di Michela L.
Ho sempre sentito dire che Alessandro Baricco o si ama o si odia, io invece mi posiziono su una via di mezzo: alcune sue opere mi sono piaciute maggiormente, altre mi hanno lasciato quasi indifferente.
Mr. Gwyn mi è stato regalato per il compleanno, l’ho letto quasi subito e devo ammettere che, anche se non sono mai stata un’ammiratrice sfegatata di Baricco, in quest’ultimo libro ho ritrovato un po’ di quella magia poetica che tanto mi era piaciuta in Seta.
Quest’opera racconta la storia di uno scrittore che all’apice della sua carriera decide di non scrivere più un libro e si intestardisce a voler fare dei ritratti alla gente, ma visto che non è un pittore li fa nell’unico modo in cui è capace… con le parole! Per farlo al meglio, affitta un garage e si fa aiutare da un’assistente, Rebecca, che è anche la prima persona che “ritrae”. Spesso ci viene chiesto di identificare noi stessi in un oggetto, un animale o in un’altra persona, ma per Jasper Gwyn l’essere umano è molto più complesso e variegato di quel che può apparire venendo rappresentato da un solo elemento identificativo, e proprio in questo sta la genialità e il successo dei suoi ritratti scritti.
La parte centrale del libro è quella che maggiormente mi ha coinvolto e avvolto in un’aura magica di sogno e poesia, accompagnandomi verso un finale che in qualche modo, a mio avviso, interrompe l’incanto e che però, una volta chiuso il libro, mi fa arrivare alla stessa conclusione alla quale arriva anche la co-protagonista Rebecca: noi non siamo protagonisti, ma storie!
“Jasper Gwyn mi ha insegnato che non siamo personaggi, siamo storie, disse Rebecca. Ci fermiamo all’idea di essere un personaggio impegnato in chissà quale avventura, anche semplicissima, ma quel che dovremmo capire è che noi siamo tutta la storia, non solo quel personaggio” Rebecca
Mr Gwyn, di Alessandro Baricco
(ed. Feltrinelli, 2011, pp. 158, ISBN 9788807018626)