Partita seria, partita tosta a Brisbane. Là dove i Reds avevano battuto i Crusaders nella finale di Super Rugby all'inizio di un'estate trascorsa sullo stesso binario: Australia contro Nuova Zelanda. Il risultato è lo stesso perché i Wallabies sono i campioni del Tri-Nations, impresa che non accadeva dal 2001, mentre gli All Blacks mettono in conto la seconda sconfitta di fila dopo quella contro il Sud Africa della scorsa settimana che ha fatto del match nel Queensland il traguardo finale del torneo. E' finita 25-20 (su RR tumblr il tabellino e gli highlights), con un primo tempo controllato e gestito pienamente dai padroni di casa e una ripresa durante la quale i neozelandesi hanno giocato, sono andati a marcare la meta che ha riaperto i giochi, ma si sono lasciati trafiggere nuovamente subito dopo: segno che se da una parte (AB) non c'è stata traccia di killer istinct o componenti affini, dall'altra la squadra di coach Robbie Deans si è scrollata di dosso la paura. Ci sarà da divertirsi alla Coppa del Mondo.L'Australia parte forte, fortissima. Non lascia respirare la Nuova Zelanda che avrà messo anche in conto un inizio simile, ma non ne viene patti. Alla mano o al piede, ovunque gli spazi del campo sono presidiati dagli uomini in giallo/verde che fanno della pressione il grimaldello per forzare la tana nemica. Nell'epoca del total rugby il calcio di spostamento rimane una fase preziosa per far girare la testa a chi in quell'istante non ha messo a fuoco l'obiettivo. Quade Cooper, a proposito di piede, apre le danze al 3' dalla piazzola ed è solo il primo colpo di un quarto d'ora di fuoco che vede i Wallabies assalire chiunque tra gli AB abbia il pallone tra le mani. Dan Carter viene stoppato mentre tenta la liberazione dai propri 22, nel break down si procede veloci e già si nota una certa fatica neozelandese a far circolare il traffico, con tante guardie assorbite.
Ci sono gli avanti e ci sono i trequarti e c'è un Adam Ashley-Cooper schierato ad ala che fa il doppio lavoro, presentandosi da centro aggiunto in sostegno e in difesa. E' solo questione di attimi per vedere l'Australia che non solo sta in attacco, ma stavolta porta a casa pure i punti: al 13', da una rimessa nei 22 avversari, la linea offensiva si fa sempre più vicina all'ultima barriera ed è Will Genia a trovare il varco finale raccogliendo da una raggruppamento sotto i pali e aggirando il pilone Owen Franks che va per prati. Cooper converte, il primo break (10-0) è fatto.
Il problema di quando si è chiamata a difendere - a questo sono obbligati gli All Blacks - è che non si possono sbagliare i placcaggi e nel contrasto sarebbe cosa utile guadagnare centimetri. Intanto gli ospiti tentano di reagire e com'è nella loro tradizione, alla prima vera folata rischiano di portare a casa il massimo dei punti, ma stavolta l'estremo Mils Muliaina viene fermato sul più bello dall'intervento del centro Anthony Faingaa: ironia della sorte, sarà lo stesso Muliaina più tardi con un abilissimo gesto a fregare l'ovale di mano ad Ashley-Cooper che sta per schiacciare l'ovale a terra. In compenso Carter al 23' smuove lo zero nel tabellino.
Ma la forza propulsiva dei Wallabies del primo tempo è nella zavorra di capelli del Numero 8 Radike Samo che va a marcare la seconda meta al 33', scalzando via Adam Thomson che tenta di arrestarlo in mezzo al campo aggrappandosi all'altezza delle spalle. La terza linea tuttanera lascerà poi il campo per guai alla spalla e al gomito sinistro. Si va negli spogliatoi sul 20-3 tra trasformazione e altri tre punti di Cooper al 32' per penalty.
Con la ripresa, la musichetta cambia. Più che tirare il freno a mano, i padroni di casa devono realmente contenere la fase neozelandese che è fatta di roba scarna e semplice: i tank che vanno all'assalto di ruck in ruck, per sgretolare la resistenza che gli si oppone. Solo una volta fissati i paletti, si aziona la fanteria, ma prima è questione di cingolati che si affrontano a quattrocchi nella piana. Intanto arriva al 46' il calcio di Carter per il momentaneo 20-6 (ogni punto è prezioso). Poi la meta al 52' di Conrad Smith che rimane, anche in apnea, uno degli uomini ai quali aggrapparsi. Il centro è innescato da un passaggio elegante di Carter che viene imbragato da due placcatori, ma con il braccio sinistro serve il compagno che lo assiste all'esterno. Ed è lo stesso Smith che sei minuti dopo consegna il vassoio a Ma'a Nonu che gli gira attorno dopo: Smith fa il palo, Nonu è il ladro che si infila in casa. 20-20 con la conversione di Carter. Tutto perfettamente calcolato per l'ultimo quarto di gara e AB che quando decidono di mettersi d'impegno, lo fanno.
Ma c'è l'Australia, di mezzo. Un'Australia che ha imparato le lezioni ed è cresciuta in maturità. Che non si fa tremare le gambe e si appiglia a gente come Rocky Elsom e David Pocock per riprendere il sopravvento nelle battaglie di ruck. Poi è chiaro che ciascuno fa la propria parte, compreso il nuovo capitano James Horwill, che è pure il capitano dei Reds e chi ha orecchie per intendere, intenda.
E poi c'è Genia, che stavolta manda a zonzo Keven Mealamu e Sam Withelock per servire l'ala Digby Ioane che ha un'autostrada davanti a sé, ma giusto per stare sicuri passa a Kurtley Beale che al 60' marca per il nuovo scatto in volata dei suoi. Cooper non converte, si rimane sul 25-20.
Se poi uno volesse guardare alle piccole cose, il fatto che gli avanti neozelandesi non riescano a riprendersi il pallone dopo un drop dai propri 22 di Carter è emblematico: quante volte nelle ultime uscite abbiamo assistito ad una esecuzione meticolosa e precisa del gesto in questione. Così, giusto per rimarcare che dopo i venti minuti di risveglio avversario, ai Wallabies non riesce nemmeno troppo pericoloso difendere i cinque punti di vantaggio.
Tri-Nations e Bledisloe Cup, doppietta di enorme peso per Deans e i suoi: gli unici aggiustamenti rimangono la mischia ordinata e la rimessa laterale, fortuna che poi ha un Pocock che si butta come uno scellerato sui palloni che vagano in seguito alla opaca interazione tra lanciatore e saltatori. Graham Henry aveva il viso preoccupato sabato scorso a Porth Elizabeth, a Brisbane si è incavolato non poco in alcune occasioni a favore di telecamera. Dopo tutto, non nulla di meglio che presentarsi ai Mondiali di casa aggiungendo pressione a pressione, no? Stupisce la debolezza con la quale i neozelandesi hanno affrontato gli australiani indemoniati e determinati che li attendono al varco.
Qualche parola sull'arbitro, l'inglese Wayne Barnes: dura tenere il ritmo di gara australe, ma richiamare alla disciplina appena fuori dai raggruppamenti non costa molto se si è a due passi. Ma d'altronde non scopriamo oggi che le linee del fuorigioco attorno alle ruck sono piuttosto vacue. Poi alla Coppa del Mondo il metro cambierà terribilmente e a rischio sono proprio gli AB. Questo però è un copione già scritto. A proposito: Barnes ai neozelandesi porta proprio male...




