L’Atlético vince la Supercoppa UEFA: Inter, non è tardi

Creato il 28 agosto 2010 da Bruttotackle

Qualche giorno fa, il presidente FIAT John Elkann – quello dei diciotto turni settimanali e della pausa mensa a fine turno – non avendo nulla di meglio da fare e sentendosi chiamato in causa da un’affermazione del presidente dell’Inter Massimo Moratti, “meglio essere multietnici che comprare le partite”, ha dichiarato che all’Inter non hanno mai saputo perdere, “ma, soprattutto, non hanno ancora imparato a vincere.”

Queste scaramucce tra Inter e Juventus fanno parte del gioco e servono ai giornalisti per riempire di inchiostro le pagine dei quotidiani sportivi italiani, a caccia di notizie in un periodo povero di calcio giocato e in una estate (finora) priva di veri grandi e importanti colpi di calciomercato. Ma personalmente non considero interessante e in qualche modo funzionale questionare dello stile e del bon-ton di Massimo Moratti e dei suoi “colonnelli”, né intendo addentrarmi più di tanto nei perché, allo scopo di ingraziarsi le frange più stupide – e, come sovente accade, più numerose – del tifo bianconero, John Elkann continui a non condannare il recente – e tutt’altro che glorioso – passato juventino e i più indegni personaggi che nessuna gloria e/o giovamento hanno portato alla storia del club, costretto alla perdita di due Scudetti e una storica e rovinosa retrocessione in Serie B. Tuttavia, per ragioni diverse da quelle di John Elkann e che esulano da stupide dispute di natura “stilistica”, al fischio finale di Inter – Atletico Madrid, gara valida per l’assegnazione della Supercoppa Europea, mi sono domandato anche io: “ma l’Inter sa vincere?”

Se consideriamo solo i risultati ottenuti negli ultimi anni sul campo, la risposta è semplice: sicuramente sì. Javier Zanetti e compagni hanno fatto incetta di coppe e di trofei: cinque Campionati consecutivi – eguagliato il record della Juventus di Carcano e del Grande Torino – tre Coppe Italia e quattro Supercoppe Italiane. Soprattutto, una Champions League, vinta lo scorso 22 maggio ai danni del Bayern di Monaco e al termine di una stagione eccezionale, che ha visto i nerazzurri trionfare in tre competizioni, come lo straordinario Barcellona della stagione precedente. Un successo comunque meritato e che arriva da lontano; da un lato il giusto epilogo di una lunga rincorsa durata oltre trent’anni, dall’altro una grande, straordinaria e difficilmente ripetibile opportunità. La squadra che ha vinto a Madrid è una squadra vecchia, con un’età media prossima ai trent’anni e in ogni caso bisognosa di un rinnovamento più o meno radicale e tale da garantire a questa squadra rendimento e vittorie costanti negli anni a venire. La vittoria della Champions doveva costituire il punto di partenza su cui costruire una nuova Inter futura e finalmente con una dimensione internazionale degna della sua storia oramai più lontana. Gli esempi da evitare sono il Porto di Mourinho, il Borussia Dortmund di Ottmar Hitzfield/Nevio Scala e l’ultimo Milan, che, dopo la vittoria della Champions del 2007, è sprofondato in una stagnante mediocrità.

Tuttavia, al momento Massimo Moratti e l’Inter non sembrano aver colto questa grande opportunità. La disfatta contro l’Atletico di Quique Sánchez Flores e di Forlán è stata il culmine di tre mesi di indecisioni e di una politica societaria e tecnica sicuramente indegna per una squadra Campione d’Europa. Intanto, sin dal primo momento, è apparso evidente che la dirigenza questa estate non aveva troppo voglia di spendere: scelta in larga parte comprensibile dopo i troppi sprechi degli anni precedenti che hanno praticamente inguaiato le casse societarie e le nuove norme in materia di “Financial Fair Play” introdotte dal presidente UEFA Platini; una politica che ha trovato una sua parziale giustificazione e verifica sul campo negli investimenti fatti nel settore giovanile e nell’acquisto di giovani giocatori (Ranocchia, Coutinho, Biabiany, Mariga…) dalle buone potenzialità. Ma che va comunque a cozzare contro la realtà dei fatti – l’Inter è una squadra vecchia e necessita di un rinnovamento anche nell’immediato per continuare a vincere– e contro una serie di scelte poco condivisibili della società: il rinnovo del contratto di Diego Milito, che praticamente nemmeno alzava la Coppa che già minacciava di andare via e di avere molte e fantomatiche offerte; la cessione di Mario Balotelli, praticamente uno dei migliori talenti under 20 del globo. Una cessione solo parzialmente giustificata dal fatto il giocatore pare avesse rotto con lo spogliatoio e con l’ambiente interista, ma sicuramente tale da indebolire la squadra, che a questo punto richiede almeno un paio di innesti – uno a centrocampo e uno nel reparto offensivo – per continuare a competere a livello internazionale.

