Magazine Cucina
Chi non lo mangia perché non gli piace il gusto o piuttosto l'idea di mangiare del fegato; chi sostiene che essendo il fegato pieno di sostanze di scarto non lo può o vuole mangiare per motivi di salute; chi non ne sopporta la consistenza sotto i denti; chi non le mangia tout court...E potrei continuare con tutte le mille altre ragioni pretestuosamente reali o realmente pretestuose addotte da vari amici per non mangiare le frattaglie; tutte persone civili, scolarizzate, di buona famiglia.
"Mal élevé" avrebbero, però, detto le prozie, scuotendo la testa.
Perché l'educazione, anche alimentare, si insegna a tavola, quando la famiglia è riunita.Le basi della civile comunicazione: per cortesia, grazie, prego.Il rispetto delle esigenze degli altri col non scegliere sempre il pezzo migliore per far sì che anche quelli che si servono dopo possano godere dell'opportunità di avere il meglio.Il rispetto del lavoro altrui con i complimenti alla cuoca, che ha dedicato tempo e fatica per poterci offrire una piacevole esperienza.E, infine, il rispetto delle differenti identità culturali e l'apertura alla conoscenza con l'apprezzamento delle sue scelte culinarie; che, a meno di problemi reali di intolleranza o salute, non andrebbero eccessivamente influenzate.
"Io mangio di tutto" sono le parole, sempre più rare, che ogni cuoca amerebbe sentirsi dire; indice non solo di un'educazione alimentare impartita dai genitori, ma anche di intelligenza e curiosità. Perché un piatto, anche se non l'ho mai mangiato devo almeno provarlo, prima di dire che non mi piace; e se dopo scopro che, negli ingredienti, c'è qualcosa che non ho mai pensato di poter mangiare e apprezzare, magari ho fatto una scoperta che può cambiare la mia opinione su un determinato alimento.
Perché spesso di questo si tratta; opinioni preconcette, inculcate dalla famiglia stessa quando non determinate dalla comunicazione persuasiva - leggi pubblicità - che ci induce a credere cose contrarie al più elementare buon senso. Chi l'ha detto, infatti, che sia la scelta migliore quella di mangiare un dolce di produzione industriale ricco di zuccheri e grassi saturi, piuttosto che una fetta di pane con un pezzo di cioccolato o anche di (orrore, orrore!) pane burro e zucchero?
O delle polpette preconfezionate in una grande catena di fast food piuttosto che un piatto di trippa o di rognoni trifolati?
Eppure questi - e altri - sono gli alimenti che i nemici delle frattaglie, mangiano, se non a cuor leggero, almeno senza troppo recalcitrare.
L'educazione ricevuta in famiglia è, come sempre, il nocciolo di ogni idea e conoscenza futura; perché certi sapori e consistenze vanno insegnati ad apprezzare da piccoli; è più facile che ai bambini piaccia subito e di più il dolce di una merendina piuttosto che il sapore dolciastro e salato della frattaglia. Va insegnato, come tutto; e insegnare non solo è faticoso, ma è anche una questione di tempistica: "Mangia il fegato finché è caldo, perché dopo è peggio", raccomandava ad un'amica la sua tata, quando era piccola.
Perché il fegato va mangiato, perché fa bene, e a suo tempo. Ma cos'altro non è, questo imperativo, se non una metafora sulla necessità di compiere il dovere per primo? Il piacere, che non è necessità, può attendere; se siamo stati bravi avremo in premio la nostra merendina; o, magari, qualcosa di più buono; un frutto, ad esempio.
In questa che non è solo un'educazione al buon senso ma una vera e propria battaglia culturale per preservare i sapori e le preparazioni che sono alla base non solo dell'alimentazione ma del modo di essere dei popoli, un modo per insegnare alle nuove generazioni ad apprezzare le frattaglie può essere proprio iniziare con un piatto di risotto ai fegatini.
L'importante, come al solito, è la tempistica e l'opportunità, come direbbe Machiavelli; a dire che nel piatto c'è del fegato, c'è sempre tempo. Dopo.
Perché signori non si nasce
(ma, perseverando, forse si può diventare)dosi per due
50 gr fegatini e cuori di pollo
3 pugni di riso
1/4 di cipolla tritata
1 spicchio d'aglio
1 foglia di salvia
1 cucchiaio da tè di dado vegetale
1 cucchiaio d'olio
vino bianco qb (facoltativo)
formaggio parmigiano qb
In un cucchiaio d'olio fare appassire la cipolla tritata, la salvia e i fegatini tagliati in piccoli pezzi, aggiungendo di seguito l'aglio, il dado vegetale e sfumando con il vino. Aggiungere acqua - o brodo - quanto basta a coprire bene il riso del doppio del suo volume, continuando la cottura fino a che il riso non sia cotto avendo assorbito tutto il liquido. Mantecare con il formaggio fuori dalla fiamma, e servire caldo.
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