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L’attesa dopo il primo amore

Creato il 01 dicembre 2011 da Thefreak @TheFreak_ITA

Dopo gli anni del primo amore, vengono i giorni del tempo che ti rimane. La Ragazza è lucida ma stordita, perché anche se conosce l’inizio, lo sviluppo e la fine del primo amore, un brusio le sta suggerendo che qualcosa non può tornare. Il tempo, che abbia un battito o una numerazione, è una bugia; se la colpa sia della musica o della Moleskine, non è importante.

Passeggiate d’inverno a cercare nei mercatini i vestiti per una festa in maschera, i loro libri preferiti, quella cena di laurea che ha vomitato tutta la notte a casa sua. Alle immagini che si susseguono nella memoria, la prima reazione è la più epidermica: le lacrime e i brividi sotto la felpa, nonostante l’inverno e il riscaldamento centralizzato che non si cura dei rincari. Dopo ogni episodio, La Ragazzza impara a far riemergere l’abitudine all’autocontrollo e sembra che la pelle si lasci addomesticare dall’esercizio, che si conceda al calore di imbottiture estraibili Ikea e piume d’oca in fodera glamour. C’è qualche vago elemento di dissenso – viene da un dettaglio eccentrico o dall’agitazione ritmica della caviglia – eppure lo spirito si regge solido.

La presenza del cuore in un organismo comune è essenzialmente supposta. Per tutta la durata della prima infanzia, l’educazione cattolica spinge a cercare l’amore universale del figlio incarnato di Dio, in un pugno muscoloso e palpitante; un movimento involontario. Il bambino può ignorarlo anche tutto il giorno, finché non corre o si spaventa. E come può l’organo di tanta sacralità giacere sanguinolento su un piatto argenteo nel banco refrigerato della macelleria? Che sia solo appartenuto a una mucca, non è una spiegazione che basti. Madame Bovary, Colin Firth, i matrimoni dei cugini più grandi; Ray Charles. Un sentimento confinato dai genitori, dalle sacrestie, dai banchi di scuola. Le api, intanto, volano di fiore in fiore e, nell’apnea delle aspettative frustrate, la verità degli innamorati si muove solo in superficie, dove gli incontri fra gli elementi avvengono senza che essi si prendano per mano. Tutto quel tempo e nessuna partecipazione, l’ingannevole senso di sazietà dello spettatore: la realtà è tutta quanta quella sul palconscenico. Solo con la fine del primo amore gli organi deflagrano contro certezze insufficienti, false o bambine: ed è lo stomaco che prende a respirare, incancrenito dalla monotona e ingenua amplificazione di un battito invadente. Dopo il primo, gli altri amori non si conteranno per la successione, ma avranno lineamenti, carne sulla braccia e sulla schiena, nocche sbiancate e sorrisi che spunteranno come una conquista personale. Tale ingresso di dettagli fisici, La Ragazza non lo immagina nemmeno. Ora ricalca con i suoi ricordi i racconti delle generazioni passate di quel primo amore che nonne e zie hanno poi sposato.

Ma perché non cambi un po’ aria?

“L’appartamento spagnolo”, le serate jazz nella capitale, Easyjet; Walt Disney. La banalità e l’inesattezza della nostalgia, le relazioni così più immense e smarrite di una trama cinematografica, che Lei cerca una diversa educazione e paesaggi meno abusati per farci stare tutto. La Ragazza non é certo pioniera di questa fremente solitudine dopo la rottura: il primo amore, allo spuntare di segni pensierosi in volto, non trova più lo spazio vitale, perciò la fine del primo amore è un passaggio generale e inesorabile.

Dopo chissà: il senso acre e sconfitto di una ricerca a passo di gambero, il tempo che ti sembra sia tutto una sottrazione di quella edenica bellezza da un disorientato affanno, la rabbia, ché se l’avessi saputo prima non avresti nemmeno imparato a contare.

Racconto di Amalia De Sena – All rights reserved

 


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