Continua la nostra ricerca di pubblicazioni e risultati sorprendenti nell’anno 2012. Questo articolo è stato pubblicato su Seti Institute lo scorso 18 ottobre 2012.
L’osservare delle eruzioni vulcaniche in atto dovrebbe essere sicuramente fatto a debita distanza e un gruppo di ricercatori della California ha ideato un metodo per compiere tale osservazione da casa. Utilizzando una geniale combinazione di survey di telescopi terrestri e dati d’archivio, i ricercatori hanno raccolto quasi 40 istantanee singole di vulcani attivi in eruzione e di esplosioni ad alta temperatura sulla piccola luna di Giove, Io, con dettagli che sono inferiori a 100 chilometri.
Io è il satellite più interno di Giove, un mondo meraviglioso ma ricco di attività vulcanica. Anche se le osservazioni più dettagliate sono state ricavate dalla sonde, l’ultima missione spaziale su Giove, battezzata Galileo, si è conclusa nel 2003 e almeno fino all’inizio del 2030 non sono in programma altre missioni su Giove. Tuttavia, il monitoraggio dell’attività vulcanica su Io non avrà un tale intervallo di tempo, grazie agli sforzi di un team di ricercatori guidati da Franck Marchis, ricercatore presso il Carl Sagan Center del SETI Institute. Marchis ha presentato i suoi lavori basati sul monitoraggio dell’attvità vulcanica su Io negli ultimi dieci anni con l’uso di telescopi terrestri al 2012 DPS Meeting tenutosi a Reno, Nevada nell’ottobre 2012.
L’eruzione vulcanica su Io non può essere osservata direttamente da terra utilizzando i telescopi classici. Io è un satellite relativamente piccolo, pari a 3600 chilometri di diametro e quasi con la stessa dimensione della nostra Luna, ma che si trova molto più lontano dal suo pianeta, a circa 4,2 volte la distanza della Terra dal Sole, ossia 630 milioni di chilometri. A causa della piccola dimensione apparente di Io, l’osservazione dei dettagli sulla sua superficie andava ben oltre le capacità dei telerscopi terrestri.
Per superare tale limitazione, ingegneri e planetologi hanno progettato varie sonde che potessero avere dei fly by con il pianeta per visitare e conoscere più a fondo il sistema gioviano, tra cui anche il satellite Io. Nel 1979 il Voyager 1 mostrò un’attività vulcanica dinamica sul satellite. Dalle prime immagini della sua superficie riprese da molto vicino, si osservavano dei bizzarri terreni vulcanici attivi, pennacchi e macchie calde. La sonda Galileo rimase in orbita intorno al sistema gioviano dal 1995 al 2003 e osservò più di 160 vulcani attivi e una vasta gamma di stili di eruzione. Parecchie domande sono rimaste in sospeso dopo la missione Galileo e sia l’origine che l’evoluzione a lungo termine dell’attività vulcanica non sono ancora stati completamente compresi.
Nel frattempo, i planetologi hanno progettato strumenti per superare la “barriera della nostra vista” e migliorare la qualità delle immagini dei telescopi terrestri. Con l’uso di ottiche adattive che forniscono un’immagine con una risoluzione vicina al limite di diffrazione del telescopio è stato possibile migliorare l’osservazione. Dal 2001 tutti i più grandi telescopi di 8-10 metri di diametro hanno adottato questa tecnologia.
Due eruzioni vulcaniche sono visibili in questa immagine su Io, uno dei quattro satelliti di Giove scoperti da Galileo Galilei il 7 gennaio 1610. Qui sono visibili in una immagine composita ottenuta dalla sonda Galileo quando era in orbita intorno a Giove tra il 1995 e il 2003. Nella parte superiore della foto oltre il limbo di Io, un pennacchio si alza di circa 140 chilometri al di sopra della sua superficie, nella caldera famosa come Pillan Patera. Al centro, in prossimità della linea di separazione tra la notte e il giorno, si osserva un pennacchio a forma di anello, quello di Prometeo, che sta sorgendo a circa 75 chilometri al di sopra di Io mentre proietta un’ombra sotto la bocca vulcanica. Chiamato con il nome greco della divinità che ha dato fuoco ai mortali, il pennacchio Prometeo è visibile in ogni immagine ottenuta durante il flyby della sonda Voyager nel 1979, e fa ritenere che questo vulcano sia rimasto attivo per almeno 18 anni. L’immagine qui sopra in formato digitale è stata ottenuta il 28 giugno 1997 da una distanza di circa 600 mila chilometri. Crediti NASA/JPL/Galileo.
“Dalle nostre prime osservazioni di Io nel 2001 con l’uso del W. M. Keck II, telescopio di 10 metri che si trova sulla sommità del Mauna Kea nelle Hawaii e con il suo sistema AO, il nostro team iniziò ad entusiasmarsi davvero con l’uso della nuova tecnologia. Inoltre, iniziammo a utilizzare AO al Very Large Telescope in Cile, e al Germini North Telescope nelle Hawaii. La tecnologia è aumentata nel corso degli anni e la qualità dell’immagine e l’utilità di questi strumenti complessi li ha resi parte della struttura di base dei grandi telescopi” ha affermato Marchis. Dal 2003, utilizzando i propri programmi di osservazione e i dati archiviati, il team guidato da Marchis ha raccolto circa 40 osservazioni di istanti differenti di Io nel vicino infrarosso. Queste immagini mostrano dettagli dell’ordine dei 100 chilometri sulla superficie del satellite.
Le osservazioni hanno rivelato eruzioni recenti e molto energetiche, chiamate outbusts (esplosioni). Queste sono facilmente rilevabili dalla loro immensa emissione termale nelle lunghezze d’onda più piccole che implica una temperatura elevata nell’eruzione. Il team ha osservato il risveglio improvviso del vulcano Tvashtar grazie alla sonda New Horizons che è transitata nelle vicinanze di Giove qualche anno fa e che è in cammino cammino verso Plutone. Da una survey combinata, basata su tre grandi telescopi, l’eruzione è stata osservata da aprile 2006 a settembre 2007. Precedenti osservazioni dalla sonda Galileo e dal W. M. Keck Oservatory mostrano che questo vulcano in precedenza aveva mostrato un simile stile eruttivo a fontana di fuco iniziato nel novembre 1999 e durato per una quindicina di mesi. Allo stesso modo, Pillan, un’eruzione energetica rilevata con la sonda Galileo dal 1996 al 1999 mostrava ancora una sporadica attività nell’agosto 2007, segnalata dal team utilizzando il W. M. Keck Telescope.
“Questi frequenza nell’attività vulcanica indica una ricarica regolare di magma dalla camera magnatica” ha affermato Ashley Davies, un vulcanologo del Jet Propulsion Laboratory, del California Institute of Technology, e membro dello studio. “Questo permetterà di modellare il processo eruttivo e di conoscere come il calore viene rimosso dalle profondità di Io con questo particolare stile di attività vulcanica”.
Prima Parte – continua
Fonte JupiterToday.com-Monitoring Io’s Insane Volcanic Activity from the Comfort of Earth- http://www.jupitertoday.com/news/viewpr.html?pid=38953
Seti Institute: http://www.seti.org/
Sabrina