Comunque sia, mi scuso anticipatamente per gli eventuali errori sul testo, e per l'impaginazione che ne dovesse derivare. Poi, domani, rimedieremo.
Veniamo alle cose serie.
Che le banche stiano subendo perdite vertiginose per via dei crediti inesigibili, è fatto noto. E, anche di questo, in questi pixel si è scritto molto. I crediti che stanno determinando queste perdite, sono quelli concessi con troppa allegria nei periodi di vacche grasse, ma anche quelli concessi ad aziende a quell'epoca virtuose, che nel frattempo si sono trasformate in dei morti viventi, o poco più. E' chiaro anche che tali perdite erodano il patrimonio delle banche, poichè debbono essere coperte. Siccome la massa dei crediti concessi da una determinata banca dipende anche dalla massa del patrimonio della banca che li concede, a questo punto, per rientrare negli standard del rapporto crediti /patrimonio "sostenibile" per una determinata banca, si hanno due strade:O si aumenta il patrimonio attraverso aumenti di capitale, oppure si riducono i prestiti. La prima strada è quasi preclusa. Perché, ammesso che i soci abbiano le risorse per poterlo fare, nessuno sarebbe disposto ad investire in banche che traballano sempre più. Tanto più se non si conosce l'esatto ammontare dei crediti che potrebbero diventare inesigibili, che, gioco forza, continuando la crisi, emergeranno in futuro. Quindi, non resta che la seconda strada, cioè ridurre gli affidamenti. Ed ecco spiegato il motivo per il quale le banche non concedono prestiti. Ma tutto questo potete anche leggerlo in qualsiasi organo di stampa di media onesta intellettuale, sempre che ne esista. Quello che non leggerete mai sulla stampa è che le banche, per poter ridurre il rapporto tra la massa dei crediti e il patrimonio che si comprime sempre più, stanno riducendo gli affidamenti alle aziende fino a questo momento più virtuose, condannando anche queste. Cioè, cerco di essere più chiaro:
Le banche, non potendo ridurre gli affidamenti alle aziende che traballano -perchè significherebbe portarsi a casa ulteriori perdite- , li riducono a quelle aziende che sono risultate (almeno fino a questo momento) più virtuose e che quindi hanno la possibilità di poter rientrare, senza troppi problemi, nei tempi richiesti dalle banche che revocano o riducono gli affidamenti. Questo percorso è estremamente pericoloso e distruttivo, principalmente per due due ragioni: LA PRIMA: In pratica si sottraggono finanziamenti e liquidità ad imprese che, fino a questo momento, in qualche modo, hanno potuto assorbire il colpo della crisi, compromettendo così anche eventuali processi di investimento (macchianti, scorte, ricerca ecc. ecc.) e, nei casi più gravi, forse, anche l'esistenza di queste imprese. E' chiaro che questo, in mancanza di altre fonti di finanziamento, determinerà un effetto a cascata, rischiando di aggravare una situazione già di per se grave, con impatti immaginabili anche su tutti gli agenti economici che si rapportano con queste imprese (altre banche, fornitori, clienti, fisco ecc.), e aggravando il ciclo economico, già pessimo di suo. LA SECONDA: E questa, secondo me, è la più grave. Per coprire le perdite, le banche devono produrre utili. In pratica, le banche, dovendo rientrare negli standard previsti del rapporto crediti/patrimonio, e riducendo le linee di credito ai soggetti più "sani" per poterlo fare, stanno rinunciando anche ad una parte di utili futuri che, in caso di aggravamento della crisi -come peraltro ci si potrebbe attendere in un contesto simile- non potranno essere utilizzati per mitigare l'impatto che avranno le perdite su crediti inesigibili nei bilanci futuri. Arrivati a questo punto, se ci siete ancora, è appena il caso di ricordare che le banche italiane, con le due aste triennali della Bce del dicembre 2011 e febbraio 2012, hanno ottenuto oltre 250 miliardi di euro di finanziamenti che dovranno essere rimborsati tra poco più di un anno. E a quanto pare, la restituzione di questi fondi alla Bce appare assai lenta e, neanche a dirlo, non lascia ben sperare. Ma in questo, stando a quanto paventato dalla stampa nei giorni scorsi, la Bce, con ogni probabilità, farà la sua parte organizzando un'altra asta (LTRO III), tale da consentire sia la restituzioni dei fondi delle due aste precedenti, che l'ulteriore acquisto del debito italiano da parte della banche che ne faranno richiesta: cioè tutte. Ritornando al ragionamento precedente, le banche, rinunciando a quella parte di utili futuri per via della riduzione delle linee di credito ai soggetti più virtuosi, comprimono i ricavi derivanti dalla gestione caratteristica. Ma, allo stesso tempo, la necessità di produrre utili, aumenta per via della crescita esponenziale delle perdite su crediti. Quindi, che si fa? Con i soldi della Bca presi in prestito, si compra debito pubblico italiano che paga interessi che consentono di esporre maggiori utili in bilancio, e quindi si mitigano le perdite derivanti dai crediti inesigibili. E gli interessi che lo stato paga alle banche per mantenerle solvibili (almeno apparentemente), da dove vengono? Dagli italiani, appositamente spremuti di tasse. Questo, tanto per ricordarvi che è sempre il contribuente il prestatore di ultima istanza.