queste piccole guerre si basano sulla riattivazione dei gruppi islamici del takfirismo, oltre all’alleanza con una nuova classe dirigente che emerge dalla organizzazione internazionale dei Fratelli Musulmani.

In questo contesto, è chiaramente basato sugli elementi del piano di Petraeus di gestione delle guerre mobili, che si basa sull’attivazione di tutte le reti armate del takfirismo nella regione araba e nel mondo islamico, al fine di costruire un muro settario di fronte alla crescente potenza iraniana e impedire la diffusione della resistenza e della cultura di liberazione, che costituisce il contenuto principale della retorica islamica iraniana, e dalla posizione nazionalista sostenuta da Hezbollah e dalla Siria. Mira inoltre a soffocare Hamas attraverso l’espansione del ruolo dei fondamentalisti e dei takfiri sull’arena palestinese.

I pianificatori statunitensi assegnano agli estremisti delle istituzioni wahhabite saudite la sponsorizzazione dei movimenti del takfirismo e il loro ruolo. Hanno così coperto di soldi il partito salafita al-Nour in Egitto, come stanno facendo nei confronti dei gruppi takfiristi in Siria, Iraq e Libano, dopo che hanno stabilito delle organizzazioni sul territorio libanese da tempo, per effettuare azioni terroristiche nel corso degli ultimi due decenni, cioè i gruppi Osbat al-Ansar, Jund al-Sham e Fatah al-Islam. Il lavoro di questi gruppi takfiristi, con tutte le loro sette estremiste ed etniciste in tutto il Grande Medio Oriente, sarà anche di accogliere i gruppi armati terroristici che gli statunitensi usano per colpire la sicurezza interna iraniana, dopo i segni di stanchezza e debolezza che hanno cominciato a mostrare le bande dell’organizzazione dei Mujahedin e-Khalq.

Di conseguenza, il blocco dei media che è dedicato all’interferenza negli affari iraniani, destina parte delle proprie attività a stimolare e mobilitare i gruppi etnicisti all’interno del Paese e metterli contro le autorità iraniane. Per quanto riguarda le fazioni takfiriste, affiliate ad al-Qaida e guidata da Bandar Bin Sultan e i gruppi wahabiti all’interno di Siria, Libano e Iraq, il loro compito strategico sarà quello di evitare la stabilità in Siria, per mantenere il paese in una crescente dal crisi attraverso l’assassinio e il terrorismo, e di minacciare la stabilità del Libano e le formazioni politiche che stanno abbracciando la resistenza, trasformando alcune regioni libanesi in basi per il lancio di azioni di sabotaggio contro la Siria. In Iraq, la missione di queste fazioni sarà quello di impedire l’insorgere di un clima politico e di sicurezza che permetterebbe la formazione di un’autorità incaricata di garantire il ritorno dell’Iraq recuperato al suo ambiente arabo e islamico. Infatti, i pianificatori statunitensi e israeliani temono che il riavvicinamento siro-iracheno-iraniano e l’evoluzione del legame verso un nuovo modello, costituirà una minaccia per l’esistenza di Israele e il suo ruolo.

Le piccole guerre di Petraeus vengono gestite da Washington, Riyadh e Doha tramite i gruppi takfiristi e le loro fazioni armate, mentre il test decisivo per questo piano si sta svolgendo in territorio siriano, dove la vittoria dello stato nazionale sul piano terroristico segnerà una svolta nella direzione opposta, e registrerà ancora una volta il fallimento degli USA.

Il dossier arabo: la Siria

La missione degli osservatori della Lega Araba ha continuato il suo tour nelle province e i suoi incontri con i cittadini, in un momento in cui i gruppi armati terroristici procedono con i loro atti di violenza e di sabotaggio, l’ultimo dei quali è l’esplosione terroristica attuata da un attentatore suicida nel quartiere al-Midan a Damasco, il Venerdì mattina, portando al martirio di 26 persone e il ferimento di 63 tra cui civili ed elementi della sicurezza.

