Ho sistemato fuori, in terrazza, un tavolo piccolo. All’aria aperta mi sento più a mio agio. Intorno a me c’è tanto silenzio. Leggo comodamente e intanto prendo degli appunti. In queste ore pomeridiane, quando il sole comincia a scottare, i nativi preferiscono starsene rintanati nei loro antri, all’ombra. A me questo caldo non dà fastidio, anzi, questa luce accecante, giallastra, che penetra inesorabilmente in ogni angolo di strada fino a cancellarne i contorni, mi piace. Così come mi piace osservare il muro vecchio della casa di fronte. In mezzo vi si aprano delle crepe, da cui fuoriescono germogli di vitalità. Quel muro screpolato mi richiama alla mente i tanti secoli trascorsi sopra le nostre teste, senza lasciare tracce, se non quei segni, incisi dalla calura estiva, dalla pioggia scrosciante, o dalle fredde giornate d’inverno, incisi dal caso e senza nessun disegno preordinato, come capita talvolta alla nostra vita. Tento di indovinare, nella sua architettonica geometria, le modifiche apportate dalla mano dell’uomo. M’accorgo come sia piacevole abbandonarsi ai propri pensieri senza una meta precisa. Osservo ancora quelle crepe irregolari. Al loro interno non penetra nessuna luce, sono troppo profonde. Anche nella storia umana a volte s’aprono crepe in cui la luce non riesce a penetrare. Come capita alle azioni malvagie che hanno sempre il potere di cambiare forma e di non lasciarsi riconoscere. Anche l’azione malvagia germoglia meglio nell’oscurità delle fenditure.
La sigla di un telegiornale irrompe nella quieta pomeridiana. La voce del giornalista rimbomba tra quelle mura e penetra in ogni fenditura. Il disturbo della quiete proviene da qualche finestra del palazzo a fianco. È la sola visione che mi s’offre: è un’abitazione alta, fatiscente, dall’aria abbandonata. La facciata è tinta di giallo. Dal mio punto di osservazione, i balconi che s’affacciano su questo lato s’offrono di taglio, cosicché posso scorgere il profilo di qualcuno quando s’adagia sulla ringhiera. Il sole colpisce la facciata soltanto al mattino, il pomeriggio è completamente immersa nell’ombra. Mi incuriosisce osservare le persone che ogni tanto vede esporsi a quei balconi. Al quarto piano vede, quasi a ore regolari e quotidianamente, una biondina stendere i panni; a volte la vedo parlare con un uomo a fianco, forse il marito: discutono stando appoggiati alla ringhiera; al terzo, vedo un grassone fumare in determinate ore della giornata; al secondo piano mi colpisce il profilo di una donna sulla cinquantina; ha un'aria triste; sembra guardare nel vuoto: chissà, mi domando, forse è li in attesa di qualcuno che non arriva mai…