Una volta succedeva il contrario: si cominciava con i film che volevano i produttori (magari dopo un esordio indipendente e folgorante, vedi Scorsese, Lynch, Spielberg, Bogdanovich) e poi si acquisiva quel tanto di autorevolezza per farsi gli affaracci propri. Dagli anni '90 in poi, invece, grazie alla diffusione delle scuole di cinema e alla cinefilia dei registi in erba, si è invertita la tendenza: si è veterani dell'autorialità già dopo due film e poi si finisce beatamente tra le braccie dell'industria, magari perché le cose vanno bene fin da subito e allora perché farsi del male da soli (Nolan e Fincher) o perché si gira della robaccia inguardabile, tipo The Fountain o I Heart Huckabees, e poi tocca ripartire da zero (Aronofsky e Russell).
Quel che conta è che gente come gli ultimi due, e in misura minore anche gli altri, sono ex promesse del cinema americano che fin da subito hanno instaurato rapporti ambigui con la produzione, reintepretando abilmente i concetti di autorialità e artigianato. A prescindere dai loro risultati artistici o commerciali (e lo stesso Nolan, ora giustamente considerato un autore vero, è dovuto passare per la medietà di Insomnia dopo le iperboli di Memento), hanno tutti abbracciato le dinamiche dell'opera su commissione, accettando di girare remake, sequel o più semplicemente opere che si adattano allo spirito dei tempi, visto che pure lo splendido The Social Network è in fondo un film di sceneggiatura come le milleduecento serie tv che passano su ogni canale e la ritrovata vena stilistica del Russell del pur bellissimo The Fighter (con quella macchina leggera, libera e selvaggia nei sobborghi dell'America povera) sembra piuttosto seguire le tendenza stilistiche del cinema indie riformulato a Hollywood piuttosto che un'esigenza personale. La ricompensa, certo, è il successo, lo stile un po' slabbrato che finalmente accettato e la patente d'autore restituita nella bustina di plastica trasparente.
Insomma, per quanto tutti e quattro i film candidati siano interessanti e a loro modo atipici (pure Inception, sì, pure lui, per quanto blockbuster), quello che esprimono è l'efficacia del sistema del compresso nell'industria hollywoodiana, la forza di un sistema che, in crisi da anni, sa comunque trarre il meglio da autori prima coccolati, poi annientati e infine riabilitati.