L’azione compiuta. Il Karma.

Da Bibolotty

Se vuoi capire il tuo presente, guarda alle azioni del passato, se vuoi conoscere il tuo futuro, guarda alle azioni del presente.
Quando iniziai la mia ricerca spirituale mi domandavo come mai, certi errori e certi incontri, mi si riproponevano ciclicamente con le stesse caratteristiche ma in forma sempre più complessa e grave, come una valanga che in corsa diventa più pericolosa o una recidiva di tipo batterico.
Il desiderio di “spezzare” questa consuetudine fu uno dei motivi per cui decisi di provare “in pratica” a sanare i miei debiti karmici.
Il “peccato” cattolico è qualcosa con cui si nasce.
Detto “peccato originale”, è dentro ognuno di noi ed è stato determinato da un altro essere, in sostanza, un marchio che ci porteremo a vita.
La “buddhità” è allo stesso modo qualcosa con cui si nasce, un seme che ogni uomo ha dentro di sé e come per lo spinoziano “homo homini deus”, tutto sta a vederlo, crederci e farlo germogliare.
Il pentimento cattolico, se reale e autentico, ha lo stesso senso che ha per noi il controllo dei pensieri, delle parole, e delle azioni.
Il Buddhismo, almeno in linea generale e vista la vastità numerica delle scuole di pensiero, vuole che il karma - azione compiuta- sia in molti casi, mutevole.
Come in banca, ognuno di noi ha interessi attivi e passivi che, in alcuni casi, quelli meno gravi, possono essere sanati mentre in altri no, così per il Karma.
Queste azioni compiute in sostanza, possono essere paragonate a un nastro magnetico, alla bobina di un film che, di norma scorre senza intoppi, ma talvolta, può spezzarsi o essere rimasta annodata da qualcuno che l’ha visionata prima di noi.
Il nostro karma, come il DNA è unico e personale, ed è l’accumulo delle azioni dell’infinito passato (vite precedenti) sommate a quella che viviamo attualmente.
Gli attivi, cioè il karma positivo, sono determinati dalle azioni positive e i passivi da quelle negative: si vince, ossia si raggiunge il Nirvana, quando tutte le passività saranno sanate.
Il karma negativo si accumula a causa delle illusioni e delle quattordici offese, di cui parlerò estesamente nel prossimo post.
Le illusioni, che sono decisive per la felicità nella presente e nelle future esistenze, non sono, come nel caso del Cristianesimo, tentazioni messe a bella posta sul nostro cammino dal Diavolo tentatore che vuole mettere alla prova la nostra buona fede. Le illusioni che causano sofferenze sono tendenze negative che coltiviamo quotidianamente nei mondi inferiori, quello di avidità, di rabbia e stupidità.
Le illusioni sono i limiti naturali che si vogliono a tutti i costi superare, nonostante non sia possibile farlo, i desideri terreni più esecrabili, quelli che ci impediscono di vedere oltre, di andare all’essenza delle cose e di arrivare ad ascoltare la nostra voce interiore.
Le illusioni sono ciò che facciamo per ottenere la gratificazione degli altri, una persona che intraprende una carriera o un matrimonio solo per accontentare i genitori sarà perennemente infelice, così come un’attrice senza talento o un prete senza vocazione.
Al contrario del Cristianesimo, la responsabilità delle azioni terrene è solo nelle nostre mani: niente scuse baby, se sei a questo punto la responsabilità è soltanto tua!
Questo è uno dei motivi per cui, il Buddhismo, che ebbe in era pre Cristiana una diffusione quasi mondiale, fu subito tolto di mezzo: dare la totale responsabilità all’uomo eliminando lo spauracchio di Dei onnipresenti, onniscienti e tuonanti, avrebbe causato una rivoluzione oltre che religiosa anche politica e sociale di portata globale.
Il Nirvana, luogo che accoglie chiunque abbia finalmente spezzato le catene del Karma, è rappresentato, nell’iconografia e nella letteratura indiana, come un giardino pieno zeppo delle più incredibili meraviglie -strade tempestate di rubini, fiori di loto, musiche, fanciulle danzanti e canti-. Contrariamente al nostro Paradiso, il Nirvana è però ancora una volta traguardo e ripartenza, il luogo in cui, l’adepto libero dalle catene del Karma, sceglierà se cessare il ciclo delle nascite e morti e sollazzarsi al sole, o ritornare nell’inferno della terra, in veste di Bodhisattva, per aiutare gli altri umani a superare le quattro sofferenze (nascita, malattia vecchiaia e morte).
Lo stato di Bodhisattva appartiene al nono mondo e precede quello di Buddhità, dove si ottiene il distacco anche dalla compassione o, più probabilmente, dalla soddisfazione e dal senso di pienezza che si ricava nel fare del bene.
Naturalmente questa è la parte più mistica della faccenda, quella che si comprende quando si è usciti dai mondi inferiori, quando si attraversano le porte della consapevolezza attraverso gli insegnamenti (Dharma), quando si tocca il fondo più melmoso della vita e si risale, e quando, aprire gli occhi al mattino, e in qualunque condizione, significa ringraziare e vivere.
Ma non si deve pensare che i cambiamenti “di stato” siano visibili, che l’elevazione a un mondo superiore sia accompagnata da effetti speciali. I “benefici” in questa scuola di pensiero sono invisibili e se anche si riflettono sulla nostra vita terrena, vanno mantenuti e coltivati.
Nel Buddhismo, al contrario del Cristianesimo, non esiste buono o cattivo, non esiste alto o basso, come non c’è nascita e non c’è morte perché tutto fa parte del ciclo naturale delle cose, la faccia di una stessa medaglia, il bruco che diventa farfalla, il tè che dalla tazza finisce sul pavimento, cambia forma, ma rimane sempre tè.
La filosofia Buddhista è contemplativa e razionale non dogmatica e mistica e per comprenderla bisogna innanzitutto praticarla.
Nel prossimo post comincerò a parlare nel dettaglio delle diverse forme di Karma e delle quattordici offese.


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