Il Ministero dell’Interno ha indicato in un comunicato, che erano in corso indagini per scoprire le implicazioni di questo atto terroristico e arrestare i terroristi che minacciano i cittadini. Il ministero ha assicurato che colpirà con un pugno di ferro tutti coloro che osano manomettere la sicurezza del Paese e dei cittadini, invitando i cittadini a esercitare il loro ruolo e a cooperare con gli organi di sicurezza segnalando eventuali attività sospette e fornendo tutte le informazioni disponibili, per quanto riguarda i movimenti dei terroristi.

Il segretario generale della Lega Araba, Nabil al-Arabi, ha indicato che Damasco ha rilasciato migliaia di detenuti e ha tolto i suoi veicoli militari dalle strade. Ha aggiunto, tuttavia, che gli assassini erano in corso e che sparatorie e cecchini erano ancora presenti nelle città. Ha così continuato: “E’ difficile dire chi sta sparando contro chi.” Da parte sua, l’ambasciatore Adnan al-Khodeir, il capo dell’ufficio operazioni degli osservatori arabi, ha affermato che nessuno avrebbe potuto determinare l’entità del successo della missione, per ora, aggiungendo che questo potrebbe essere determinato solo dal consiglio della Lega Araba. Il Vice Segretario Generale della Lega Araba, l’ambasciatore Ahmad Bin Helli, ha dichiarato: “E’ stato deciso di tenere le riunioni del comitato ministeriale di Domenica, per esaminare il rapporto preliminare del generale Mohammad Ahmad al-Dabi, il capo della missione degli osservatori arabi in Siria, per vedere quello che questa squadra ha rilevato sul campo dopo più di una settimana di osservazione.” D’altra parte, il portavoce del Dipartimento di Stato statunitense, Victoria Nuland, ha detto che Washington era preoccupata per il fatto che il regime siriano non ha soddisfatto tutti gli impegni assunti nei confronti della Lega Araba, circa nove settimane fa, ossia il fatto che la violenza non si è fermata. Ma Damasco ha risposto alle dichiarazioni della Nuland, come portavoce del ministero degli Esteri siriano Jihad Makdessi descrivendo queste accuse come nulle ed ha assicurato che appoggia la Lega Araba il cui lavoro la Nuland afferma di sostenere. Ha quindi sottolineato che queste dichiarazioni costituiscono una blanda interferenza nel lavoro della Lega e nella sovranità dei suoi Stati membri.

Iran

Martedì scorso, l’Iran ha minacciato di adottare misure nel caso in cui la Marina statunitense cerchi di inviare una portaerei nel Golfo, in un momento in cui il dipartimento della difesa USA, cioè il Pentagono, ha annunciato che gli Stati Uniti sosterranno la sua presenza nelle acque del Golfo, come aveva fatto per decenni.

D’altra parte, il ministro degli esteri iraniano Ali-Akbar Salehi ha annunciato, in una conferenza stampa congiunta con il suo omologo turco Ahmet Davutoglu a Teheran, la volontà dell’Iran di riprendere i colloqui sul nucleare in Turchia con il gruppo 5+1. Da parte sua, Davutoglu ha detto che ha trasmesso un messaggio di Ashton ai funzionari iraniani, dicendo che era in attesa della risposta iraniana al messaggio che aveva inviato ad ottobre e in cui assicurava che le superpotenze sono pronte a riprendere i negoziati. Ha aggiunto: “Ciò che è importante è che i negoziati continuino e che la Turchia sostenga ogni passo positivo in questa direzione.”

Yemen

Il governo di transizione yemenita ha concordato in linea di principio nel concedere al presidente Ali Abdullah Saleh e coloro che hanno lavorato con lui per tutta questi anni, la piena immunità contro processi giuridici e legali all’interno ed all’esterno dello Yemen.

Nel frattempo, delle dispute scoppiate tra il presidente Saleh e il suo vice Abed Rabo Mansur Hadi, a seguito di accuse di tradimento mosse dal primo al secondo. Questo ha spinto Hadi a minacciare di lasciare il paese se le pressioni esercitate su di lui da Saleh e dai suoi uomini non si fermano.

Egitto

La procura egiziana ha chiesto al tribunale criminale del Cairo la condanna a morte per impiccagione del deposto presidente egiziano Hosni Mubarak e di altri sette accusati di essere implicati nell’uccisione di manifestanti. Ha inoltre chiesto una condanna a 15 anni di carcere contro i figli Gamal e Alaa, e al latitante uomo d’affari Hussein Salem, accusati di aver tratto profitti illeciti e di spreco di fondi pubblici.