Come se non bastasse, José Mourinho, ricalcando la scelta fatta all’indomani della vittoria della Champions con il Porto (allora la destinazione fu Londra, sponda Chelsea), ha lasciato Milano e si è accasato al più ricco e blasonato Real Madrid, creando più di uno scombussolamento a livello societario, dato che Moratti solitamente è abituato a mandare via lui gli allenatori, quando non ne è più innamorato, e non a vederli andare via.

Deve essere anche per questo allora che il presidente dell’Inter si è completamente – ma anche no – affidato nelle mani di Marco Branca, l’uomo mercato dei nerazzurri e in larga parte anch’egli fautore dei tanti successi ottenuti negli ultimi anni. L’ex “cigno di Grosseto” sembrava avere avuto carta bianca: si è disfatto dell’amico-nemico Oriali, come allenatore ha puntato forte su Benítez e sul mercato aveva individuato in due pupilli dell’ex allenatore del Liverpool i giocatori necessari per rinforzare la squadra. Kuyt e Mascherano. Tra le altre cose – cosa rara di questi tempi – desiderosi entrambi di venire a giocare in Italia e di indossare la maglia nerazzurra.

Ma qualcosa è andato storto. Se da una parte Moratti si è affidato a Branca per costruire la nuova Inter, dall’altra questi non appare troppo convinto della scelta di Benítez. Allo spagnolo è stato fatto firmare un biennale e i due acquisti che aveva richiesto, e che lo stesso Branca aveva in qualche modo avallato, sono saltati. Allo stato attuale delle cose dunque, pare quasi Moratti e l’Inter si siano proposti un anno di transizione prima di provare ad aprire e inaugurare un nuovo ciclo, forse convinti di potersi ripetere con la stessa rosa della scorsa stagione, forse perché disposti a “accontentarsi” di vincere nel frattempo le due Supercoppe, il Mondiale per Club, lo Scudetto e poi di valutare il da farsi e se inaugurare un nuovo ciclo – possibilmente vincente – proprio con Benítez o optare per un’altra guida tecnica.

Fosse così, i piani della dirigenza interista sono già falliti ancor prima di cominciare. Ieri sera, l’Inter non ha praticamente giocato contro l’Atletico di Madrid, che ha vinto meritatamente e ha portato via all’Inter un trofeo importante e che difficilmente gli ricapiterà di giocare a breve termine. Non sarà facile neppure vincere il Mondiale per Club, dato che l’Internacional di Porto Alegre, che ha vinto questa competizione solo quattro anni fa, è tutto fuorché una squadra materasso, né la vittoria dello Scudetto potrebbe essere poi tanto scontata se è vero che la Juventus ha investito pesantemente sul mercato e che il Milan è prossimo a prendere Ibrahimovic, uno che almeno in campionato non pare avere poi troppi rivali.

In definitiva, non lo so se l’Inter sa vincere. Uno degli importanti obiettivi stagionali, la Supercoppa UEFA, è stato mancato. Ne restano altri quattro, l’Inter e Moratti sono a un bivio. L’anno scorso questa squadra ha dimostrato di non avere troppa qualità, ma di avere carattere da vendere e, con un paio di innesti di qualità (indi non i paventati Palombo, Montolivo e Sculli…), almeno Scudetto e Mondiale per Club dovrebbero essere obiettivi alla portata. Forse non è troppo tardi per prendere la strada giusta.

Ernesto Battaglia


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