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L’educazione come base per il futuro della nazione

Creato il 28 agosto 2012 da Cultura Salentina

L’educazione come base per il futuro della nazione

Nell’attuale scenario politico-economico italiano si assiste costantemente a severi attacchi diretti al “sistema” che amministra il nostro Paese. Nessuno, però, ha la capacità di comprendere che per trasformare un’epoca, per far progredire la civiltà e per moralizzare una nazione non basta solo gridare contro un governo, così come usano fare alcuni mass-media di oggi, ma è necessario che a ciò si accosti anche un’azione educatrice collettiva utile allo sviluppo di una sana coscienza nazionale. L’azione critica senza un’azione di moralizzazione, difatti, rimane fine a se stessa perché essa non è capace di proporre alternative agli ordini sociali e civili che si vogliono riformare e pertanto si continuerà a criticare qualsiasi governo senza rendersi conto che quella stessa amministrazione è stata da noi voluta e votata e dunque i primi colpevoli del malgoverno siamo proprio noi stessi.

La storia dimostra che in ogni tempo e in ogni paese i governi nazionali sono sempre la risultante delle quantità di forze morali e intellettuali di quel popolo che è chiamato a eleggere i propri rappresentanti i quali, ovviamente, sono parte di quella stessa società che si vuol amministrare. È terribile ammetterlo ma l’aforisma del politico savoiardo Joseph Marie De Maistre (1753-1821) appare oggi, come non mai, vero:

ogni nazione ha il governo che si merita

È questo il punto, a parer mio, sul quale riflettere per avviare un processo di moralizzazione e di sviluppo del sistema italiano in modo che sia possibile comprendere se le conseguenze di un’azione governativa non gradita sia, o meno, una nostra responsabilità e ciò in conseguenza che essa è stata compiuta col nostro concorso non avendo avuto le capacità, e quindi anche l’amore per il bene comune, di poterne impedire la sua attuazione. Cercare attentamente di capire se le colpe che rimproveriamo agli uomini del governo non siano frutto della nostra volontà, influenzata da idee e principi falsi, impone una seria riflessione su noi stessi circa il nostro grado di onestà e di moralità. Senza questa cognizione difficilmente si potrà giungere a un giudizio obiettivo e onesto nei confronti di chi amministra e tantomeno saremo in grado di comprendere l’importanza dei nostri doveri sociali ai quali seguono innegabili diritti.

Solo partendo dall’educazione di noi stessi potremo dare un esempio alle generazioni future e ciò sarà la risposta a quei moderni democratici che tuttora, malgrado le apparenze e la retorica, non hanno un progetto ben preciso sul futuro della nostra nazione. Salvatore Morelli (1824-1880), lungimirante politico italiano nato a Carovigno (Br) e intimo amico del politico magliese Achille Tamborino che lo ospitò nel 1860 a Maglie nei giorni del suo soggiorno obbligato, già allora scriveva che

la democrazia [italiana] non ha ancora in questo senso la nuova formula, il programma definitivo che deve riunire e dirigere le schiere al compimento del comune destino. Essa ha dei lavori inconsistenti ed estrinseci che se sono buoni a smontare e a montare governi e a sfruttarli in parziali movimenti di pochissimo rilievo, non sono atti a creare una situazione durevole nella solidarietà della vita, nella trasformazione pacifica degli elementi e nello sviluppo progressivo delle umane facoltà.

L’incapacità che dimostra la politica italiana nei confronti degli immensi bisogni della nazione, come il lavoro e l’equità sociale, è proprio il sintomo di un’azione politica che non ha il sostegno della riflessione intellettuale e perciò essa si trasforma, nella realtà dei fatti, nell’esercizio di una democrazia autoritaria che poco risponde al nostro sentire comune. La generazione futura alla quale affideremo la direzione del Paese, così come si osserva nei “movimenti” politici di protesta, è pronta a competere per il miglioramento della nostra società ma, purtroppo, essa non si appoggia su correnti politico-culturali nuove e innovatrici, fondate su progetti concreti di progresso sociale, bensì su compagini politiche che inneggiano al cambiamento e, invece, nella realtà dei fatti sono solo trasformazioni di forma. È da ciò che scaturisce la delusione e la disaffezione giovanile nei confronti dall’azione politica perché essa, rimanendo ancorata all’inveterato binomio “casta-interessi”, non può soddisfare quei bisogni impellenti che le vecchie e le nuove generazioni continuano a reclamare a gran voce. Non trovando lo spazio per proporre nuovi progetti, moltissimi giovani restano fuori dal dibattito politico e così le loro idee innovatrici rimangono indeterminate e confuse sinché una certa irrequietezza s’impossessa di loro provocando gravi disordini nella vita nazionale.

Sin quando le norme più elementari del vivere sociale e politico saranno ignorate da tutti, il profanus vulgus continuerà a entrare nel dominio del sistema italiano aumentandone, di conseguenza, la confusione, la corruzione e l’illecito. La soluzione, quindi, è quella di prendere coscienza che il miglioramento della nostra Nazione può avvenire solo con le nostre azioni e che le nostre azioni debbono essere la conseguenza di una maggiore sensibilità ai doveri sociali e strutturata sui principi dell’onestà e della moralità.

Questo, secondo me, è il progetto che porrà le basi per il futuro delle nuove generazioni.    

 


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