Le leggende metropolitane rappresentano un fenomeno soprattutto occidentale e “pop”. Tuttavia molte di esse derivano, più o meno direttamente, da antiche superstizioni popolari. Spesso queste superstizioni servivano da monito verso tutto ciò che rappresentava il “nuovo”, e quindi l’ignoto, sia in campo tecnologico/scientifico che dal punto di vista sociale.
Quindi esistono leggende metropolitane anche in paesi che per molti anni sono stati l’antitesi dell’Occidente, come per esempio l’Unione Sovietica.
Quindi anche nella Russia comunista (e in altri stati-satellite) esisteva una versione della nota urban legend riguardante la macchina fantasma, che perseguita gli automobilisti che hanno la sventura di incontrarla, magari in strade buie e solitarie.
La nostra storia ha un picco di diffusione tra gli anni ’60 e gli anni ’70.
Molte persone sparivano nel nulla, complice la gestione dittatoriale del potere e il clima di sospetto tipico della Guerra Fredda. In molti casi i colpevoli erano i simpatici funzionari della polizia militare, il KGB, la STASI tedesca e altri corpi simili.
C’era però chi incolpava la temibile Volga Nera di tali sparizioni.
Quest’auto, scura, elegante, dai cerchioni bianchi e con delle tendine a nascondere gli interni, era solitamente riservata ai funzionari governativi o – non a caso – agli ufficiali dei già citati corpi speciali di polizia. Quindi le Volga, costruite nella fabbrica di Gorky, erano il simbolo archetipo del potere esclusivo e oppressivo del Partito e, di conseguenza, dello Stato.
Quando un povero sventurato si trovava davanti una Volga nera, poteva solo sperare di venire ignorato. Viceversa il suo destino era segnato.
La casistica di questa leggenda metropolitana identifica due tipologie ricorrenti di vittime: i bambini e le belle ragazze sole.
Nel primo caso si diceva che i poveri bimbi venissero rapiti per rubare loro il sangue e gli organi, magari per curare qualche rara malattia di un potente esponente del Partito.
Nel secondo caso, come è facile intuire, le poverette, sequestrate dagli occupanti delle Volga, venivano utilizzate come giocattoli sessuali e quindi fatte sparire. Definitivamente.
C’erano poi teorie più “weird” riguardanti la natura dei passeggeri delle Volga. Alcuni sostenevano che si trattasse di membri del Partito trasformatisi in vampiri, oppure dediti alla magia nera. Altri ancora ipotizzavano l’autocoscienza delle auto, divenute quindi maledette, predatrici solitarie delle aree più desolate del blocco sovietico. Una sorta di Christine di kinghiana memoria, ma in versione comunista.
Io, che ho scritto un romanzo sulle auto demoniache, Imperial, propenderei (ma solo per affetto) per tale spiegazione!
In realtà si trattava quasi certamente di un mix di timore generato da un simbolo piuttosto lugubre del potere, che allora come ora era assoluto e quasi onnipotente, e di disinformazione, atta a demonizzare l’odiato Partito Comunista (odiato quantomeno dagli oppositori interni, che ovviamente erano considerati illegali).
La cosa curiosa è che, ancora oggi, esiste una variante moderna della leggenda della Volga Nera. Essa riguarda potenti macchine occidentali, BMW o Mercedes, acquistate dai “nuovi ricchi” dell’ex URSS.
Le versioni maledette di queste auto sono dotate di un forte influsso jettatorio- o almeno così recita la urban legend. Basta incrociarle e scambiare quattro parole coi loro lugubri proprietari per contrarre malattie letali nel giro di pochi giorni…
Fate attenzione, se avete in programma un viaggio in Russia.
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