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L’attentatrice – Yasmina Khadra

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L’attentatrice – Yasmina KhadraTrama

In un ristorante affollato di Tel-Aviv una donna che si finge incinta fa esplodere la bomba che teneva nascosta sotto il suo vestito. Per tutta la giornata il Dottor Amin, israeliano di origini arabe, opera a ritmo da catena di montaggio le innumerevoli vittime di questo ennesimo attentato. Amin si è sempre rifiutato di prendere posizione sul conflitto che oppone il suo popolo d’origine e quello d’adozione. Nel cuore della notte viene richiamato d’urgenza in ospedale dal suo amico poliziotto Naveed che gli annuncia che la moglie è morta e per giunta era lei la donna kamikaze. A questo punto Amin comincia la sua particolare investigazione sulla donna misteriosa che ha vissuto per anni insieme a lui

Recensione a cura di Stefania Ghelfi Tani

Questo libro è il secondo di una trilogia di Yasmina Khadra alias Mohamed Moulessehoul.

L’autore sembra rivolgere questo romanzo al mondo occidentale, il suo intento parrebbe quello di far riflettere il lettore invitandolo a giudicare gli avvenimenti da un punto di vista il più possibile obiettivo, a separare con giudizio e coscienza i buoni dai cattivi, a percepire la realtà in modo differente muovendo un passo verso direzioni diverse dove il nemico è anche altro, dove fare di tutta l’erba un fascio, di un popolo l’unico offensore, è sbagliato.

Un argomento quanto mai attuale, purtroppo, in questo momento. Importante è sforzarsi di considerare che c’è un’altra angolazione, una diversa prospettiva e soprattutto altre vittime che fanno parte di questo nostro mondo.

Non sono d’accordo con la traduzione del titolo originale L’attentat che vuol dare un genere ad un crimine che genere non ha.

Khadra ci fa entrare nel privato dell’individuo, ci fa assaporare le sue lacrime, la sua rabbia, il suo dolore, ci vuole far comprendere come si vive, o meglio si sopravvive, si lotta, si muore.

L’io narrante è il protagonista, un palestinese naturalizzato israeliano, stimatissimo chirurgo e quindi dedito alla guarigione, alla sopravvivenza, alla vita e molto determinato ad escludere il terrifico mondo socio-politico dalla gabbia dorata che si è creato nel suo privato. Si accorgerà ben presto che indossare maschere e chiudere gli occhi è sbagliato o perlomeno può ritorcersi contro se stesso. Sarà la figura del kamikaze a sbattere in faccia ad Amin tutto il suo passato e presente che lui non era in grado di vedere.

Non voglio svelare la trama ma solo dirvi che il dottor Amin Jaafari passerà attraverso stati d’animo, sentimenti, traumi, devastazione che, senza soluzione di continuità, lo porteranno alla scoperta di un’altra realtà, da lui disperatamene negata. Si scontrerà e cercherà l’umiliazione e la dignità, si troverà faccia a faccia con persone cieche e aride come bulldozer e con figure quali Zeev che sapranno riconciliarlo per un attimo con se stesso regalandogli un’isola felice di parole.

Quell’esplosione di conoscenza lo condurrà a voler sapere, capire, comprendere con una determinazione tale che metterà a rischio consapevole la sua propria vita. Vuole uno, più responsabili da ricercare in se stesso e al di fuori di chi è nel suo cuore.

Manca forse un confronto con ciò che avviene nella mente dei terroristi ma molto probabilmente l’autore “non può saperlo” e giustamente si limita a mostrarci cosa significa abitare il mondo del terrorismo e quanto è labile il confine tra la ragione dell’individuo e le ragioni collettive di un popolo costretto a vedere la propria terra usurpata e i propri diritti calpestati, ridotti a brandelli.

Dobbiamo chiederci se c’è differenza tra un attentato di un kamikaze al quale la geografia di nascita, la disperazione, l’umiliazione, la miseria sociale hanno tolto il senso della Persona e del valore della vita, sua e degli altri, e l’attentato di un raid aereo dell’esercito.

Forse per noi occidentali c’è, forse ma se ci penso un istante di più trovo assai poche differenze.

L’autore, anche grazie alla bellissima traduzione di Marco Bellini, ci presenta un romanzo dal ritmo sostenuto pur concedendo spesso un linguaggio che si fa “vedere e udire”, a tratti intenso grazie al largo uso di metafore e immagini poetiche. Cito: “…la ragione sembra essersi rotta i denti e aver rinunciato a ogni protesi in grado di restituirle il sorriso”; “…immersi nelle vicissitudini come moscerini in una colata di vernice…”; “Sbatto contro la chiarezza della sua logica come un moscerino contro la trasparenza di un vetro…”

Khadra non vuole dare giudizi, additare colpevoli, e men che meno trovare soluzioni, bensì far riflettere e appellarsi alla coscienza di ciascuno di noi. E a mio parere ci riesce molto bene.

Come? Indagando l’intimo, l’animo umano, la fiducia, la conoscenza di chi ti sta accanto, narrando tragedie a braccetto che non hanno mai fine, parlando di integrazione e razzismo, mostrando il dolore e la rabbia, raccontando di libertà e di rassegnazione, scrivendo di orrore e di bellezza, spiegandoci che quando la ragione si addormenta può generare mostri

Da leggere, ora!

Dettagli

  • Copertina flessibile: 232 pagine
  • Editore: Mondadori (23 ottobre 2007)
  • Collana: Piccola biblioteca oscar
  • Lingua: Italiano
  • ISBN-10: 8804572051
  • ISBN-13: 978-8804572053


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