Nel bel libro di David Bellos Is That a Fish in Your Ear di cui vi ho parlato tempo fa (QUI, per esempio, e poi QUI e anche QUI), e che purtroppo a nessun editore è venuto in mente di pubblicare in italiano, si parla del cosiddetto "Bergman effect". I limiti formali della traduzione dei film - nel caso in cui vengano usati i sottotitoli, cioè in buona parte del resto del mondo fuori dell'Italia - hanno talvolta importanti effetti retroattivi sull'opera originale. I registi che dipendono dal mercato estero sanno bene che la lingua parlata non può venire completamente ed efficacemente trasposta nei sottotitoli. E qualcuno, piuttosto che accettare questo limite, prende decisioni drastiche.E così, scrive Bellos, "Ingmar Bergman girò due tipi di film molto diversi: allegre commedie con tanti dialoghi per il mercato svedese, e drammi cupi e poco loquaci per il resto del mondo. La diffusa immagine degli svedesi come persone depresse e poco comunicative è in una certa misura un sottoprodotto di una scelta bergmaniana: quella di tenere in considerazione i limiti dei sottotitoli nella composizione dei suoi film più ambiziosi. Si chiama 'effetto Bergman' e si può osservare anche nei primi film di István Szabó e Roman Polanski."Magazine Cultura
Nel bel libro di David Bellos Is That a Fish in Your Ear di cui vi ho parlato tempo fa (QUI, per esempio, e poi QUI e anche QUI), e che purtroppo a nessun editore è venuto in mente di pubblicare in italiano, si parla del cosiddetto "Bergman effect". I limiti formali della traduzione dei film - nel caso in cui vengano usati i sottotitoli, cioè in buona parte del resto del mondo fuori dell'Italia - hanno talvolta importanti effetti retroattivi sull'opera originale. I registi che dipendono dal mercato estero sanno bene che la lingua parlata non può venire completamente ed efficacemente trasposta nei sottotitoli. E qualcuno, piuttosto che accettare questo limite, prende decisioni drastiche.E così, scrive Bellos, "Ingmar Bergman girò due tipi di film molto diversi: allegre commedie con tanti dialoghi per il mercato svedese, e drammi cupi e poco loquaci per il resto del mondo. La diffusa immagine degli svedesi come persone depresse e poco comunicative è in una certa misura un sottoprodotto di una scelta bergmaniana: quella di tenere in considerazione i limiti dei sottotitoli nella composizione dei suoi film più ambiziosi. Si chiama 'effetto Bergman' e si può osservare anche nei primi film di István Szabó e Roman Polanski."Possono interessarti anche questi articoli :
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