D’altra parte, i risultati preliminari delle elezioni dell’Assemblea del popolo ha rivelato un vantaggio dai movimenti islamici, in parallelo ad un notevole progresso registrato dal Partito al-Wafd in alcune circoscrizioni, e un netto ritiro del blocco egiziano che è arrivato terzo.

Dossier israeliano

Il caso degli hacker sauditi che sono riusciti a rubare i dati relativi alle carte di credito di circa 400.000 israeliani, e la pubblicazione di alcuni dettagli circa i proprietari di queste carte, compresi i numeri delle loro carte, i loro indirizzi, nomi e numeri di telefono, occupa i titoli principali dei giornali israeliani di questa settimana. I giornali hanno anche affrontato le manovre che sono state e saranno condotta da Israele, dopo che la marina israeliana ha effettuato in modo sorprendente una massiccia manovra navale, in una base navale israeliana. Si parla anche di una manovra che presta sarà effettuata da Israele e dagli Stati Uniti per emulare uno scenario di difesa contro un attacco missilistico. Yediot Aharonot ha detto, in questo contesto, che l’esercito israeliano ha effettuato esercitazioni al confine con l’Egitto e Gaza, emulando lo scenario di un rapimento di soldati, aggiungendo che tutte queste attività sono spinte dal timori estremi prevalenti nell’esercito israeliano in merito al rapimento possibile di un altro soldato, come era accaduto nel caso del soldato Gilad Shalit.

Nel frattempo, i giornali affrontato diverse questioni importanti, come la decisione del comitato israeliano sull’energia nucleare – in coordinamento con il cosiddetto Comando del Fronte Interno – per fermare le attività nucleari dei reattori nucleari di Israele nel caso in cui il fronte interno dovesse essere sottoposti a un attacco missilistico. I giornali hanno anche parlato della riunione che si è svolta tra l’alto negoziatore palestinese Saeb Erekat e il procuratore israeliano Yitzhak Molcho, che è stata percepita da Israele come parte del contesto dei negoziati diretti con i palestinesi.

Yediot Aharonot ha anche menzionato che ci sono grandi paure nell’esercito israeliano, in relazione al perseguimento possibile di elementi dell’esercito israeliano da parte di Hezbollah e delle altre organizzazioni, attraverso i social network, soprattutto su Facebook.

Dossier libanese

Il ministro della Difesa Fayez Ghosn ha assicurato ancora una volta, nelle dichiarazioni alla OTV: “Abbiamo informazioni chiare e l’esercito ha fatto irruzione a Erssal, alla ricerca di Hamza Karakoz. Ho messo in guardia i libanesi contro la presenza di al-Qaida perché io sono a capo di un’istituzione che è responsabile della sicurezza dei cittadini. E’ nostro dovere di politici e funzionari dire che il confine è infiltrato da alcuni estremisti, tra cui elementi di al-Qaida, ed è nostro dovere non nascondere le informazioni in modo che le cose non ci esplodano in faccia”.

Da parte sua, il capo del movimento al-Marada deputato Suleiman Franjieh, ha assicurato nel corso di una conferenza stampa: “Le dichiarazioni del ministro della difesa Fayez Ghosn, per quanto riguarda la presenza di elementi di al-Qaida in Libano, sono basate sui rapporti della sicurezza, dei militari e dell’intelligence dell’esercito libanese.” Ha paragonato la campagna mediatica contro Ghosn alle campagne del Movimento Futuro dopo il martirio del primo ministro Rafik al-Hariri, dicendo: “Coloro che commerciavano con il sangue del Primo Ministro martire, non esiteranno a commercio con il sangue del popolo di Erssal e Anjar Majdel, tra gli altri, perché un affarista rimane un affarista.”
L’ex primo ministro Saad al-Hariri ha risposto su Twitter dicendo: “Non è utile trasformare questo problema in un problema tra il popolo e l’esercito. Il problema risiede nelle affermazioni false che sono state negate dai ministri nel governo”.

Traduzione di Alessandro Lattanzio Fonte: Réseau Voltaire Condividi!

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :