L’Australia si trova, oggi, in una condizione decisamente particolare. Il contesto geografico la vede occupare la quasi totalità dell’Oceania, incastonata tra due oceani, l’Indiano e il Pacifico, e tra due mondi, quello occidentale e quello asiatico. L’Australia si è inoltre ritagliata nei decenni una posizione invidiabile: terminato il secondo conflitto mondiale, infatti, è riuscita a stringere rapporti politici sempre più solidi con gli Stati Uniti e, al contempo, a intrecciare relazioni economiche sempre più importanti con il sud-est asiatico. Era dunque prevedibile che con la recente ascesa dei colossi asiatici, Cina e India in primis, l’Australia avesse un ruolo primario nella regione. In virtù dell’enorme ricchezza del suo sottosuolo, l’Australia si è legata a doppio filo, nel corso degli anni, allo sviluppo imponente e apparentemente incessante di questi Paesi, scegliendo la Cina come partner privilegiato. Negli ultimi 40 anni gli scambi commerciali tra questi due paesi sono passati da un valore complessivo di 100 milioni di dollari a più di 100 miliardi di dollari. Grazie al ruolo di principale fornitore di materie prime come ferro, carbone, petrolio e lana grezza per Cina e India, l’Australia è riuscita non solo a sfuggire alle tenaglie della crisi economica internazionale, unico paese occidentale riuscito nell’impresa, ma anche a continuare nella forte crescita economica che la caratterizza da più di un decennio.
Nel corso degli anni l’Australia è riuscita anche nel compito di preservare e cementare i rapporti politici con i partner storici, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Regno Unito, diventando nel tempo la roccaforte delle Nazioni Unite e degli USA nell’area che le compete geograficamente ed economicamente. Sono infatti molte le azioni australiane di pacificazione del cosiddetto arco di instabilità, una regione frammentata e composta da paesi in via di sviluppo che attraversa la parte settentrionale dell’Oceania. L’appoggio australiano alle politiche estere statunitensi si è inoltre mantenuto durevole anche lontano dalla propria area di influenza, come dimostrato dal costante sostegno alle azioni militari degli Stati Uniti, superiori per numero a quelle del Regno Unito. Il supporto australiano al potente alleato d’oltre oceano, talvolta definito aprioristico e dogmatico, è valso all’Australia il titolo di “sceriffo della regione” per conto degli USA, affibbiato nel 2003 dall’allora presidente americano George W. Bush, in riferimento al governo dell’ex primo ministro australiano John Howard. Le tensioni sull’argomento sono state riaccese a causa delle affermazioni di un ex ufficiale dell’esercito cinese, Song Xiaojun, il quale, durante un’intervista ad un giornale australiano, ha sottolineato come l’Australia sia arrivata al punto di dover scegliere quale sarà il suo “padrino” per i decenni a venire. La difficoltà nel gestire la situazione è cresciuta di pari passo con lo sviluppo economico della Cina recente, troppo importante perché gli USA ignorassero le implicazioni geopolitiche connesse.
L’Australia si trova dunque ad un bivio: da un lato la possibilità di dare una svolta ai rapporti con gli Stati Uniti, con uno sforzo per continuare ad essere l’interlocutore principale di USA e Nazioni Unite nel sud-est asiatico, ma a costo di rinunciare gradualmente al traino della Cina e alla continua crescita economica che sta conoscendo grazie ad esso. Dall’altro lato, invece, la possibilità di completare lo spostamento dell’asse economico in atto già da tempo verso l’Asia, unendo un progetto di avvicinamento politico che potrebbe portare, come già ipotizzato da entrambe le parti, alla costituzione di una grande area di paesi con trattati di libero scambio e rapporti politici privilegiati.
Non sembra esistere una terza alternativa alle due sfere di influenza, anche se il primo ministro australiano, Julia Gillard, è intenzionato a trovarne una. Nel libro bianco pubblicato a fine 2012, chiamato “L’Australia nel secolo asiatico” (Australia in the Asian Century), la Gillard ha rispolverato il concetto di austrocentrismo, ideale che vede, nel contesto geopolitico attuale, l’Australia indubbiamente e imprescindibilmente legata al continente asiatico, sia dal punto di vista economico sia da quello di futuri sviluppi di politiche regionali, ma al contempo saldamente ancorata ai princìpi e alle politiche che la vedono da sempre vicina all’Occidente, all’ONU e agli Stati Uniti. Una politica estera volta ad intrecciare gli interessi politici dei paesi occidentali con quelli economici dei paesi asiatici è, in sostanza, l’unica via per dare una speranza al giovane progetto di austrocentrismo che propone l’Australia, che dovrà far leva sulla convenienza della propria posizione geografica e sulle condizioni vantaggiose dei materiali grezzi che esporta. Non bisogna dimenticare, poi, che altre nazioni dell’area raggiungeranno in pochi anni la massa critica per dettare regole proprie, come la vicina Indonesia. Se l’Australia sarà in grado di imporre l’austrocentrismo ai propri partner e alleati, o se dovrà cedere alle pressioni per aderire ad una sfera di influenza ben delineata, non è ancora facile da comprendere allo stadio attuale. Quello che però è certo, è che l’Australia è vicina al momento in cui dovrà decidere da che parte sta il suo futuro.